Omelia (13-01-2013)
don Marco Pedron
Come te nessun altro

Il vangelo di oggi ci presenta il Battesimo di Gesù. Gesù certamente è stato battezzato dal Battista. Per i primi cristiani questo era un episodio imbarazzante e scomodo ma innegabile. Se avessero potuto toglierlo lo avrebbero fatto volentieri; è che era così (la realtà)! Tanto è vero che i vangeli, ognuno a modo suo, cercano di addolcire l'episodio (Gv neppure lo riporta). Le domande problematiche erano molte: "Ma Gesù è inferiore al Battista (visto che si è fatto battezzare)? Gesù ha peccato (visto che è andato come tutti i peccatori a farsi battezzare)?".
Gesù si è fatto battezzare ma non ha mai battezzato. E lo stesso Gv 4,1-2 lo sottolinea. Quando Gesù sente che i farisei dicono che lui battezza e fa più discepoli del Battista, l'evangelista dice testualmente: "Sebbene non fosse Gesù in persona che battezzasse ma i suoi discepoli". Questo vuol dire che il battesimo, come battesimo, perderà poi di rilevanza in Gesù. Per Gesù non sarà importante battezzare ma il perdono, la guarigione e la Buona Novella.
Quindi non è tanto importante il gesto ma il senso del gesto.

Se guardiamo i vangeli, infatti, troviamo che prima di questo gesto non sappiamo niente di Gesù e che dopo il battesimo Gesù inizia la sua attività pubblica e fa e dice ciò che doveva dire e fare.
Il Battesimo è il punto di svolta della vita di Gesù: dopo non sarà più come prima.
Gesù aveva aderito al progetto del Battista: "Dio viene, fatevi battezzare come segno del vostro cambio di vita". E anche lui va a farsi battezzare. Gesù appoggia e sostiene il suo maestro, il Battista.
Ma poi Gesù sperimenta (la voce di questo vangelo) qualcosa di unico: Dio non è come dice il Battista. Dio è amore. Dio non vuole "qualcosa" per darti amore (sia esso sacrifici, battesimo, penitenza, ricambio, purità, ecc.). Dio ti ama... e basta. Anzi, Dio ti rincorre per amarti.
E' questa esperienza che lo distacca dal Battista: di Dio non c'è motivo di aver paura. E Gesù andrà per la sua strada. Sarà un Dio totalmente diverso da quello del maestro.
A questo punto Gesù lascia il progetto del Battista perché adesso ha chiaramente il suo: portare a tutti quest'amore che lui stesso ha "toccato, vissuto, sentito" e sperimentato. E non farà nient'altro che questo per tutta la sua vita.
Dio è un'esperienza, un incontro: questo si chiama il battesimo di fuoco. E' qualcosa che ti entra dentro, che ti penetra nella pelle, nelle viscere, nell'anima e da cui non puoi più liberarti. Perché quando lo hai incontrato non puoi davvero più vivere senza di Lui. Come Gesù, dobbiamo tornare a far fare alle persone "esperienza" di Dio: ti deve entrare dentro, sconvolgerti, farti innamorare, inebriare, far "perdere la testa". Allora saprai chi è.
Un uomo parla ad un matto della sua fede e di Dio. Ad un certo punto gli chiede: "Che cos'è, per te, Dio?". E il matto: "Quella cosa che mi ha fatto diventare così!".

Nell'esperienza che il vangelo riporta ci sono vari simboli. 1. I cieli si aprono. 2. Lo Spirito in apparenza corporea, come di colomba. 3. La voce.

