Omelia (01-04-2007)
don Romeo Maggioni
Padre non sia fatta la mia, ma la tua volontà - rito romano

Si apre la Settimana santa con questa domenica della passione del Signore. Dove sta il nocciolo di tutta questa tragedia che riviviamo nel mistero questa settimana? Dove è il punto che definisce il sacrificio redentore di Cristo?
Oggi san Paolo ha una definizione precisa di Gesù: "L'obbediente fino alla morte". E il brano di Isaia prefigura il Messia nel Servo sofferente e lo presenta come l'uomo docile e paziente che accoglie il difficile disegno di Dio. Appunto come ha detto Gesù: "Non la mia ma la tua volontà sia fatta".
Per questa passione sostiamo al Getsemani. Qui la sua libera decisione è radice del suo martirio sulla croce. Qui il dramma dell'obbedienza è vissuto sulla pelle di un uomo che sente tutta la fatica di un abbandono quasi assurdo al Padre. Mai come qui Gesù è vicino alle prove di ogni uomo.

1) LA PROVA

"Cominciò a sentire paura e angoscia. E disse: La mia anima è triste fino alla morte". Gesù sembra scombussolato, impietrito. Il medico Luca dirà che "il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano in terra" (Lc 22,44). Se fosse un uomo qualunque, questo può sembrarci normale; ma è il Figlio di Dio! Dio ha paura come noi: questa è la novità, questo è lo scandalo: un Dio che prova quello che proviamo noi! Qui sta la condivisione.
Ha paura di fronte alla morte. "Ora l'anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora! Padre, glorifica il tuo nome" (Gv 12,27). Ha paura del passo difficile che deve fare; ma lo sente decisivo per la sua missione: è lì, con la morte in croce, che svelerà "la gloria del Padre", sarà lì lo spettacolo di un Dio che muore per noi.
E' il momento della sua battaglia. Luca proprio così la chiama: agonia, termine che risuona in "agone sportivo". E' la prova del giusto di fronte al silenzio di Dio. Una volta Gesù ebbe già a subire delle prove, le tentazioni nel deserto. Là aveva da scegliere tra satana e Dio, e non ebbe dubbi sulla scelta. Là Gesù era sicuro. Qui è spaventato perché la prova è all'interno della scelta di Dio. Qui ha già scelto Dio, ma Dio non interviene, non parla, è sparito! E' la prova tipica del credente, è il turbamento teologico del giusto biblico che in esilio si sente schernito proprio sulla validità e credibilità del suo Dio. E, incredulo, va pensando: Come è possibile? Come mai Dio non difende i suoi? E fino all'ultimo grida e spera: "Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice!".

2) LA PREGHIERA

Qui è il punto decisivo: pur di fronte all'assurdo, all'assurdo di un Dio che non difende i suoi, Gesù non si ribella, intuisce che qualcosa di grande lo investe, ne sente il peso e la fragilità, e PREGA, invoca l'aiuto di Dio. Quanto è bella una preghiera d'aiuto, e in bocca a Gesù! Probabilmente solo in cielo potremo fare la preghiera di lode e ringraziamento; di qui siamo dei poveretti bisognosi di tutto.
Ciò che sta alle spalle è la convinzione incrollabile che Dio non può volere il nostro male né ci può abbandonare. Diceva santa Teresa di Lisieux: Non posso credere che il sole non brilli anche al di là della coltre di nubi che me lo cela. Gesù dice: "Io non sono mai solo, perché il Padre è con me" (Gv 16,32). Dice Luca: "In preda all'angoscia, pregava più intensamente" (Lc 22,44). In Matteo Gesù diventa più intimo: "Padre mio..." (Mt 26,39). E Dio non manca di sostenerlo: "Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo" (Lc 22,43). Gesù è convinto che la forza gli viene dal Padre, non presume di sé. Dirà san Paolo di ogni cristiano: "Noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi" (2Cor 4,7).

E' la preghiera propria dei Salmi: c'è l'angoscia ma sempre aperta e fiduciosa di Dio. Per questo Gesù, proprio sulla scorta della sua esperienza personale, dirà: "Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole" (Mt 26,41).
Proprio con la forza della preghiera avrà il coraggio di dire e decidere: "Tuttavia non sia fatta la mia ma la tua volontà". E' un'OBBEDIENZA dura e difficile che nasce dall'amore, dalla resa all'amore, dall'abbandonarsi a Dio con una fiducia estrema. E' proprio questo il passo che noi dobbiamo compiere: poiché col peccato diciamo di no a Dio, il riscatto richiesto da Dio è un atto di amore pieno e totale, rischioso e fiducioso, appunto una OBBEDIENZA, non fatta di parole ma di cose che costano. Il Figlio di Dio per primo ha voluto vivere fino in fondo questa condizione, dire lui per primo questo sì difficile, per potercene dare l'esempio e la forza. Tutto questo è riassunto in questo testo eccezionale della Lettera agli Ebrei: "Gesù nei giorni della sua vita terrena offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà; pur essendo Figlio, imparò tuttavia l'obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna per coloro che gli obbediscono, essendo stato proclamato da Dio sommo sacerdote" (Eb 5,7-10).

"Con forti grida e lacrime ..", sono parole che esprimono tutta l'umanità di Gesù, e la sua fatica di essere uomo. Non è un eroe che muore cantando; come noi sente tutto il peso della nostra natura. Dirà ancora la Lettera agli Ebrei: "Noi non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ricevere misericordia e trovare grazia ed essere aiutati al momento opportuno" (Eb 4,15-16).
In questi momenti drammatici, gli apostoli dormono: "Così non siete stati capaci di vegliare un'ora sola con me?" (Mt 26,40). Può capitare che non si capisca e non si creda alla rivelazione di un Dio così umano e vicino a noi; e non si colga la drammaticità della "obbedienza" che anche noi dobbiamo a Dio per la nostra salvezza.
Celebrare la Pasqua significa essenzialmente ricordare, ma soprattutto rendere presente quell'atto di obbedienza compiuto da Gesù al Getsemani perché anche noi ne abbiamo lucida consapevolezza e forza nei nostri momenti difficili di prova.