Omelia (30-08-2007) |
mons. Vincenzo Paglia |
Ogni discepolo riceve dal suo maestro una chiamata e una missione da compiere. E non è data per servire se stessi o per la propria promozione o realizzazione, ma per la crescita della comunità. Per questo Gesù parla di un compito di chi sorveglia i domestici per provvedere al loro mantenimento. Vigilare pertanto vuol dire non solo evitare che nel tempo si finisca per vivere quella responsabilità in modo distratto e stanco o, peggio ancora, per farla da padroni. Ciascuno è a suo modo responsabile degli altri fratelli e sorelle della casa. La vigilanza evangelica perciò non è semplicemente un'attesa vuota e neppure un'operosità rivolta solo a curare se stessi. La vigilanza di cui parla Gesù è la fedeltà attenta e operosa alla vocazione che il Signore ci ha affidato. Ed è questa la vera felicità del discepolo, la sua vera realizzazione, come dice appunto Gesù: "Beato quel servo che il padrone al suo ritorno troverà ad agire così!". Purtroppo facilmente prevale in noi l'egocentrismo che porta ad affannarci per noi stessi e le nostre cose, distraendoci dalla vocazione che il Signore ci ha affidato. Ma in tal modo nascono liti e incomprensioni, sopraffazioni e invidie. E ci autocondanniamo alla tristezza e all'insoddisfazione di cui parla il Vangelo. |