Omelia (27-11-2005)
Omelie.org - autori vari
Commento Marco 13,33-37

* Se oggi vi augurassi buon anno pensereste che forse è un po' presto per farlo, ma se vi dicessi buon anno liturgico, allora potreste dire: "Ah, già! E' vero: oggi è la prima domenica di Avvento... il Capodanno della Chiesa." Sì, è proprio così; inizia il nuovo ciclo liturgico, e i più attenti fra voi avranno notato che da oggi abbiamo anche "cambiato" evangelista! Ringraziamo san Matteo che ci ha condotto per mano lungo l'anno liturgico appena trascorso e diamo il benvenuto al nostro nuovo compagno di viaggio, che da oggi e per questo nuovo anno sarà perlopiù san Marco, con il suo vangelo breve ma incisivo.

* E l'evangelista Marco ci offre in questa domenica una pagina in cui Gesù con decisione indirizza lo sguardo dei suoi discepoli e di noi tutti al futuro. Gesù paragona i suoi discepoli a quei servi che, dopo aver ricevuto dal loro padrone dei beni, non sanno quando tornerà. Ecco perché l'invito è a vegliare, a rimanere attenti, a stare all'erta, perché da un momento all'altro il padrone potrebbe tornare e chiedere conto di tutto.

* Anche noi siamo in questa situazione. Il Signore infatti noi non lo vediamo, almeno non lo vediamo con gli occhi del corpo. Sappiamo però che Lui ci ha lasciato diverse cose, i segni della sua esistenza e della sua presenza. Il Creatore può sembrare nascosto ai nostri occhi, ma la sua creazione ci circonda.
Dice il profeta Isaia nella prima lettura: "Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci dà forma, tutti noi siamo opera della tue mani". Tutto quello che siamo e possediamo quindi lo abbiamo ricevuto da lui; egli lo ha affidato alle nostre mani. In effetti il mondo non lo abbiamo creato noi, né con tutti i progressi della scienza e della tecnica siamo mai riusciti a creare qualcosa, anche se ultimamente qualcuno, giocando a "fare Dio", vorrebbe clonare gli esseri umani. Sembra allora che tutto ciò che siamo e abbiamo, in ultima analisi lo dobbiamo a Dio.
Come i servi della parabola, noi non siamo i proprietari ma gli amministratori dei beni che Dio ci ha affidato. E ciò che si richiede da un amministratore è che si mantenga fedele al proprietario dei beni che egli amministra, secondo i desideri del padrone e quindi, per noi, secondo la volontà del Creatore.

* Un giorno questo proprietario tornerà; e come ci troverà, svegli o addormentati? Non sappiamo quando tornerà, e non si tratta tanto di indovinare la fine del mondo, come molti oggi tentano di fare predicendone perfino la data. Quanto a questo Gesù, proprio poco prima del brano che abbiamo letto oggi, lui stesso dice che solo Dio Padre conosce quel momento. Ma non è tanto la fine del mondo di cui qui si parla; si parla piuttosto della fine della vita di ciascuno di noi, del giorno inaspettato in cui il Signore busserà alla nostra porta e ci chiamerà a sé. Ora, mi si conceda la battuta: per morire bene occorre che ci trovi svegli e non addormentati già!

L'invito di oggi è a vegliare, a stare svegli.


* Ma che cosa significa stare svegli nel vangelo?
Significa mantenere sempre desto e vivo il rapporto e il legame con il Signore; si tratta di non dimenticarsi mai di appartenere al Creatore e di dovere a lui tutto quello che siamo e abbiamo. Si tratta di essergli sempre riconoscenti, di orientare la nostra vita sulla sua parola e sul suo esempio, di essere in comunione di preghiera e di intenti con Lui.
* Pregare e chiedere preghiere, perdonare e chiedere perdono, agire come servitori e amministratori fedeli dei beni di Dio e rispettare il disegno naturale della creazione: se si vive così, allora il Signore può venire in qualsiasi momento: noi siamo pronti per lui.
Se invece ci dimentichiamo di Dio, pretendiamo di essere i padroni del mondo, di poter trattare a proprio piacimento noi stessi, gli altri e i beni che ci sono stati affidati, allora non siamo svegli; siamo immersi invece nel sonno di un'illusione da cui sarà brutto risvegliarsi.

* E se questo potrebbe metterci inquietudine (e in fondo un po' di sana inquietudine non guasta) tuttavia sappiamo che il nostro Dio non gioca a trovarci impreparati. Ogni giorno giunge e torna da noi, ogni giorno illumina le nostre infedeltà e se le riconosciamo le guarisce, ogni giorno bussa alla nostra porta: bussa nella sua Parola, nei sacramenti, nel fratello e ci fa esercitare, ci abitua alla sua venuta definitiva; come dice san Paolo: "ci conferma sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore Gesù: fedele è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione del Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro" (1Cor 1,9). Su questa fedeltà di Dio scommettiamo e a partire da essa vigiliamo e stiamo all'erta.

Commento a cura di don Nello Crescenzi