Omelia (07-01-2007)
don Ricciotti Saurino
Lo specchio smarrito.

Credevamo di aver vissuto la realtà più sorprendente della rivelazione di Dio nell'annunzio dell'angelo a Maria... Pensavamo che la narrazione della natività, con la mobilitazione celeste e terrestre, avesse raggiunto l'apice della coreografia e della manifestazione divina...
Credevamo...ma le sorprese di Dio, già sufficienti nella storia antica, diventano ancora più abbondanti, ora, nella pienezza dei tempi!
E' il Giordano lo scenario spettacolare di una rivelazione di eccezionale chiarezza, dove non sono più angeli e pastori ad essere coinvolti, ma è la stessa Trinità a giocare a carte scoperte.
E quando Dio interviene direttamente, la semplicità e l'essenzialità sono d'obbligo.
Nella naturalezza di un gesto di purificazione, operato da Giovanni, davanti ad un popolo penitente, avviene la prova tangibile della secolare invocata rappacificazione della terra con il cielo.
E' lì che Gesù, grondante ancora dell'acqua che spazza via le scorie dell'intera umanità e permette a Dio di specchiarsi nella creatura, è lì che sente il bisogno di fermarsi in preghiera per riprendere la conversazione familiare interrotta da Adamo.
La preghiera realizza il nuovo rapporto tra Figlio e Padre, fa crescere l'affabilità con Lui fino alla piena intimità. Se essa manca, l'Illuminazione ricevuta nel Battesimo si affievolisce e, lentamente, si spegne come il calore tra due amici diventati silenziosi.
Ora l'uomo riscopre in sé la smarrita immagine divina, e non ha più bisogno di nascondersi vergognandosi d'averla perduta... Egli sta serenamente davanti a Dio, alla Sua presenza... perché non vede più in Lui il severo sorvegliante, ma il Padre affettuoso.
Anche il cielo, oscurato dalla umana presunzione, non è più nebuloso... è infranta la coltre che nascondeva il volto vero di Dio...
Dio e l'uomo, in Gesù, tornano a specchiarsi amorevolmente negli occhi.
Quel cielo, che nel passato si era forzatamente aperto per distruggere il male col diluvio e Sodoma col fuoco, ma che non aveva fatto mancare la Legge ed il sostentamento al popolo nel deserto, ora si squarcia benevolmente sull'obbedienza del Figlio.
L'invocazione di Isaia " se tu squarciassi i cieli" trova accondiscendenza, perché Dio gusta nuovamente la sua delizia nello stare coi figli degli uomini. L'indugio per un cuore che da tempo attende questo momento non è consentito, e il Suo amore esplode e si manifesta...
Un amore perenne, continuo, assiduo, come insistente è il tubare amoroso della colomba.
Le sue ali argentate volteggiano di nuovo festose nel cielo, come al tempo di Noè, annunciatrici di rinnovato fecondo amore. Quell'amore gioioso, che aveva dato origine all'universo, ora plana per riproporre segni di rinnovata creazione.
Dio non ha mai smesso di aleggiare soavemente sull'umanità, lo ha fatto sempre invisibilmente, anche se ha lasciato che l'uomo ne avvertisse la presenza come la leggera brezza del fremito d'ali e ne riscontrasse gli effetti nel suo cuore.
Ora lo Spirito impalpabile scende su Gesù in forma corporea, perché in Lui abita corporalmente la pienezza della divinità e in Lui la divinità si rende presente.
E' Gesù il volto del Dio invisibile... è sfiorando Lui che tocchiamo l'Impalpabile... ed è guardando la Sua vita che contempliamo la profondità dell'amore di Dio.
I segni sono già evidenti, ma una voce conferma e fuga ogni possibile dubbio... Gesù è l'amato Figlio unico di Dio, come Isacco lo era per Abramo, e, come questi, Egli è votato al sacrificio dell'obbedienza e diviene principio del nuovo popolo.
Un nuovo popolo che, incorporato in Cristo, diventa tempio di Dio, dimora dello Spirito e specchio nel quale si riflette il divino.
Pesante responsabilità grava sul capo dei cristiani se, grondanti acqua battesimale, usciti dal Giordano, non offrono più appoggio all'eterno volteggiare dello Spirito.