Omelia (26-06-2022)
padre Gian Franco Scarpitta
Fiducia e sequela a chi ci da fiducia

Il dono della fede e quello della vocazione. Dio si propone a tutti come compagno di cammino, criterio di vita, riferimento continuo per il nostro quotidiano; sta a noi cogliere tutti gli aspetti della sua presenza e lasciarci coinvolgere nella novità di vita con cui intende avvincerci. Sempre il Signore però, chiama ciascuno a una missione particolare in modo singolare e disinvolto: non importa quale sia la nostra condotta o di quali prerogative disponiamo, nessun valore hanno i nostri limiti ai suoi occhi e i parametri di scelta umana sono del tutto sconosciuti al Signore. Quando Dio sceglie si avvale solo della sua libertà e dell'innata fiducia che ha in ciascuno. Questi due elementi emergono maggiormente dalla lettura dei testi biblici che la liturgia oggi ci propone. Osservando il brano evangelico propostoci oggi da Luca, notiamo che Gesù è determinato nella sua missione presso i villaggi di Samaria, prima ancora di recarsi a Gerusalemme.
Come si sa, Giudei e Samaritano vivevano in reciproca diffidenza, discordia e ostilità essendo considerati i Samaritani gente impura, ignobile e ripugnante e anche la sola ombra di un Samaritano andava evitata da parte dei Giudei. Agli occhi dei perbenisti Ebrei, è orrendo e scandaloso che Gesù possa anche solo passare nella terra di Samaria e per i Samaritani è sfacciataggine che possa presentarsi deliberatamente nel loro territorio. Eppure Gesù, che non è succube di pregiudizi e non segue discriminazioni sociali, è ben deciso a recarsi nei villaggi dove nessun altro avrebbe mai osato entrare, mandando in avanscoperta i suoi discepoli perché annuncino il suo arrivo. Vuol far sapere in anticipo che è arrivato il Regno di Dio presente nelle sue parole e nelle sue opere e che la salvezza è rivolta a tutti, Giudei e pagani e chiunque crede e si affida alla novità del Vangelo sarà salvato.
Gesù non esita a guardare ai Samaritani come a fratelli che aspettano l'annuncio della via, della verità e della vita e proprio perché si sta recando nella città del suo supplizio vuole rendere partecipe della sua redenzione anche questo popolo, guardandolo con occhi ben differenti da quelli di tutti i suoi contemporanei. La Parola di Dio raggiunge quindi quei villaggi e vi persevera, anche quando la loro gente si mostra refrattaria e riluttante: poiché sanno che si reca a Gerusalemme, non vogliono accoglierlo e anzi evitano ogni rapporto con lui. Ad essere respinti sono innanzitutto i discepoli da lui mandati, che subiscono il rifiuto e l'umiliante ripulsa dei villici samaritani, ma già nella persona degli emissari viene estromesso il loro stesso maestro. Gesù stesso viene rifiutato e respinto dai nemici acerrimi della Giudea e della capitale Gerusalemme.
La loro reazione suscita lo sdegno degli zelantissimi Giacomo e Giovanni che vorrebbero far discendere su quei casolari un fuoco che distrugga tutta quella gente cosi antipatica e scostante. Vorrebbero che soffrisse in anticipo la pena eterna, il giudizio di Dio. Gesù però rimprovera quel loro pensiero tipicamente umano di vendetta e di ritorsione e come reazione personale continua la sua missione in un altro villaggio, perché la Parola di Dio nel Verbo Incarnato non si scompone alle umiliazioni e alle sconfitte e chi l'ha appena rifiutata subirà la pena stessa del suo rifiuto. D'altra parte le esperienze di Gesù con i Samaritani non sono tutte così demoralizzanti: proprio un Samaritano sarà l'unico fra tutti a rendergli grazie per il dono della guarigione dalla lebbra (Lc 17, 11 - 19); si troverà a conversare con una donna e per di più Samaritana alla quale offrirà l'acqua della vita (Gv 4, 5 - 42): se c'è chi mostra riluttanza alla Parola, c'è anche chi l'accoglie con entusiasmo disarmante.
