Omelia (20-07-2014)
padre Gian Franco Scarpitta
La stessa pazienza di Dio

La trascendenza di Dio coincide con la misericordia e con la vocazione alla vita. Questo è il tema del cap. 12 del libro della Sapienza da cui è tratta la prima lettura. Dio è Assoluto e Onnipotente ma proprio questo non gli impedisce di usare benevolenza soprattutto verso i peccatori, mostrando pazienza per il male che imperversa nel mondo. Il capitolo suddetto infatti si inserisce in un contesto più ampio: Dio ha punito i Cananei per i loro peccati, l'idolatria e la malvagità, allo stesso modo in cui aveva punito gli Egiziani per la loro ostinata avversione verso gli Israeliti. In tutto questo vi è una fondamentale pedagogia divina: il Signore non interviene con emendamenti distruttivi, né per mezzo di calamità o di atti sconvolgenti, ma anche nell'impartire la punizione tende ad usare misericordia, perché piuttosto che annientare desidera chiamare i peccatori alla vita. Egli vuole convertire anziché sopprimere. Dio vuole fare giustizia, ma non vendicarsi. Prende le distanze dal male che ha in abominio, ma proprio per questo vuole eliminare il male fin nella profondità dell'animo umano e la stessa giustizia, anche se rivendica l'equità e il diritto, richiede l'amore e la comprensione verso chi sbaglia.. Avrebbe potuto anche sterminare il mondo, avrebbe potuto porre fine a tutte le aberrazioni umane semplicemente annientandoci e ricostruendo l'umanità ex novo, ma preferisce usare pazienza e misericordia affinché ci si arrenda al suo amore corrispondendo alla vita anziché alla morte.
E' abbastanza ovvio che un simile atteggiamento non collima affatto con le congetture umane di giustizia ed è assolutamente distante dalla nostra comune tendenza ad operare verso i reprobi e i delinquenti. Ma sempre il libro della Sapienza ci ragguaglia del fatto che Dio è amore e tutto nell'amore ha posto in essere. Non avrebbe neppure creato nulla di ciò che esiste se non lo avesse amato fin dall'inizio e di conseguenza non può volere la fine di ogni cosa né tantomeno dell'uomo, seppure questi a più riprese assuma atteggiamento ostile e aberrante.
E questo, sebbene sia difficile da accettare a parte nostra, offre una spiegazione al fenomeno del male nel mondo nonostante la presenza di un Dio buono e provvidente: non che Dio approvi malvagità, odio, cattiveria, violenza, guerra e sopraffazione; non che si diverta a vedere soffrire gli innocenti o soccombere i poveri e gli afflitti. Di fronte a tutto il male che scaturisce dalla perversione umana Dio prende le distanze e si mostra ostile e refrattario, rivendicando la giustizia e il diritto e atteggiandosi in tal senso soprattutto a vantaggio dei deboli e degli indifesi. Tuttavia appunto perché egli è Amore e Bontà infinita, mira ad eliminare il male fino in fondo, estirpandolo anche dal cuore degli ingiusti e pertanto si adopera per la redenzione dei peccatori piuttosto che per il loro sterminio. Mostra così pazienza e sollecitudine affinché i peccatori si convertano, gli uomini concepiscano nuovi criteri di convivenza, si affermino nuove impostazioni di vita in modo tale che il male si estingua definitivamente dal mondo. Dio avrebbe potuto anche scendere dalla croce e appendervi anche tutti i suoi nemici e oppressori, ma ha preferito egli stesso subire le torture e le ingiuste invettive per dare modo all'uomo di comprendere come la vendetta, l'odio e la malizia non sono adeguati strumenti di ristabilimento pacifico. E in ogni caso c'è un procedere libero e certo in Dio per cui possiamo credere e sperare che la giustizia alla fine trionferà e che il male è destinato ad essere annientato definitivamente sia al presente sia al momento finale. Certamente occorre anche accettare che i tempi divini non sono i nostri tempi.
