Omelia (09-10-2022)
don Roberto Rossi
Vedendosi guarito, tornò a ringraziare

Nella nostra società, nel nostro modo di comportarci e di esprimerci, ci si lamenti di tante cose, si finisce a volte per lamentarsi di tutto e si intristisce così la vita, ci rimane la tensione il nervosismo, si è di fastidio per gli altri. Anche quando noi credenti preghiamo, quando abbiamo qualche sofferenza, qualche preoccupazione, ci viene spontaneo rivolgerci a Dio, implorare il suo aiuto, chiedere quelle grazie che sentiamo necessarie. Siamo meno abituati a ringraziare, a lodare, a vivere l'atteggiamento di amore e di riconoscenza, di gratitudine e di lode, di ringraziamento. Basterebbe invece pensare di renderci conto che la nostra vita è piena di doni di Dio, che quando noi chiediamo una grazia al Signore, Lui ce ne ha date già tantissime, che noi siamo costantemente sostenuti dalla bontà e della provvidenza di Dio. C'è un salmo che dice: "Anima mia benedici il Signore, non dimenticare nessuno dei suoi benefici..."
Se io sapessi elencare e ringraziare per tutti i doni di Dio, non finirai mai. C'è una persona che ci insegna particolarmente a pregare, ringraziare. È una persona di cui ci parla il Vangelo oggi. Cos'è avvenuto? Gesù è in viaggio, in cammino verso Gerusalemme; entrando in un villaggio gli vengono incontro dieci lebbrosi e gridano a lui la loro sofferenza, la loro implorazione: "Gesù maestro, abbi pietà di noi".Comprendiamo la preghiera quando è grido, quando è bisogno profondo del cuore. Gesù non li guarisce all'istante, dice loro di andare a presentarsi ai sacerdoti perché abbiano ricevere l'attestato di guarigione. Essi partono e mentre sono in viaggio si sentono guariti, purificati, mondati. Immagino che si saranno messi a correre per arrivare quanto prima dai sacerdoti e poter tornare quanto prima a riabbracciare i propri cari, la moglie, i figli, i parenti, gli amici.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce e si prostrò davanti Gesù, ai suoi piedi per ringraziarlo. Sottolinea il racconto: era un samaritano, cioè in un certo senso un nemico, un eretico, uno scomunicato, uno che non apparteneva al fedele popolo di Dio. È interessante notare che quando Gesù vuole insegnare delle cose importanti, prende ad esempio un samaritano, una persona così. Quando vuole insegnare l'amore, la carità, l'aiuto il prossimo, racconta la parabola del buon samaritano. In questo episodio, quando vuole insegnare a pregare, di una preghiera vera, prende a modello questo lebbroso, questo samaritano. Gesù gradisce questo ringraziamento e ci lascia sfuggire anche l'espressione di un sentimento di amarezza: "Non sono stati purificati tutti e dieci e gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria Dio all'infuori di questo straniero?" È un richiamo forte, di cui ci dobbiamo rendere conto. A quel samaritano Gesù dice: "Alzati e va, la tua fede ti ha salvato!"
Dieci guariti, uno salvato. Significa che non c'è soltanto la salute del corpo, la guarigione da qualche malattia, ma c'è qualcosa di più profondo, di più necessario: la guarigione del cuore, la salvezza dell'anima, la vita vera che Dio ci dona su questa terra e per l'eternità. Credo che tutti noi oggi possiamo imparare questa preghiera profonda, che è la preghiera della lode, del ringraziamento, come si trova tanto spesso nella parola di Dio e specialmente nei salmi. Noi stessi quando celebriamo la messa sentiamo quelle grandi parole all'inizio della preghiera eucaristica: "E' veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e dovunque a te Signore, padre santo, Dio onnipotente ed eterno..." continuando a ringraziare per tutti i benefici di Dio per l'umanità, per la Chiesa. per ciascuno di noi. L'apostolo Paolo ci insegna: "In ogni cosa rendete grazie!" Un maestro di preghiera, padre Andrea, ci ha parlato spesso di questo e ha scritto un libro con questo titolo: "Il volto gioioso della preghiera: ringraziare". Per allenarci e imparare la preghiera di ringraziamento, anziché lamentarci ed essere tristi, come dicevamo, possiamo prendere questa bella abitudine: ogni sera, nell'esame di coscienza, nella revisione della giornata, possiamo cercare almeno tre cose, che abbiamo vissuto, che abbiamo incontrato nella giornata, tre cose per cui ringraziare. Impariamo così a vivere nella pace, nella gioia, nella fiducia, sentendo continuamente l'abbraccio di Dio che ci ama, di un amore infinito.