La prima immagine: "Il cielo si aprì" (Lc 3,21). Ma il verbo (anoignimi) non è esattamente aprirsi (lo si vede meglio in Mc 1,11: schizo) ma svelare (quindi qualcosa di nascosto) aprire ciò che è chiuso a chiave.
Uno potrebbe dire: "Ma va beh, è la stessa cosa!". E, invece, no! Innanzitutto perché Lc vuole fare un chiaro riferimento a Is 63,19: "Se tu squarciassi i cieli e discendessi" (e adesso proprio accade!), ma poi perché una cosa che si può aprire poi si può anche richiudere. Ma una cosa che è lacerata o squarciata non si chiude più, non si ricompone più.
Cosa credevano a quel tempo, al tempo di Gesù? Credevano così: "Il Signore si è indignato per i peccati del nostro popolo e ha sigillato la sua dimora (i cieli sono la dimora di Dio)". Cosa vuol dire quindi tutto questo? Che Dio non comunica più con il suo popolo.
Ma adesso con Gesù, i cieli si aprono e non si chiuderanno mai più. Sono aperti per sempre. Dio ha smesso di offendersi o di ritirarsi per i nostri peccati; non fa l'offeso o l'arrabbiato perché noi siamo sempre gli stessi e non cambiamo mai. Lui rimane in attesa e in comunicazione e in dono d'amore con noi. Sempre.
In Lc 23,45 si dice che "il velo del tempo si squarciò nel mezzo". Nel tempio c'era una porta con un velo enorme, lungo 25 metri che copriva una stanza vuota dove non c'era niente. In questa stanza vuota, una volta l'anno, entrava il sommo sacerdote per pronunziare il nome impronunciabile, il nome di Dio. In quella stanza, si credeva, c'era la gloria di Dio, la Sua presenza. Era un Dio nascosto, velato.
Gesù adesso rivela, fa vedere chi è Dio: Dio è amore. Dio è esclusivamente buono e vuole comunicare con gli uomini. Il Dio della religione dice: "Hai ucciso: meriti di morire! Hai peccato: non meriti Dio! Hai fatto un errore grosso: ritieniti indegno e peccatore! Hai tradito la sua fedeltà: sei fuori!". Il Dio di Gesù dice: "Io sono l'amore. Sono qui per amarti. Io non sono qui per giudicarti ma per amarti. Il mio compito è solo questo. Puoi permetterlo? Puoi accettarlo?". Gv 3,17 dirà: "Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui".

Poi il vangelo ci presenta una seconda immagine: "E scese su di lui lo Spirito Santo in apparenza corporea, come di colomba" (Lc 3,22).
Qui lo Spirito (pneuma) scende su Gesù. Alla fine del vangelo Gesù dirà: ""Padre nelle tue mani consegno il mio spirito (pneuma)". Detto questo emise lo Spirito (ek-pneuma)" (Lc 23,46). Allora: lo Spirito qui scende su Gesù e sta per tutta la sua vita. In croce Gesù riconsegna lo Spirito al Padre.
Gesù nei vangeli non muore: certo che è morto!; ma i vangeli mostrano che "emette" lo Spirito e mai dicono che Gesù morì. Tanto è vero che il verbo spirare, che per noi vuol dire anche morire, prima di Gesù non indicava mai la morte di una persona.
Il suo riconsegnarlo è un e-metterlo: da lui passa a noi. Cioè: la sua capacità d'amare passa, è comunicata, da lui a noi.
Ma dov'è che ritroviamo lo Spirito nella Bibbia? All'inizio della Bibbia, in Gen 1,2 si dice che "lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque". Nella creazione l'uomo scende sulla terra (è creato) e nascono così la vita e la morte terrena. Adesso l'uomo, in Gesù, nel suo spirito, ritorna a Dio: la vita e la morte finiscono.
Cioè: in Gesù tu sei divino, tu sei eterno, tu sei senza fine. Con il primo principio della termodinamica potremo dire: "Tu ti trasformi ma rimani per sempre". E passi dalla vita terrena alla vita divina. Nulla si perde; nulla è perso; tutto il bene e l'amore rimangono. L'amore, se è amore, rimane per sempre. La gioia, il bene, la compassione, la tenerezza, l'aiuto, la gratuità, la condivisione vera, la fratellanza, l'amicizia, il sostegno, ecc.: nulla di tutto questo andrà perso. Mai.
E perché come colomba? C'era un proverbio al tempo di Gesù: "Come amor di colomba al suo nido", per dire l'attaccamento proverbiale della colomba al suo nido. In Gesù allora lo Spirito scende e, come la colomba, rimane attaccato per sempre. Gesù è la dimora perpetua, perenne, dello spirito, della forza di Dio.

