Omelia (05-07-2020)
padre Antonio Rungi
Un maestro che parla con il cuore ed insegna l'umiltà e l'amore

La 14° domenica del tempo ordinario della liturgia cattolica ci invita a metterci alla scuola di un grande Maestro, unico nella storia e nel suo genere, che è Cristo Signore. E lo fa mediante testi biblici di grande spessore spirituale e morale, ai quali bisogna attingere tutti per essere veri discepoli di Gesù. Egli parla con il cuore ed insegna l'umiltà e l'amore. Valori difficili da coniugare con cuori di ghiaccio e di pietra che ci portiamo spesso nelle nostre povere esistenze terrene.


Il testo del Vangelo di Matteo che oggi ci accompagna nella nostra riflessione è una lezione di vita per tutti, specialmente per chi si ritiene più sapiente e saggio degli altri e disprezzo il semplice, il povero e chi non ha un alto casato o, peggio, non ha la disponibilità economica per sentirsi ricchi di tasca e non certamente di amore e di cuore. Ecco perché Gesù esordisce nel brano del vangelo di oggi con parole che devono cambiare la mente e il cuore di chi si ritiene superiore, a tutti i livelli, anche non ne avendone le qualità e le doti spirituali e morali: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza». I piccoli del vangelo non sono gli ignoranti o gli analfabeti, che non hanno titolo di studio o che hanno frequentato le scuole di alto livello, sono le persone semplici ed umili, aperti, con la loro vera sapienza ed intelligenza, ad un dialogo con Dio e con i fratelli. L'umiltà genera comunione condivisione, la superbia e l'orgoglio rompono qualsiasi schema di relazione umana, improntato ad autenticità. Dio si volge e si rivolge agli umili ed abbatte l'orgoglio dei superbi".

Nel suo discorso di farsi capire chi era davvero Gesù, egli accentua questo rapporto unico ed esclusivo con il Padre suo: "Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo". Gesù quindi è il mediatore tra Dio e l'uomo ed Eli ci apre gli spazi e gli orizzonti di vera rivelazione e comunicazione con il Divino e di comprensione vera dell'umano.éerciò con sicurezza dei suoi poteri divini ed umani, può dire, rivolgendosi a quanti sono stanchi ed oppressi "Venite a me, io vi darò ristoro".

Non è un ristoro di carattere economico o alimentare o di genere similare, ma è la consolazione dello spirito, dell'anima, perché Cristo porta pace e serenità nel cuore umano.olui che dà spessore e senso vero ad ogni vita, che brulica sulla terra, a partire dall'essere umano, fatto ad immagine e somiglianza di Dio, che ha un' intelligenza, un cuore e una passione per quanto è sacro ed eterno.

Gesù, oltre ad essere forte di gioia è anche il modello di come affrontare con coraggio la vita, la sofferenza e soprattutto la morte. Ecco perché ci consiglia di prendere il suo giogo sopra di noi e imparare da lui, che è mite e umile di cuore. In questo modello di riferimento spirituale morale che è Cristo Crocifisso noi troviamo il ristoro per la nostra vita. E Gesù ci rassicura pure su quello che ci attende se noi seguiamo le sue orme, in quanto il suo giogo è dolce e il su peso è leggero.

Di che giogo parla Gesù?

Egli fa riferimento alla sbarra portata sulle spalle, alle cui estremità era appeso il carico, oppure alla sbarra o arnese di legno posto sul collo di due animali da tiro (di solito buoi) per attaccarli a un attrezzo agricolo o a un carro. Dato che in genere erano gli schiavi a usarlo per trasportare carichi pesanti, rappresentava schiavitù o sottomissione a un'altra persona, come pure oppressione e sofferenza. Togliere, rompere o spezzare il giogo era sinonimo di liberazione da schiavitù, oppressione e sfruttamento (Le 26:13; Mt 11:29, 30).

Il peso di Cristo è leggero. Il peso è unità di misurazione della consistenza di un qualcosa, sia a livello fisico, che spirituale. Gesù facendo riferimento proprio a ciò che normalmente viene utilizzato nella vita quotidiana per pesare quantità, oggetti, corpi ed altro, afferma che il suo peso è leggero, non appesantisce, rende liberi, in quanto non costringe, non obbliga, non schiavizza nessuno, bensì rende leggeri mente, cuore ed esistenze. Facciamo nostro questo peso di Cristo e portiamo con la gioia nel cuore e del cuore, ben sapendo che non arriveremo affaticati e stanchi, oppressi alla meta finale o al traguardo che ci siamo dati, come esseri umani e come cristiani.


