Omelia (10-11-2002)
LaParrocchia.it
XXXII Domenica del Tempo Ordinario - A

Non vi è persona al mondo che possa sfuggire agli interrogativi che la vita stessa ci pone e che salgono dal profondo del nostro spirito: - da dove vengo? Verso dove sono incamminato? - quale senso ha la mia vita? - che cosa devo fare? Interrogativi tremendi. Solo la Parola di Dio e una fede incrollabile possono dare una risposta, possono dare una certa speranza che spera contro ogni disperazione. Penso a quei 26 bambini vittime di terremoto a San Giuliano di Puglia, vite innocenti, non riusciremo mai ad avere una risposta soddisfacente. Il disegno, il progetto di Dio chi può conoscerlo? È un mistero che a noi non è stato ancora rivelato.

Un giornalista ha chiesto al Vescovo di Termoli, dove era Dio in quel momento quando morivano questi bambini e il Vescovo ha risposto che probabilmente era con loro, e moriva anche lui con loro. A noi sembra assurdo che Dio può morire. Ma il nostro Dio è vuole condividere tutto con noi perfino la morte. E ci ha già fornito questa prova nella morte tremenda del Suo Figlio Gesù, che è morto per i nostri peccati e risorto per ridarci quella vita che non avrà mai fine.

I testi liturgici di oggi ci sono di grande aiuto per risolvere i grandi enigmi della vita umana. "Noi crediamo che Gesù è morto ed è risorto: così anche quelli che sono morti Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con Lui, e così saremo sempre col Signore. Confortatevi dunque a vicenda... e non continuate ad affliggervi come coloro che non hanno speranza" ( 1 lettera di S. Paolo ai Tessalonicesi).

Il cristiano è l'uomo della speranza in tutti i sensi, anche, anzi specialmente, in rapporto al termine della sua vita terrena. Il cristiano è l'uomo che spera in una vita futura, ultra terrena, nella vita eterna.

La speranza cristiana non è semplice probabilità: è certezza in se stessa, perché si fonda sulla Parola di Dio, che non mente. Tutto il vangelo è annuncio di un al di là che ci attende; noi siamo certi, dunque, che c'è una vita futura, che possiamo conseguirla con l'aiuto di Dio.

L'unico motivo d'incertezza e di timore è da parte nostra: sappiamo davvero vivere uniti a Cristo? Mantenere fervida la nostra fede? Generoso il nostro amore? Vivere in grazia?

Il Vangelo odierno con la parabola delle vergini è molto illuminante al riguardo. Impariamo che la vita, alla luce della fede: - è un'attesa, ma non nel senso di aspettare che il tempo passi e basta; nel senso di tensione verso qualcosa, "essere protesi" verso qualcuno. L'attesa suppone il desiderio: della cosa o della persona amata. Le vergini della parabola, attendono lo Sposo, che rappresenta Cristo, mentre le vergini rappresentano le nostre anime. La vita cristiana, dunque, è un'attesa, carica di desiderio, della venuta di Cristo: "ha sete di te, Signore, l'anima mia" recita il salmo responsoriale.

- La vita alla luce della Parola di Dio e della fede - oltre che attesa è vigilanza. Un'attesa vigilante che vuol dire non lasciarsi prendere dal torpore, dalla sonnolenza, dall'inerzia, ma essere sempre pronti, svegli e attenti alla venuta del Signore.

- La vita alla luce della fede è operosità. Non basta avere la lampada in mano, ma bisogna che la lampada sia accesa. Non basta avere fede, bisogna che sia via, cioè accompagnata dalle opere compiute in conformità al volere di Dio. Lampada accesa è la fede che si fa attiva e operante principalmente attraverso l'amore; l'amore verso Dio e soprattutto verso il prossimo.

Ora la sapienza divina, quale ci viene rivelata da Cristo, c'insegna che la vita è un dono di Dio, non un caso; è un cammino verso l'eternità e va vissuta intensamente, va spesa tutta in opere di bene.

Bisogna consumarsi per le cose che valgono, le cose belle, alte, pure, autentiche. Bisogna consumare tempo, pensieri, immaginazione e sopratutto molto amore portando nel cuore come l'eco di un grido che viene dal futuro: "Ecco lo sposo: andategli incontro". Un giorno avverrà anche per noi quello che è avvenuto all'alba di una Pasqua lontana quando una donna si sentì chiamare per nome: "Maria!"

Se il nostro amore si sarà consumato nell'attesa per fare della nostra esistenza un'immagine di luminosa bellezza, ci sentiremo riconosciuti, chiamati per nome e accolti nella festa di un incontro a lungo e intensamente atteso. È così sia.