Omelia (16-11-2014)
padre Gian Franco Scarpitta
Chi ha talenti ha opportunità

Dopo San Francesco di Paola, il calabrese Nicola Saggio sarà il secondo Santo dell'Ordine dei Minimi ad essere canonizzato il prossimo 23 Novembre. Finalmente si riconosce ufficialmente la virtù eroica di un semplice Frate Oblato del 1600 che ha vissuto nel silenzio e nel nascondimento, fuggendo il plauso degli uomini e dedicandosi con zelo e abnegazione a servizi umilissimi quali il lavorare di zappa, la cura della dispensa conventuale, la stalla, la cucina e la portineria. Tale era infatti San Nicola Saggio: un semplice frate di convento che dava tutto se stesso al Signore nel servizio delle umili mansioni svolte per i confratelli; di un uomo semplice e dimesso che, semplicemente stando seduto alla portineria di un convento, aveva occasione di servire gli altri frati e di donarsi anche ai poveri nella distribuzione quotidiana dei viveri e della minestra. Il tutto senza mai ottenere né pretendere apprezzamenti o riconoscimenti, e a volte subendo anche l'umiliazione di immeritati biasimi e rimproveri. Si tratta di uno di quei tanti uomini dei quali si apprezzano virtù e carismi soltanto abbondantemente dopo il trapasso, dei quali la storia si ricorda con eccessivo ritardo e che non di rado vengono anche gettati nel dimenticaio, ma le cui virtù e le cui grandi prerogative fortunatamente il Signore ha sempre elogiato e premiato. Semplicemente perché hanno dato il meglio di se stessi nelle piccole occasioni e nelle circostanze quotidiane, sfruttando al meglio semplicemente le proprie capacità, inclinazioni e prerogative. Insomma i propri talenti e le proprie qualità.
"Signore, non ti chiedo opportunità pari alla mia abilità; piuttosto concedimi un'abilità pari alle mie opportunità". Così recita una preghiera di cui sono rimasto affascinato, che invita a considerare come l'intero corso della vita sia pieno di opportunità che spesso ignoriamo e che possono essere invece prese al volo e delle quali è possibile approfittare. Basta guardarsi attorno e riconoscere che tutto ciò che ci circonda, anche nelle piccole occasioni, costituisce un'opportunità e che la realizzazione e la felicità in fin dei conti risiedono in noi stessi. Difficilmente potremo fare del nostro meglio se continuiamo a trascurare i piccoli particolari di positività che ci caratterizzano solo perché intenti ad invidiare le presunte "grandezze" o i fantomatici "privilegi" che hanno gli altri. Occorre che valorizziamo noi stessi, il posto che occupiamo, le occasioni che ci si presentano, anche minime apparentemente insignificanti, appunto le opportunità che noi dovremmo procacciarci attorno a noi senza attendere che siano esse a caderci fra le braccia.
E fa le grandi opportunità vi sono anche i nostri talenti, cioè le prerogative lodevoli che ci ritroviamo e di cui molto spesso non facciamo caso; i pregi e le qualità in positivo che trascuriamo di esercitare e di mettere a disposizione degli altri per il semplice motivo che aspiriamo alle qualità che non ci appartengono, aspiriamo a talenti e a prerogative che non ci competono...
Nessuno di noi è prodotto del caso o della fatalità. Ciascuno piuttosto possiede dei doni e delle risorse che lo differenziano da tutti gli altri e dispone di qualità e di talenti che lo rendono unico e irripetibile. Basterebbe sfruttarli e moltiplicarli per comprendere come siano solamente questi a conseguirci la vera felicità e la realizzazione: mettere a frutto ciascuno il nostro potenziale senza invidiare quello degli altri è garanzia di successo personale e di affermazione, perché aiuta a che noi diamo agli altri il meglio di noi stessi, riscoprendo così la nostra vera utilità e il motivo fondamentale della gioia. La parabola odierna del resto ci suggerisce non soltanto che ciascuno dispone di risorse e di possibilità uniche e irripetibili, ma che codeste risorse ci sono state infuse da Dio in modo equo e proporzionato, secondo le competenze e le possibilità di ciascuno. Come si suol dire: "Dio manda il freddo secondo i panni"; o meglio Dio concede secondo l'indole e la capacità di ciascuno. Se si presta attenzione alla parabola in esame, infatti, ci si renderà conto che ad ogni servo viene elargito un talento in relazione alle proprie dimestichezze commerciali e alle abilità di gestione; cosicché all'ultimo servo viene consegnato un solo talento e non gli si chiede necessariamente di imitare la valenza dei propri compagni: è sufficiente che agisca in base all'entità del talento avuto in dotazione e secondo le sue limitate capacità di sfruttamento e di impiego. Gli si chiede insomma, a differenza che a tutti gli altri, che abbia solamente la buona volontà di consegnare il prezioso in banca. Il padrone non avrebbe infatti ottenuto una somma grandiosa, ma avrebbe comunque guadagnato sugli interessi. Come delinea per inciso anche la prima lettura di oggi, si può essere graditi a Dio semplicemente nell'abnegazione di una buona madre p di una buona consorte, che edifica i propri figli con il solo atteggiamento di servizio e di sottomissione.
Ciò che tante volte ci distoglie dall'aspirare alla comune vocazione alla santità è semplicemente identificabile nell'ignavia, nell'apatia e nella pigrizia, visto che è possibile riscontrare tantissime opportunità di successo nell'immediatezza delle cose semplici e soprattutto all'interno di noi stessi, nelle nostre sole risorse e capacità che trascuriamo di sfruttare.
Chi di noi è incline all'apostolato missionario, chi alla vita intellettuale, chi alle faccende pratiche.. Chi è votato per un servizio, chi per un altro; chi da il meglio di se stesso nella preghiera, chi nell'animazione o in altro ancora, tutti quanti disponiamo di talenti preziosi per l'intera comunità, venendo a mancare i quali anche l'intero sistema verrebbe ad essere lacunoso. Forse non ci rendiamo sempre conto della preziosità del talento che ciascuno di noi possiede e di quanto sia urgente per tutti che esso venga sfruttato.