Il profeta Zaccarìa nel brano della prima lettura riporta alla nostra attenzione le parole che egli ha udito dal Signore e che rappresentano per noi un richiamo e un progetto di vita come singoli e come popolo di Dio: «Esulta grandemente, figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il tuo re". Un re umile, che cavalca un'asina e non un cavallo, che viene nella semplicità.

L'invito alla gioia per la venuta del Messia deve essere accolto anche oggi da noi. Non siamo nel tempo di Avvento in preparazione al Natale, per cui la preparazione liturgica all'annuale festa della nascita del Redentore, ma siamo nella continua preparazione all'incontro definitivo con il Signore. Il che non ci deve rattristare, ma ci deve trasmettere gioia e serenità. Forti delle parole del profeta che ci descrive, con poche espressioni chi è il Messia atteso, possiamo prendere sempre più coscienza che davvero "Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio d'asina". L'ingresso di Cristo in Gerusalemme è qui anticipato di molti secoli, come un'anteprima di un film che si vedrà, nel momento in cui Gesù arriverà nella città Santa e dal vivo verranno riprese le immagini e girate per realizzare un video che ha una storia di 2000 anni.

Questo Messia e Re, che è Cristo, "farà sparire il carro da guerra da Èfraim e il cavallo da Gerusalemme, l'arco di guerra sarà spezzato, annuncerà la pace alle nazioni, il suo dominio sarà da mare a mare e dal Fiume fino ai confini della terra". E' la bellissima visione della riconciliazione, della pace, dell'assenza ogni lotta che il profeta elaborata come progetto messianico in vista della venuta di Gesù.


Nella seconda Lettura di questa domenica, San Paolo ci rammenta quelli che siamo davanti a Dio e agli uomini. Noi, con il dono del battesimo, non siamo più sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi". Di conseguenza "se qualcuno non ha lo Spirito di Cristo, non gli appartiene".

Noi apparteniamo a Cristo se ci lasciamo guidare dal suo spirito. Uno spirito di docilità e di servizio e non di superbia o di egoismo. Infatti, "lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai morti, abita in noi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai nostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in noi". Consapevoli di essere abitati dallo Spirito di Cristo "noi siamo debitori non verso la carne, per vivere secondo i desideri carnali, perché, se viviamo secondo la carne, moriremo. Se, invece, mediante lo Spirito facciamo morire le opere del corpo, allora sì che vivremo".

Quali sono questi desideri carnali che ci allontana da Dio? San Paolo ne dà un dettagliato elenco, nel suo vasto epistolario e basta rileggere le sue lettere per capire dove sbagliamo e in che cosa sbagliamo e soprattutto con chi sbagliamo. Il cristiano va quindi alla ricerca di una sua personale valorizzazione e armonizzazione con l'assoluto e l'eterno. Sia questa la nostra preghiera, oggi, in cui la parola di Dio ci mette davanti a noi l'esempio mirabile di Cristo, mite ed umile di cuore.


O Gesù, mite e umile di cuore,

solo tu puoi dirci parole di verità,

in un mondo di falsità.

Apri i nostri cuori all'ascolto della tua voce,

rendi giustizia ai poveri,

dai ristoro a quanti sono affaticati

e stanchi della vita,

soprattutto se segnata dalla malattia.

Gesù, mite ed umile di cuore

noi vogliamo assaporare

la dolcezza e la leggerezza del tuo amore,

vogliamo lodarti,

con il cuore semplice dei bambini

come quando entrasti in Gerusalemme

in groppa ad un asino,

spoglio di ogni ornamento ed armamento

e fosti accolto dal popolo in festa.

Concedici o Signore

che possiamo essere noi pure

quell' umile cavalcatura

che ti portare ovunque,

per le nostre strade e città,

sempre più segnate

dalle tante miserie e povertà umane.

In questi luoghi della sofferenza e del dolore

è immediato ogni cristiano apprendimento

improntato a mitezza ed umiltà

della durezza e dell'orgoglio

dei nostri cuori di pietra. Amen