Omelia (27-11-2005)
mons. Antonio Riboldi
Se tu squarciassi i cieli

Mi viene spontaneo ringraziare Dio per questo grande dono che mi fa di "camminare con tanti di voi", alla ricerca del Padre e così dare alla nostra vita quel "sapore" che Lui solo sa donare.
Tutti sentiamo profondamente il bisogno non solo di verità, ma il bisogno di amore...anche se a volte abbiamo l'aria di chi crede di "sapere tutto" o di "non avere bisogno di Dio".
Ma poi lentamente, spalancando il cuore al bisogno di verità e di Luce, sentiamo la bellezza di questa vita che non è più come una condanna senza un perché, ma è un meraviglioso farsi trovare dal Padre che appassionatamente è in cerca di ciascuno di noi. Tutti.
Che fortuna, carissimi, sapere che ci teniamo per mano in questo. Non so come ringraziare Dio per avervi incontrato e per essere diventati "amici" secondo il cuore di Dio.
Oggi la Chiesa inizia l'anno liturgico con quel prezioso tempo che si definisce "Avvento"; ossia tempo di attesa di Colui che sta per venire. Un tempo che è come cominciare da capo la storia della nostra vita che, a volte, ci appare un mistero, ma è invece quel ricamo prezioso tessuto dal Padre, che si svela anno per anno, mostrando, per chi ha la gioia della fede, la meraviglia del suo amore. E' facile, se siamo onesti e grati, volgendo uno sguardo al passato, stupirci dei passi con cui Dio ci ha seguito.
Il sogno di Dio è quello di tenerci per mano sempre, nelle gioie e nelle speranze, nelle sofferenze e nelle angosce, fino a quando ci aprirà le braccia in Cielo. Un sogno così stupendo che tutti dovremmo coltivare.
Questo tempo di Avvento ci aiuta, se lo viviamo, a "vedere" la mano di Dio nella nostra: ci insegna a sentire la Sua Parola dolce che fa luce, sopratutto la certezza che c'è chi dà ai nostri giorni il sapore dell'amore.
Tutto questo ce lo dice il Vangelo di oggi: "State attenti, vigilate, perché non sapete quando sarà il momento preciso. E' come uno che è partito per un viaggio, dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito e ha ordinato al portiere di vigilare. Vigilate, perché non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera, o a mezzanotte, o al canto del gallo o al mattino, perché non giunga all'improvviso vedendovi addormentati. Quello che dico a voi, lo dico a tutti: Vigilate" (Mc 13, 33-37).
Potrebbe sembrare monotono, senza significato ed efficacia, questo ripetersi "del tempo della Grazia, o liturgico", ossia questo racconto dell'amore di Dio, se non fosse, questo tempo, "l'oggi di ogni uomo". Ma tutti sappiamo che, anche se le apparenze di quella che noi chiamiamo ferialità dell'esistenza, è un ripetersi di atti quotidiani, tuttavia, tutto può diventare "nuovo" se viene interpretato con quella grande potenza che è l'amore: e l'amore ha proprio la caratteristica del "nuovo", sempre, tanto che a volte ci diciamo..."sembra la prima volta".
Ricordo che una volta dissi a mamma, che ebbe il dono di vivere tra di noi 99 anni: "Mamma, non ti stanchi di stare tra noi, anche ora nella monotonia di una età che ti rende quasi immobile?" La risposta è stata bruciante: "Io vivo per il mio Dio: vivo per la mia famiglia che è diventata grande con i miei figli e nipoti; e ogni giorno è come una novità. Non sono stanca di vivere...ma perché amo. Non so come facciano a sopportare la vita quelli che non hanno fede e si trascinano come in attesa che qualcuno li liberi dal peso di ciò che non è peso, ma scoperta quotidiana di meraviglie". E quasi a spiegare il suo pensiero aggiunse: "Da sempre ogni giorno faccio la Comunione e chissà come, Gesù mi fa vedere ogni giorno il bene che Lui ci vuole". Lo vogliamo o no, l'amore di Dio non ci dà pace ed in tanti modi fa sentire la nostalgia di Lui.
Esprime questa nostalgia molto bene, oggi, il profeta Isaia: "Tu, Signore, sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro salvatore. Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema. Ritorna per amore dei tuoi servi, per amore della tua eredità. Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti...Siamo diventati tutti come cosa impura, e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia: tutti siamo avvizziti come foglie...Nessuno invocava il tuo nome, nessuno si riscuoteva per stringersi a te: perché tu hai nascosto il tuo volto e ci hai messo in balia della nostra iniquità.
