Omelia (01-12-2002)
don Elio Dotto
Al di là della noia: se tu squarciassi il cielo

Capita certo a tutti di essere colpiti dalla noia. Ripetitiva è infatti la nostra vita; e soprattutto ripetitive sono le parole che sentiamo e diciamo ogni giorno. Accade così che davanti a questa monotonia quotidiana noi ci annoiamo, sentendoci estranei e lontani; ed accade pure che ci ritroviamo ad essere sempre in attesa di una qualche novità, di un qualche evento straordinario che ci risvegli dal torpore della noia, ridonandoci gioia e speranza.

Evagrio Pontico, un monaco del quarto secolo, ha descritto in modo efficace questo sentimento di noia che pervade la vita umana. L'occhio di chi è nella noia - leggiamo in una sua opera - guarda con insistenza alla finestra, il suo spirito immagina sempre visitatori. La porta scricchiola, subito egli balza in piedi. Ha sentito una voce, subito guarda alla finestra e non se ne allontana che per sedersi e sonnecchiare. Quando poi sta leggendo, sbadiglia abbondantemente e facilmente si lascia prendere dal sonno. Si stropiccia gli occhi, stira le membra, poi, levati gli occhi dal libro, guarda il muro; ricomincia per un po' a leggere; sfoglia il libro per vedere quando finisce; e in questo modo perde il suo tempo.

Così dice il monaco Evagrio Pontico, pensando alle sue lunghe ore passate nella cella del monastero. E così possiamo dire tutti noi, che spesso sentiamo la medesima noia nei confronti del luogo in cui ci troviamo, delle opere in cui siamo coinvolti e, addirittura, delle persone che ci stanno intorno. Perché davvero anche a noi la vita sembra, a volte, un inutile vagare, una perdita di tempo, un continuo dormiveglia; sembra così anche a noi, che da una parte facilmente ci lamentiamo del tempo fuggitivo e scarso, ma dall'altra ci ritroviamo sempre incapaci di dare un senso ed una pienezza al tempo che abbiamo.

Proprio qui, in questo sentimento di noia, nasce l'invocazione che caratterizza l'Avvento, quell'invocazione accorata che leggiamo nel profeta Isaia: Se tu squarciassi i cieli e scendessi! (Is 63,19: cfr la prima lettura di domenica). Come sarebbe bello: come sarebbe bello se accadesse qualcosa di davvero nuovo nella nostra vita; se finalmente qualcuno rompesse la monotonia dei giorni che passano; se fosse definitivamente bandito il torpore della noia che ci sfianca. Come sarebbe bello se il tempo riacquistasse senso e pienezza, se il lavoro ritrovasse fantasia e serenità, se riscoprissimo gli altri come fratelli da cui imparare. Come sarebbe bello. Se tu squarciassi i cieli e scendessi!

Appunto questa è l'invocazione dell'Avvento: invocazione più forte della noia quotidiana, invocazione che nel Signore Gesù diventa anche promessa. State attenti, vegliate - leggiamo nel Vangelo di domenica (Mc 13,33-37) - perch⁄ non sapete quando sarà il momento preciso. Come a dire: è sicuro che i cieli verranno squarciati, è sicuro che la noia verr√ vinta: perché Dio è fedele, e non viene meno alla sua promessa; tuttavia state attenti perché questo non accada all'improvviso, e vi colga di sorpresa, trovandovi addormentati, incapaci di accogliere quella novità che pure tanto avete invocato. State attenti, vegliate, perché non sapete quando sarà il momento preciso.

Stiamo dunque attenti: perché il momento preciso, il tempo atteso in cui Dio squarcia i cieli e ci viene incontro, può essere già domani: già domani possiamo scoprire la benedizione di Dio sulla nostra vita. Certo, lo spazio dei nostri giorni ci potrà apparire ancora angusto, e ci potrà assalire ancora la tentazione della noia. Ma tali pensieri non dovranno stupirci: tutte le situazioni sulla terra sono, in ultimo, anguste. Se però in queste situazioni sappiamo vedere Dio che squarcia il nostro cielo chiuso, allora niente ci potrà più opprimere.