Omelia (28-11-2004)
mons. Antonio Riboldi
Vieni, Signore Gesù

Oggi, prima domenica di Avvento, la Chiesa invita a prepararci alla nascita del Figlio di Dio, tra di noi, ossia al Santo Natale. Il mondo comincia con il suo chiassoso mercato di "follie di regali", che sono un poco di fumo, destinato a volte ad oscurare la vera bellezza del Santo Natale. Ma il mercato ha le sue leggi, che poco hanno a che fare con le vere aspirazioni dei cuori. Interessa il profitto e non la pace di Gesù.
L'Avvento ci riporta al cammino della incredibile storia di amore e rifiuto tra Dio e l'uomo: una storia iniziata nella creazione e che terminerà con la fine del mondo.
Ricordate il racconto della Genesi?
"Dio creò l'uomo a sua immagine e somiglianza e gli donò il Suo Spirito". Uomo, quindi, uscito dal cuore del Padre, per la sola ragione di essere con Lui felice per sempre, partecipando alla sua santità e gioia. La vita, un vero paradiso.
Ci pensò il demonio, il padre della superbia e quindi del rifiuto, a rovinare il bello della nostra creazione. Fece balenare la possibilità di essere "come Dio", un "altro Dio".
Si lasciarono ingannare, attratti dalla superbia, e quando si aprirono gli occhi sulla verità, si accorsero di essere "nudi", ossia creature che avevano perso tutto, rifiutando l'amore di Dio. E così furono cacciati dal paradiso, destinati a quella solitudine, che è la grande sofferenza che tutti conosciamo. Avendo rinunciato all'amore del Padre, ci troviamo in balia dell'egoismo, che genera tutti i mali, che sono la grande tragedia del mondo e degli uomini di tutti i tempi.
Come il figlio prodigo, della parabola evangelica, dopo avere consumato "la parte che ci siamo presi con l'abbandono della Casa paterna", sempre, alla fine, ci si trova a cuore vuoto: affamati, abbandonati, contendendoci "le carrube destinate ai porci".
Fa sempre impressione, leggendo la Bibbia, quel "sentirsi nudi", privati di tutto, per avere creduto di fare a meno di Dio. Con quella nudità dentro l'anima, che è vivere senza Padre, la vita non è più vita. Forse era meglio non conoscerla neppure...per non soffrire il vuoto che può contenere!
Canta il Salmo 8, volendo il salmista esprimere la sua meraviglia di fronte alla bellezza che siamo, e potremmo essere, con Dio: "Signore, chi è mai l'uomo, perché tu ti prenda cura di lui?" Così come ci riempie di amarezza la percezione di Arrigo Levi, dopo l'esperienza dei campi di sterminio: "Ma che uomo è mai questo?"
E' una sensazione che ci viene spontanea, assistendo al male che ogni giorno compie l'uomo, in mille diaboliche maniere, indifferente all'inferno che si crea attorno. Ma è la stessa Bibbia che ci conforta: nel momento in cui l'uomo consuma il suo rifiuto, si fa avanti un Padre che non rinuncia al figlio e lo cerca.
E' impressionante, stupendo, degno dell'amore infinito del Padre, questa ricerca che Lui fa di ognuno di noi, sempre: instancabile, commovente, come è descritto nella parabola del figlio prodigo. "Il Padre, che era sulla porta di casa, commosso, corse incontro al figlio che tornava, gli mise le braccia al collo, lo baciò e disse: "facciamo festa, perché questo figlio era morto ed è tornato in vita".
L'Avvento altro non è che Dio che vuole farsi vicino a noi, in continua ricerca, fino a nascere e vivere con noi. Incredibile amore, che non si riesce a capire come possa essere rifiutato. Lui, con la delicatezza dell'amore, rispettoso della libertà donataci, si fa così accanto, oggi, da non toglierci mai lo sguardo di dosso, anche se noi continuiamo a farci prendere dal chiasso del mondo, che impedisce il respiro dell'amore, che non fa rumore, ma che è capace di illuminare l'anima; come si illuminò la notte a Betlemme con il canto degli Angeli.
