Omelia (21-12-2014)
mons. Roberto Brunelli
Il Natale significa riflettere sulla libertà

La prima lettura cita la promessa fatta a Davide, che il suo regno non avrebbe avuto fine: promessa adempiuta con Gesù, discendente di Davide e Re per sempre. Nel tempo di Avvento, che precede la celebrazione del Natale, la liturgia richiama questo e i tanti altri eventi che hanno preparato l'ingresso del Figlio di Dio nel mondo.
Ma, tra tutti, l'attenzione dei fedeli è invitata a concentrarsi soprattutto su due figure. Una è Giovanni Battista, incontrato come protagonista dei vangeli delle due precedenti domeniche; l'altra è Maria, celebrata nella solennità dell'8 dicembre e riproposta oggi, attraverso il racconto dell'annunciazione (Luca 1,26-38). E' questa una delle pagine più dense dei vangeli, oggetto di ponderosi studi e commenti, ispiratrice di innumerevoli opere d'arte e, magari senza saperlo, citata di continuo: sono prese infatti da qui le prime parole della preghiera più ricorrente, l'"Ave Maria".
Scrive l'evangelista: "In quel tempo, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: ?Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te... Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande... il suo regno non avrà fine... Lo Spirito Santo scenderà su di te... Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio... Nulla è impossibile a Dio'. Allora Maria disse: ?Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola'".
La pagina appena condensata si legge oggi, ultima domenica prima del Natale, perché riferisce l'antefatto più diretto della nascita di Gesù: il suo concepimento, nel grembo di una vergine che tale continua a restare, perché quello che avviene in lei non è opera d'uomo. Da secoli e secoli Dio aveva manifestato la sua intenzione di intervenire beneficamente nella storia degli uomini, per redimerli dalla misera condizione di peccatori; ma nessuno neppure immaginava che l'avrebbe fatto addirittura diventando uno di noi. Se poi si pensa che questo prevedeva già la croce, cioè il totale dono di sé da parte del Figlio di Dio fattosi uomo, si rimane senza parole di fronte a tanta degnazione; quasi si tocca con mano la misura infinita dell'amore divino di cui gli uomini sono oggetto.
In questo quadro sublime si colloca in posizione preminente la figura di Maria, la "piena di grazia": per nessun altro la Bibbia usa questa espressione, che manifesta un amore di predilezione senza pari e un progetto che la coinvolge, assegnandole un ruolo unico e predisponendola a svolgerlo. Eppure, Dio non lo realizza senza la sua collaborazione: se Maria è obiettivamente importante perché da lei il Figlio di Dio ha preso la natura umana, è ancor più importante perché Dio l'ha fatto non obbligandola; per incarnarsi in lei ha chiesto il suo assenso, ed ella l'ha liberamente dato ("Sono la serva del Signore, avvenga quello che egli vuole"). Non è un caso: è l'abituale modo di procedere di Dio nel salvare gli uomini. Egli non costringe mai nessuno ad accogliere il suo dono; propone, invita, ma rispetta sempre la loro libertà, anche quella di rifiutarlo. Sta qui la drammatica grandezza dell'uomo: tanto caro a Dio, da indurlo a scendere al suo livello e donare la vita per lui, eppure libero di rifiutarla. Torna alla mente la parabola del figlio prodigo, con quel padre, figura di Dio, che pur con dolore rispetta la volontà del figlio minore di andarsene lontano da lui, né costringe il maggiore a restare; e con infinita pazienza e speranza tiene sempre aperta la casa per riaccogliere chi non ha apprezzato il suo amore. Celebrare il Natale significa riflettere sulla nostra libertà e sull'uso che ne abbiamo fatto; significa comprendere quanto Dio ci ami, e quanto sia appagante vivere con lui.