Omelia (16-01-2012)
Paolo Curtaz
Commento su Marco 2,18-22

Gesù non è venuto a rattoppare una visione religiosa in difficoltà, non è venuto a mettere una pezza sullo strappo creato dall'intransigenza dei farisei e dei dottori della legge con il popolo, da essi guardato con disprezzo, ma a riformulare un modo nuovo di stare con Dio, attingendo alla più autentica fede ebraica. La miriade di precetti che avevano finito con l'ingabbiare l'originaria alleanza fra Dio e il suo popolo cedono il passo al primigenio e fondante comandamento dell'amore che imita l'amore di Cristo e che da lui attinge per amare se stessi e il prossimo. Il rapporto con Dio non è più fondato sul timore ma sull'amore sponsale: Gesù è lo sposo. Le norme, i precetti, le tradizioni religiose, allora, acquistano profondità e senso solo se ricondotte all'amore sponsale. Le pratiche devozionali non vengono eliminate ma ricomprese e riformulate. Il digiuno che serve a ricordarci cosa è essenziale, che manifesta la nostra ricerca interiore non è più un merito agli occhi di Dio, ma il lamento della sposa che ha nostalgia dello sposo. Continuamente, anche nella Chiesa, dobbiamo capire il senso di ciò che facciamo e riportarlo all'essenziale.