Viene spontanea la riflessione di Paolo VI: "Ma noi Lo desideriamo Dio? Abbiamo sete di Lui? Il nostro cuore invoca: dove sei? come ti riveli? vuoi tu parlarmi, o Signore? Preghiamo? se non preghiamo, il Signore può ascoltare chi non lo invoca? Talvolta è accaduto, ma come evento singolare. Il Signore fa ciò che vuole. Potrebbe folgorarci come fece con S. Paolo sulla via di Damasco; Paolo che, non solo non lo cercava, ma intendeva opporsi ai suoi disegni. E' necessario che l'anima vegli, desideri, persista nella fiducia, e divenga degna di accogliere, ospite atteso, il misterioso Pellegrino che va in cerca di ognuno di noi. Forse Egli è vicino, già sulle soglie della nostra anima: tocca a noi compiere l'atto volenteroso ed esclamare: "Vieni o Signore Gesù" (discorso 13.12.1961).
Ci sono tanti segni positivi di risveglio religioso dei nostri tempi, come se l'uomo abbia compreso che il solo Paradiso è quello offerto da Dio e non quello che offre satana nel mondo.
Risuonano come invito a noi a uscire dalla paura di farsi amare da Dio e lasciare alle spalle le ombre della morte, le parole di Paolo, oggi: "Fratelli, è oramai tempo di svegliarvi dal sonno, perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne con i suoi desideri" (Rom. 13,11-14).
Ed io voglio esprimere la mia riconoscenza e gioia per tutto quello che ho potuto 'vedere' di bene in tanti di voi, che mi tenete compagnia nella riflessione e nella preghiera. Posso dire di avere fatto un bel cammino con voi, incontro al Signore...e tanti di voi hanno veramente potuto toccare con mano la bellezza di un Padre in continua ricerca di noi. E' la gioia della vita: una gioia davanti a cui le evanescenti soddisfazioni diventano nulla.
Ringrazio il Signore per questo e ringrazio voi della fiducia ed amicizia. Con voi voglio restare in questa 'attesa di Dio, che si fa vicino a noi, cercandoci con l'amore ineffabile di Padre, ascoltando le parole di Gesù di oggi: "Siate pronti, perché nell'ora che non immaginate, il Figlio dell'uomo verrà. Facciamo posto al silenzio ed alla preghiera, per sentire il delicato respiro di amore del Padre, che ci dice: "Ti amo...faccio festa con te".
E con voi prego: "Credo in un Dio che non si nasconde dietro ad un mistero, che non seduce con un miracolo, che non mi opprime con la sua autorità. Credo in un Dio che non mi chiede di rinunciare alla mia libertà, ma che mi pone di fronte alla scelta del bene o del male; che non accetta compromessi, ma che benedice la follia di chi Lo segue.
Credo in un Dio che non fa della sua potenza persuasione, che non rimette le cose a posto dall'alto, che non esercita la giustizia degli uomini. Credo in un Dio che si lascia tradire, che al mio 'no' risponde con un bacio silenzioso e credo in un Dio sconfitto, crocifisso e poi Risorto.
Credo in un Dio che non ho inventato io, che non soddisfa i miei bisogni, che non dice e non fa quello che voglio io: un Dio scomodo che non si può né vendere, né comperare.
Credo in un Dio vero, che si fa uomo, amico, fratello della mia umanità, che si fa piccolo, debole, indifeso, perché non debba salire troppo in alto per poterLo incontrare.
Credo in un Dio che a volte gioca a nascondino, perché possa scoprirlo nel cuore di ogni uomo. Credo in un Dio che si fa vicino, che mi viene incontro e mi dice: "Ti amo", un Dio che si può solo amare. (Ester Abattista).