Omelia (27-11-2005)
don Romeo Maggioni
Vigilate perchè non sapete quando il padrone di casa ritornerà - rito ambrosiano - 3a d'Avvento anno B

Iniziamo l'Avvento con una consegna precisa: Vigilate! Essere cioè attenti ai segni della novità cristiana in attesa del suo compimento quando il Signore verrà nella gloria come giudice.
Ma essere protesi al futuro non significa evadere dal presente. E' invece misurare il presente su quel futuro; è anticipare nell'oggi quel futuro. E' - ci dice il vangelo di oggi - operare al nostro posto di lavoro perché alla fine dell'amministrazione il padrone che torna deve trovarci attivi e fedeli.
Ecco allora l'anima dell'esistenza cristiana: credere e accogliere l'iniziativa salvifica di Dio nella storia e collaborarvi responsabilmente per farla maturare fino al suo compimento. Vigilare è credere e lavorare.

1) CREDERE AL REGNO

La Parola di Dio oggi si apre con un grido che penetra i cieli, espressione di fiducia piena nell'agire di Dio e bisogno profondo di Lui: "Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti". Questo grido nasce da una esperienza amara e ormai soffocante: "Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema? Siamo diventati tutti come cosa impura, e come panno immondo sono tutti i nostri atti di giustizia: tutti siamo avvizziti come foglie, le nostre iniquità ci hanno portato via come il vento". Non è contestazione culturale/politica; è riconoscimento di deviazioni morali: "Abbiamo peccato contro di te da lungo tempo e siamo stati ribelli". La causa del male è ricondotta alla sua radice, al cuore dell'uomo che rifiuta il suo Dio: "Nessuno invocava il tuo nome, nessuno si riscuoteva per stringersi a te".

Solo Dio può risollevarci. Anzi l'ha già fatto, è già intervenuto: chi si è fidato di Lui è stato liberato. La storia biblica è speranza e garanzia per il futuro. "Davanti a te tremavano i popoli, quando tu compivi cose terribili che non attendevamo, di cui non si udì parlare da tempi lontani". L'iniziativa salvifica di Dio è sorprendente, efficace, e va al di là d'ogni attesa. "Orecchio non ha sentito, occhio non ha visto che un Dio, fuori di te, abbia fatto tanto per chi confida in lui. Tu vai incontro a quanti praticano la giustizia e si ricordano delle tue vie". E' la pedagogia stessa di questo Avvento: fare memoria dei fatti di salvezza compiuti in Israele per rassicurare il nostro cuore che Dio non vien meno nel voler intervenire anche per noi.

Il motivo non sta in noi, ma in Lui che ci ha voluti suoi figli, suo popolo, sua eredità. "Ma tu, Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci dà forma, tutti noi siamo opera delle tue mani". E' richiesta una disponibilità piena: lasciarsi amare e modellare da Dio, credere che la storia giusta la conduce Lui. Noi siamo così guidati e maturati per un vero progresso e uno sviluppo che è ben oltre i nostri poveri schemi sociologici. Da qui la fiducia nell'iniziativa di Dio; da qui l'invocazione e la preghiera: "Ritorna per amore dei tuoi servi, per amore delle tribù, tua eredità". Prosegue il Salmo responsoriale: "Dio degli eserciti, volgiti, guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna, proteggi il ceppo che la tua destra ha piantato, il germoglio che ti sei coltivato". Dio guida la storia; il nostro agitarci è appena un increspare d'onda, e molto spesso è solo inceppo e freno al flusso di bene che Dio ha immesso nella storia dal giorno della risurrezione di Cristo.

2) COLLABORARE AL REGNO

Ma non di meno Dio vuole la nostra responsabile collaborazione. Il futuro della storia secondo la Bibbia non è distruzione o sostituzione di questo mondo (concezione diffusa in molte sette fondamentaliste oggi), ma ri-creazione dall'interno, purificazione, compimento e superamento, valorizzando quei semi di bene che Dio stesso coltiva nel cuore degli uomini. Da qui la strategia del Regno: Cristo capo e primizia, ma di un Corpo di cui vuol servirsi per una missione ben organizzata dove ciascuno ha un suo ruolo preciso. L'immagine evangelica odierna è più domestica, ma non meno significativa: "E' come uno che è partito per un viaggio dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vigilare". Dio ha dato a ciascuno il suo compito, e poi se n'è andato. Ha troppa fiducia nell'uomo, - ci vien da pensare noi! - si è fidato troppo di noi dandoci in mano il mondo da gestire. E guarda cosa ne abbiamo fatto..!

Il padrone è via, e i servi si sentono padroni. Non è così quel che capita oggi? Mai con tanta sfacciataggine e supponenza oggi ciascuno ripete: la vita è mia, la storia è mia e la gestisco io! Ma la festa finisce. Il padrone ritorna. La storia ha termine. La morte dice "basta!" all'uso della nostra libertà, e un rendiconto è da fare. "State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso, quando il padrone di casa tornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino, perché non giunga all'improvviso, trovandovi addormentati". Chi sa l'ora del proprio doversi presentare a Dio? Ed è inutile difenderci, emanciparci, col negare la realtà. Neanche il più accanito degli atei riesce a giustificare la propria scelta; e tutti, davanti alla morte, intuiamo il Mistero e ne sentiamo la presenza.
L'atteggiamento giusto da tenere è la trepidazione che non presume di sé, ma chiede l'aiuto a Dio. "E' Dio infatti che suscita in noi il volere e l'operare - scrive san Paolo - secondo i suoi benevoli disegni" (Fil 2,13). Parlando ai cristiani di Corinto, stima i doni di Dio di cui sono stati arricchiti, ma li esorta a chiedere a Dio il dono della fedeltà e della perseveranza: "Egli vi confermerà fino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore: fedele è Dio!" (II lett.). Sant'Agostino continuamente diceva che la grazia più grande da chiedere nella preghiera è quella della perseveranza finale. Ecco allora: fare, ma col Signore, col suo aiuto, entro l'alveo della sua grande opera di rinnovamento che è il Regno di Dio.

Alla fine, vigilare è sperare. Il cristiano sa di operare entro una causa che è già vincente, in Cristo, primizia dei risorti. La speranza è la molla del fare, contro ogni ostacolo e scoraggiamento. Noi cristiani, più di tutti, dobbiamo credere al mondo e operare per esso, perché lo sappiamo destinato all'eterno. L'Avvento è educazione alla speranza, cioè all'unica forza urgente da immettere in questo nostro mondo che ha visto cadere una dopo l'altra le varie speranze umane, e vive rassegnato ad ogni violenza, ingiustizia e sopraffazione sull'uomo.