Se poi c'è chi rifiuta Gesù, c'è anche chi vorrebbe familiarizzare con lui. Sempre in Samaria (così Luca tende a farci capire) improvvisamente uno sconosciuto si propone di mettersi al suo seguito dovunque egli vada. Nessuno però ha diritto di porsi a una forma speciale di sequela, se non chi viene da questi chiamato espressamente. La nostra comune vocazione è la perfezione e la salvezza che ad essa consegue; ci è chiesto di accogliere il Signore in un incontro determinante a cambiare la nostra vita e di vivere l'intimità e la familiarità con lui a prescindere dalla nostra vocazione specifica. Ma ad eleggere chi deve assumere un particolare specifico cristiano è sempre il Signore stesso, che nel chiamare agisce secondo la sua libertà, non importa chi siamo e in quale stato ci troviamo. Dio chiama chi vuole e immancabilmente attrezza ed equipaggia per la missione che vuole affidarci. Ecco perché Gesù risponde con delle obiezioni a quell'uomo sconosciuto: probabilmente non è sua vocazione che lo debba seguire "dovunque egli vada", ma gli riserva un altro itinerario differente che dovrà individuare. Ecco perché ad altri, al contrario, dice "Seguimi", perché la scelta è volontà dello stesso Signore che da sempre conosce le nostre vie e i nostri sentieri (Ger 1, 5 - 9). Dirà in un'altra circostanza: "Non voi avete scelte, ma io ho scelto voi"(Gv 15, 16) e la sua elezione non risponde alle nostre aspettative o ai nostri curricula, ma ha carattere sorgivo dalla sola intraprendenza dello stesso Signore che chiama ciascuno secondo un progetto particolare che non sempre collima con le nostre aspettative.
E' evidente che chi verrà chiamato a una particolare servizio non sarà simile a uno di quei Samaritani che categoricamente respingono Gesù: prima ancora di qualsiasi vocazione specifica, va accolta la vera vocazione all'incontro con Gesù che cambia la vita; aver conosciuto lui e aver deliberato nella fede e nella speranza per i suoi sentieri è la condizione fondamentale per cui si possa rispondere con esito all'invito peculiare del Signore e egli stesso mentre chiama ci trasforma radicalmente. Nessun progetto vocazionale si è mai realizzato senza un previo incontro di intimità e di radicalità con il Signore, anche nei casi di improvviso mutamento di aspettativa quale interessò Paolo, che fino a qualche istante prima era accanito persecutore del Cristo nella Chiesa nascente: l'incontro e la familiarità con il Risorto sulla via di Damasco precede immediatamente la vocazione alla tutela del Vangelo del quale era stato acerrimo nemico (At 9). La chiamata divina è sempre un atto di fiducia da lui accordata deliberatamente anche senza nostro merito (2Tm 1, 12). Proprio per questo la corrispondenza ad ogni chiamata non può che essere libera, consapevole, convinta, priva di rimpianti e di condizionamenti, fossero pure quelli legati agli affetti familiari. "Vieni e seguimi", senza esitazione, ma con amore e convinzione e in modo che la tua decisione sia sempre coerente e scevra da rimpianti e sentimentalismi. Non che tu debba trascurare gli affetti familiari e i tuoi genitori, ma non ti distolgano questi dall'esercizio del tuo proposito di impegno per la causa del Regno.
Eliseo, invitato da Elia a seguire il Signore, abbandona immediatamente le dodici paia di buoi di cui si sta occupando, ben disposto a realizzare il progetto di Dio su di lui. E tuttavia non gli viene negato di espletare una particolare attenzione verso il suo genitore, perché la sua decisione per il Signore si mostra già seria e motivata in ogni caso. Otterrà anche due terzi dello spirito di Elia quando questi verrà elevato al cielo su un carro di fuoco (2Re 2, 7 - 13).