Omelia (27-11-2022)
padre Gian Franco Scarpitta
Tempo di speranza e di conversione

Comincia con queste letture un nuovo itinerario di riflessione sul mistero di Gesù Cristo, Dio fatto uomo da Maria, morto, risorto e asceso al cielo, annunciatore della Buona Novella del Regno di Dio per mezzo di miracoli, prodigi e insegnamenti. Un percorso che ci impegnerà per un intero anno, attraverso liturgie e celebrazioni per mezzo delle quali ci verrà ripresentato il medesimo annuncio di amore, di fede, speranza e carità. Tale itinerario, chiamato Anno Liturgico inizia precipuamente oggi, con la prima Domenica di Avvento, con la quale ci prepariamo alla venuta del Signore nella carne, cioè al Natale. Avvento vuol dire infatti "arrivo", "ciò che sta venendo e comporta di conseguenza l'attesa attiva di una novità che ci interesserà perché Dio, con la sua venuta nel mondo, vuole apportare un cambiamento nella nostra vita; vuole qualificare al meglio il nostro presente per predisporci a un futuro migliore, memori di quanto di esaltante ci ha dato il passato.
L'Avvento è infatti una venuta di qualcosa che però già esiste in noi e che ancora deve prendere forma in maniera totalizzante.
Spieghiamoci meglio. La preparazione al Natale, Avvento liturgico segnato dalle quattro settimane sul calendario, va vissuto intensamente e con infiammato entusiasmo non soltanto perché ci predispone alla gioia dell'incontro con Cristo Bambino il 25 Dicembre, ma perché è un periodo speculare dell'arrivo continuo di Dio nella nostra vita. L'arrivo del giorno della celebrazione ci sollecita in queste settimane a vivere ancora più intensamente l'avvento continuo di Gesù in tutta la nostra vita quale presenza, memora e attesa. Gesù Cristo verrà infatti alla fine dei tempi, quando ci attende una resurrezione finale per il momento del giudizio (Gv 5, 25 - 27); è già venuto nella storia con i relativi eventi di incarnazione, passione, morte e resurrezione; viene tuttora ogni giorno in quanto, secondo la sua promessa, è presente in mezzo a noi fino alla fine del mondo. Gesù viene, cioè arriva in ogni circostanza della nostra vita, nelle occasioni inaspettate e grandiose, ma anche nei comuni eventi della storia che ci riguarda. Egli è "colui che era, che è e che viene"(Ap 1, 7). L'avvento è un arrivo che ha avuto il suo inizio in un determinato periodo, quello dell'imperatore Augusto; un arrivo che perdura nel presente e che avrà la sua perfezione definitiva nell'eone finale.
Quali atteggiamenti assumere durante questo periodo così caratterizzante della venuta di Dio in mezzo a noi? Certamente quello della gioia, quale Paolo la sottolinea come condizione fondamentale di ogni preparazione all'incontro con Dio (Fil 4, 4 - 7), perché ciò che viene comporta una attesa gioiosa e motivata da consapevolezza di quello che piacerà ottenere. Viene Dio in mezzo a noi, diventa egli stesso uomo fra gli uomini per vivere la nostra esperienza e renderci simili a lui, questo è motivo di gioia e di fiducia, perché Dio è dalla parte dell'uomo e non interviene nei nostri confronti come meriteremmo.
L'avvento di Dio comporta per ciò stesso la speranza, cioè il protrarci avanti e il dispiegarci verso l'avvenire pur non allontanandoci dal presente. Dio stesso è la speranza dell'uomo e il suo avvento accresce e ravviva questa prospettiva che procede dalla fede.
L'arrivo attuale del Signore ci chiama però tutti a guardare oltre le apparenze, a valicare i nostri limiti e a cercare Dio nella realtà che ci circonda con occhi di fede. Dice Giovanni: "Dio nessuno l'ha mai visto, il Figlio unigenito che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato"(Gv 1, 18). Solo Gesù Cristo è il luogo certo in cui incontrare Dio e soddisfare il nostro anelito di verità, ma a condizione che si rinunci all'orgoglio e alla presunzione di essere bastevoli a noi stessi nella ricerca di questa verità. In altre parole, occorre aprirsi al Mistero che ci viene dato in dono, superare noi stessi e il nostro ego per trovare Dio oltre le apparenze dell'immediato.
Scrive Ratzinger: "In effetti, non si può vedere Dio come si vede un melo o una pubblicità luminosa, in maniera esteriore, senza attività interna. Lo possiamo vedere solo divenendo noi stessi simili a Dio... l'uomo deve liberarsi di se stesso, liberandosi degli dei opposti, la caccia alla concupiscienza, al piacere, al possesso, al guadagno. Fra noi e Dio vi è in definitiva il nostro io. Si può vedere Dio solo cambiando vita, smettendo di cercarlo come si possono cercare dei cartelli stradali o delle banconote, cominciando a distogliere l'occhio dal visibile per rivolgerlo all'invisibile."
Per ciò stesso, l'avvento è il tempo della conversione, del cambiamento di vedute e di mentalità indispensabile perché possiamo accogliere Colui che è, che era e che viene nella nostra storia e nella vita personale di ciascuno. Cambiare mentalità è indispensabile per cambiare costume; cambiare costume è fondamentale per cambiare in meglio la nostra vita e proprio questo ci renderà possibile di esperire Dio all'interno della nostra stessa realtà, come realtà invisibile ai sensi ma tattile alla fede.
Le Letture di questa Domenica ci descrivono un "monte glorioso" in una Gerusalemme celeste che ci attende come obiettivo finale; il brano evangelico però delinea in un linguaggio apocalittico la necessità di vigilanza e di attesa fervorosa e costruttiva, che coincide appunto con la trasformazione interiore, il ravvedimento, la presa di coscienza, insomma con la necessità di un radicale cambiamento che ci conduca a vedere secondo Dio.
La conversione conduce infatti all'incontro diretto e familiare con Gesù suo Figlio, guardando al quale si vede anche il Padre e che è egli stesso la manifestazione definitiva del Padre, e conosceremo quella verità che ci libererà da tutte le schiavitù di cui siamo inconsapevolmente avvinti, non esclusa la schiavitù di noi stessi.