Omelia (27-11-2005)
Suor Giuseppina Pisano o.p.
Commento a Mc 13, 33 37

Il nuovo Anno liturgico, e il Tempo di Avvento che lo introduce, iniziano con un appello, che abbiamo ascoltato anche in una delle ultime domeniche, " vegliate perché non sapete né il giorno né l'ora" ( Mt 25,13.)
C'è un'attesa, un bisogno, una nostalgia, presenti nella vita di ogni uomo e nella Storia: è il bisogno di completezza, di liberazione, di felicità; è il bisogno di Dio, anche se, non tutti, lo ammettono e non tutti ne hanno chiara consapevolezza.
Si tratta di una storia molto antica, possiamo leggerla in tutte le culture; noi la conosciamo dal racconto della Genesi: una comunione che si interrompe, una lontananza e, allo stesso tempo la promessa, con relativa attesa, di un liberatore, un mediatore, un redentore, che riconcili l'uomo con Dio.
Il Tempo di Avvento celebra appunto questo movimento di Dio verso l'uomo, che si compie nell'evento veramente grande dell'incarnazione del Figlio: " l'unico Mediatore".
Torna alla mente un pensiero di G. Ravasi, e lo cito testualmente:".. Dio, in Cristo, ha totalmente infranto il suo splendido isolamento, per usare i verbi della supplica isaiana, ' ha squarciato i cieli ', ' è disceso in mezzo a noi ', è andato incontro a quanti 'si ricordano delle sue vie ', ha svelato il suo volto di Padre e di redentore. La rivelazione e l'incarnazione sono la testimonianza più reale di questo movimento di Dio, senza il quale, l'uomo resterebbe solitario in questo universo indifferente alle sue speranze, ai suoi dolori, ai suoi crimini. " (in "Secondo le Scritture" )
L'evento, storicamente accaduto oltre duemila anni fa, non è concluso, come ogni azione di Dio, esso si estende infinitamente nel tempo e la Liturgia, anche oggi, lo rende presente, con tutto il potenziale di grazia che esso contiene, e lo offre a noi uomini e donne, che ancora tessiamo la storia della salvezza.
Il discorso di Gesù, contenuto nella breve parabola, di quel tale che partì per un viaggio, ce lo ripropone, parlandoci appunto di una "lontananza", ma non definitiva, perché quel " padrone di casa" tornerà.
Egli non ha lasciato la sua proprietà nel caos, ma ha assegnato con precisione compiti, ruoli, poteri; ha anche stabilito che un " portiere " vigili, sulla proprietà nell'attesa del suo ritorno.
La Storia umana non è un caos, e non lo è neppure la piccola storia individuale; l'uomo è dotato di strumenti, di "talenti", per usare il linguaggio stesso del Vangelo, per guidare ed orientare la propria esistenza, che non procede a caso, ma ha una meta: la comunione ultima e definitiva con Dio.
" Quello che dico a voi, lo dico a tutti:< Vegliate! >", sono le battute conclusive del Vangelo di questa domenica, e rivelano la chiamata personale ed universale alla salvezza; essa non capita a caso, è dono di Dio ed attende la risposta dell'uomo, attende che questi muova i suoi passi verso di Lui.
"..Ad immagine del Santo che vi ha chiamati, -scrive Pietro- diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta, poiché sta scritto: sarete santi per me poiché Io sono santo ( 1 Pt.15-16), salvezza e santità sono, infatti, sinonimi.
Il Tempo di Avvento, dunque, già da questa prima domenica, ci aiuta a ripensare, a rivitalizzare, e a render più bella e feconda la vocazione alla comunione, fatta anche di " attesa".
La "missione " del Figlio di Dio, è anch'essa infinita, Gesù Di Nazareth è venuto storicamente, una volta, ma misticamente e nella grazia viene ancora; viene nella Storia e viene in ognuno di noi, ripetutamente, insegna S. Tommaso D'Aquino, a misura del desiderio e verrà, secondo la parola stessa del Signore " sino alla fine dei tempi"
Il " desiderio" e l'attesa vigile, non sono, dunque, fattori trascurabili, sono un motore vitale, nel cammino dell'uomo verso Dio; è questo l'impegno al quale siamo sollecitati, e la liturgia ce lo ricorda con le parole del Profeta:
"Tu, Signore, tu sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore. Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema? Ritorna per amore dei tuoi servi, per amore delle tribù, tua eredità.
Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti!..." ( Is 63,16 17 )
Ecco, dovremmo, implorare con forza, quella appunto che " squarcia" addirittura il cielo, l'avvento pieno della sovranità di Dio, e la Sua chiara presenza nella Storia e in ogni storia, perché questa Presenza è la salvezza, è pienezza di vita, felicità senza ombre e comunione totale nell'amore.
Non è un discorso semplice, e non è un atteggiamento facile da assumere, troppo spesso infatti, Dio è stato presentato come Qualcuno che sovrasta e spia il comportamento dell'uomo, da qui la paura d'esser colti in fallo, con relativo giudizio di condanna.
Spiare per cogliere in fallo, non è da Dio, ma è specialità degli uomini; quando Dio guarda all'uomo e ne ascolta il grido è per risanarlo col suo amore che redime, riabilita e trasforma; l'attesa della Sua venuta, non può esser perciò inquinata dalla paura, ma può e deve essere vissuta nella gioia del desiderio di Chi, solo, può darci una vita più felice, libera e segnata dall'amore, che, nella sua pienezza sarà solo oltre il confine del tempo, ma già ora è in qualche modo presente e fa parte del nostro vissuto di cristiani in cammino, in comunione e in missione.
Ogni uomo o donna, infatti è quella "casa" di cui il Vangelo parla, che attende di esser nuovamente abitata dal suo Signore.
Viviamo, nel tempo e nella fede, di "lontananze" e di " Presenza"; occorre intelligenza e cuore aperti a Dio, occorrono quegli " occhi contemplativi" di cui tanto spesso Giovanni Paolo II parlava, per cogliere nei segni dei tempi, e nei segni dell'esperienza personale, il Dio presente ed operante, il Figlio che ancora e sempre in noi si incarna, per accoglierli con cuore amante e fedele e farne dono agli altri.


Sr Mariarita Pisano O.P.
Monastero Domenicano
SS.mo Rosario
Marino Laziale -Roma