Omelia (17-05-2020)
mons. Roberto Brunelli
Per i cristiani c'è un solo comandamento

"Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi". Questa espressione, che si legge oggi nella seconda lettura (1Pietro 3,15-18), è bella, ma impegnativa: presuppone un'adesione lucida, ragionata e convinta alla fede.
E' quello di cui parla anche il vangelo odierno (Giovanni 14,15-21), tratto, come quello di domenica scorsa, dai discorsi di Gesù durante l'ultima cena. Il brano si apre con un perentorio richiamo: "Se mi amate, osserverete i miei comandamenti". I comandamenti cui qui allude non sono tanto i dieci del ben noto elenco, che Israele conosceva già; sono piuttosto quelli - che non smentiscono i dieci ma si collocano più su - dati da lui, con l'insegnamento e l'esempio; sono i comandamenti di cui lui stesso, in un'altra occasione, ha formulato la sintesi onnicomprensiva: "Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutte le forze, e amerai il prossimo tuo come te stesso".
Queste parole delineano il cuore di tutta la normativa cristiana; sono le due facce dell'unico precetto cui i cristiani sono tenuti, il precetto dell'amore, di cui i dieci comandamenti e tutte le altre regole di vita non sono se non specificazioni, applicazioni, esempi. Se amo Dio, certo non considero niente e nessuno più importante di lui, non bestemmio, gli rendo culto almeno con la messa festiva; se amo il prossimo, onoro il padre e la madre, non uccido nessuno, non commetto adulterio, non rubo, non danneggio altri dicendo falsità, e così via. Evitare il male è la misura minima dell'amore; il passo seguente sta nel fare il bene, tutto il bene possibile: come risposta al bene sommo che Dio per primo, mediante il suo Figlio, ha fatto e continua a fare a noi.
L'amore di cui parla Gesù non sta dunque in romantiche dichiarazioni, in belle parole, ma nei fatti. Ho sentito più volte dire frasi del tipo: "A messa no, non vado: c'è troppo chiasso, le chitarre, i bambini che frignano... Preferisco andare in chiesa quando non c'è nessuno, così mi concentro meglio". Ho visto alcuni commuoversi sino alle lacrime, guardando il film di Mel Gibson sulla Passione. C'è chi non è contento se non si è procurato, la domenica delle Palme, un ramo di ulivo benedetto. C'è chi fa collezione di santini, o tiene nel portafogli un'immagine di Sant'Antonio o di Padre Pio: e pensa con ciò di essere un buon cristiano. Ma il cristianesimo non è una religione sentimentale, una vaga effusione di sentimenti, mutevoli e infidi come tutti i sentimenti. Si è cristiani per una scelta ragionata, per una decisione che comporta ben definite conseguenze; l'amore per Colui che si è scelto si sostanzia di precise concretezze: "Osservate i miei comandamenti".
Lui stesso del resto l'aveva ricordato in altra occasione: "Non chi dice 'Signore, Signore' entrerà nel regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che sta nei cieli". E nella preghiera da lui insegnata ha incluso: "Padre nostro... Sia fatta la tua volontà"; una domanda che non posso riferire agli altri, esentando me stesso; è una domanda implicante un proposito e un impegno, se davvero considero Dio come il mio Padre, il quale mi ha amato per primo, ancor prima che nascessi.
"Se mi amate, osserverete i miei comandamenti". Nel dire così, Gesù sapeva bene di chiedere un impegno non facile. Per questo subito ha aggiunto: "Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore". Questa parola traduce quella greca che significa anche "avvocato difensore" o "sostegno e consigliere nelle difficoltà". Il Consolatore è lo Spirito Santo, donato col Battesimo e dopo d'allora continuamente elargito mediante gli altri sacramenti. La serietà della fede, la verità dei relativi atteggiamenti si misura dalla concretezza con cui si attinge a questo pozzo di grazia, che Gesù ha messo a disposizione di chi ha scelto di contraccambiare il suo amore.