E in ogni caso, come afferma San Tommaso, Dio è "innocente" del male nel mondo. Piuttosto "la morte è entrata nel mondo per invidia del maligno" e noi ne facciamo esperienza nei singoli atti di cattiveria e di nequizia operati dall'uomo, dal libero fraintendimento del valore della libertà umana e dall'ostinazione ad usufruire illecitamente di questa libertà. Insomma il male si evince non dal volere di Dio ma dal volere dell'uomo di vivere lontano da Dio. E in tutto questo c'è la manodopera del "serpente antico", l'avversario che noi chiamiamo il diavolo(Ap 12, 12 - 17). Il dramma della zizzania seminata accanto al grano descrive l'inevitabile realtà del Regno di Dio che sgomita continuamente con la malvagità latente causata dalla "zizzania" disseminata dal maligno sul nostro terreno.
Anche se potrebbe rischiare di farci deviare dal nostro discorso, mi si permetta una breve riflessione: mentre noi lamentiamo il serpeggiare della "zizzania dai grossi granelli" quale quella della violenza e della guerra nel mondo, non ci accorgiamo che è altrettanto dannosa (se non di più) la zizzania "dai granelli piccoli" di cui noi stessi tante volte ci facciamo apportatori nei nostri ambienti. Insinuazioni, maldicenze, pettegolezzi, ingiurie e aberranti atteggiamenti che non di rado tendono a destabilizzare la nostra convivenza non possono che essere identificate con la zizzania sparsa proprio dal Demonio che mira ad accrescere le ostilità e le tensioni, per creare contrasti e divisioni in un gruppo, in una singola famiglia e nell'intera società. Il riferire ad altri fatti storpiati, il farsi propagatori di invenzioni e di falsità, di pregiudizi in modo da togliere credibilità agli altri, ci rendono non di rado inconsapevoli strumenti del Maligno poiché creano malintesi e per ciò stesso malignità, sospetto e reciproca tensione. Come potremmo pretendere serenità intorno a noi, quando i fautori delle divisioni siamo noi stessi? E' anche grossa sfacciataggine pretendere da Dio l'eliminazione del male globale dalla terra quando il medesimo male comincia proprio dalle nostre perverse iniziative? Secondo quanto hanno affermato alcuni esorcisti, il diavolo, come sempre astutissimo, fa in modo che noi crediamo che esista solamente nelle possessioni straordinarie, per poter agire indisturbato laddove è molto più pericoloso. Cioè nel terreno delle nostre relazioni quotidiane.
Fin quando tuttavia non giungeremo all'apice della nostra storia terrena la realtà del Male sarà nostra compagna di viaggio perché la zizzania seminata per ogni dove dal maligno si troverà ad interagire con il grano nell'intera storia dell'umanità e il male e il bene saranno sempre il teatro di un duro contrasto. Dio ha lasciato che egli continuasse a seminare la sua zizzania di odio, di violenza e di cattiveria nel mondo, perché noi si possa esercitare la virtù della perseveranza e della costanza nella prova e perché possiamo guadagnare il premio proporzionato alla fedeltà che avremo mostrato verso Colui che all'origine aveva inteso solamente introdurre nel mondo il solo grano puro e incontaminato. Ci resta tuttavia la speranza che nel tempo in avvenire, nel giorno che solo a Dio Padre è dato di sapere, la lotta contro il nemico giungerà ad un epilogo assolutamente felice per chi avrà perseverato nel bene, il Regno di Dio trionferà definitivamente su tutto e la zizzania verrà bruciata per sempre in fuoco inestinguibile. Una recente canzone di Paoli dice: "Resta solo la speranza, ma ci vuol santa pazienza. La speranza che la storia cambierà."
La nostra speranza si dipana dalla fede, la quale ci invita a lavorare con coraggio per la trasformazione della storia e ci introduce nel mistero della vittoria finale del Regno. Esso avverrà certo in un momento preciso della storia poiché Dio è sempre fautore di giustizia e di equità e lo sguardo su di lui non va distolto. Ma la vera speranza si adempirà nel compimento definito della storia, quando il Signore darà a ciascuno secondo i suoi meriti. Nel frattempo occorre perseverare con fiducia e con pazienza, confidando in un Dio che comunque è misericordia e accordando che egli intanto attende il ritorno dei peccatori.