Ma tu, Signore, sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci dà forma, tutti siamo opera delle tue mani" (Is. 63,64).
Una implorazione fatta tantissimi anni fa e che ci dà la netta fotografia di quelli che sono i nostri tempi. Ci ritroviamo perfettamente in "quei panni immondi" e nella grande nostalgia del Padre di cui non possiamo fare a meno. "Se tu squarciassi i cieli e scendessi!" è il grido di questo Avvento che sale a Dio da tutti e che sappiamo Dio ascolta sempre, se abbiamo fede. Una nostalgia che la Chiesa vuole diventi speranza in questo tempo di Avvento.
Il grande Papa Paolo VI, attento scrutatore dei tempi, così parla di questa nostalgia in una lettera pastorale scritta per la Quaresima del 1955. Vale la pena di leggerla, specchiarsi e "vederci dentro".
"Il mondo, scrive, dopo aver dimenticato o negato Cristo, lo cerca. Ma non vuole cercarLo quale è, dove è. Lo cerca fra gli uomini mortali: ricusa di adorare Dio che si è fatto uomo e non teme di prostrarsi servilmente davanti all'uomo che si fa Dio. Il desiderio di trovare un uomo sommo, un prototipo della umanità, un eroe di completa virtù, un maestro di somma sapienza, un profeta di nuovi destini, un liberatore da ogni schiavitù, da ogni miseria, assilla oggi le generazioni inquiete che, forti di qualche sconsacrato frammento di verità, tolto al Vangelo, creano miti effimeri, agitano inumane politiche e preparano così grandi catastrofi.
Dall'inquietudine degli spiriti laici e ribelli e dall'aberrazione delle dolorose esperienze umane, prorompe fatale una confessione al Cristo assente. Di te abbiamo bisogno, dicono anche altre voci isolate e disparate, ma sono molte oggi, e fanno coro. E' una strana sinfonia di nostalgici che sospirano a Cristo perduto; di pensosi, che intravedono qualche evanescienza di Cristo; di generosi che imparano da lui il vero eroismo; di sofferenti, che sentono la simpatia per l'uomo dei dolori; di delusi che cercano una parola ferma, una pace sicura di onesti, che riconoscono la saggezza del vero Maestro; di volenterosi che sperano di incontrarLo sulle vie diritte del bene; di artisti che cercano superiori rapporti espressivi con l'intima verità delle cose; di convertiti, infine, che confidano la loro avventura spirituale e dicono la loro felicità per averlo trovato".
Credo che ci sentiamo un poco tutti in questo elenco di "cercatori di Cristo", con una sete che si fa sentire e che è bene non si spenga fino a che incontriamo il Cristo al pozzo della samaritana, che ci offra quell'acqua che calmerà per sempre la sete perché Lui stesso sarà la sorgente. Ed è già una grande grazia sentirsi in quell'elenco. Sarebbe un vero guaio si fosse spenta in noi la sete di Cristo.
Continua Paolo VI con quella stupenda preghiera che sembra un pianto di gioia del pellegrino sperso nel deserto della vita.
"Tu ci sei necessario, o solo e vero maestro delle verità recondite e indispensabili per la vita, per conoscere il nostro essere e il nostro destino e la via per conseguirlo.
Tu ci sei necessario o nostro Redentore, per scoprire la nostra miseria e guarirla, per avere il concetto del bene e del male e la speranza della santità: per deplorare i nostri peccati e per averne perdono.
Tu ci sei necessario, o fratello primogenito del genere umano, per ritrovare le ragioni vere della fraternità fra gli uomini, i fondamenti della giustizia, i tesori della carità, il bene sommo della pace.
Tu ci sei necessario, o Cristo, o Signore, o Dio-con-noi, per imparare l'amore vero e camminare nella gioia e nella forza della tua carità, lungo il cammino della nostra via faticosa, fino all'incontro con Te amato, con Te atteso, con Te benedetto nei secoli".
Una stupenda pagina di Avvento che è riflessione, sguardo profondo nella vita, appassionata ricerca di Gesù e meravigliosa preghiera. C'è solo da farla nostra in questo tempo di Avvento.
E' davvero un'eco alla preghiera di Isaia: "Tu, Signore, tu sei nostro padre, da sempre ti chiami nostro redentore. Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti si tema? Ritorna, per amore del tuo servo, per amore della tua tribù, tua eredità. Se tu squarciassi i cieli e scendessi!...Tu sei nostro padre, noi siamo argilla e tu colui che ci dai forma; tutti noi siamo opera delle tue mani".