Poi il vangelo ci presenta la terza immagine, la voce: "Vi fu una voce dal cielo: "Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto"" (Lc 3,22).
La "voce" (phoné) dove la ritroviamo in Lc? La ritroviamo ancora nella scena della crocefissione quando Gesù gridando (phoneo) a gran voce (phoné) disse: "Padre nelle tue mani consegno il mio spirito" (Lc 23,46). Con la voce lo Spirito scende su Gesù e con la voce lo Spirito ritorna al Padre.
Ma se uno ci pensa bene, non può che dire: "Ma come fa un moribondo, uno che sta per morire crocefisso, e quindi senza respiro, a urlare?". Non è logico: infatti è teo-logico.
Prima di questa voce durante la passione c'è un altro grido (Lc 22,60: phoneo="cantò"): il gallo. Pietro rinnega Gesù e il gallo canta. Il gallo era considerato un animale demoniaco: cantava ogni volta che satana effettuava una vittoria. Per questo a Gerusalemme non si poteva tenere galli.
Allora: il gallo, cioè il regno del male, ha cantato (phoneo) e sembra aver cantato vittoria: Gesù muore. Ma l'ultimo grido non è del regno del male, del gallo, ma di Gesù. Gesù vince. Gesù risorge. "Canta bene chi canta per ultimo": Gesù vince e in lui abbiamo una vita indistruttibile.

Cosa dice la voce? "Tu sei il mio figlio, l'amato (agapetos), in te mi sono compiaciuto" (Lc 3,22). Questa frase è una citazione del Sal 2,7 dove Dio si rivolge al re che lui stesso ha stabilito.
La discesa dello Spirito significa che Gesù e stato consacrato e costituito da Dio come il Re: Gesù è il Messia, l'atteso e Dio stesso lo sostiene contro i suoi nemici. Nel salmo si diceva che Dio dava a questo re tutta la sua protezione contro i nemici. Il Padre, con questa voce dal cielo, dichiara un amore senza limiti per Gesù.

"Figlio", nel contesto ebraico, non significa soltanto chi è nato da qualcuno, ma colui che gli assomiglia nel comportamento. Se Gesù viene chiamato figlio è perché assomiglia al Padre e questo ci fa capire chi è il Padre.
Quando noi pensiamo al vangelo spesso diciamo: "Gesù è come Dio". E abbiamo bisogno di sottolineare la figliolanza divina di Gesù. Ma nel vangelo non tanto "Gesù è come Dio" ma piuttosto "Dio è come Gesù". Gv 1,18 ad esempio dice: "Dio nessuno lo ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato". In Gv, ad esempio, dappertutto Gesù dice: "Chi vede me, vede il Padre". Lo stesso Gesù dice a Filippo (Gv 14,9). "Chi vede me, vede il Padre".
Allora, la voce che dice: "Tu sei il mio figlio" non indica tanto chi è Gesù, quanto chi è Dio. Dio, di cui nessuno sa niente, che nessuno ha visto, che nessuno conosce, è come Gesù. Tu guardando Gesù puoi capire un po' chi è Dio.

E poiché Gesù nei vangeli era un bioforo (="portatore di vita"), Dio non può che esser così. Gesù nei vangeli è uno che instancabilmente comunica vita a tutti quanti, indipendentemente dalle risposte che riceve. Dio è così: vuole che tu viva e viva al massimo di ciò che puoi.
Dio che è Vita, vuole che noi viviamo "alla grande". Dio vuole che viviamo al 100%, al 200%, al massimo di ciò che possiamo. Vuole che amiamo con tutta l'ampiezza del nostro cuore. Vuole che conosciamo tutta la verità che possiamo. Vuole che ci realizziamo e che diventiamo il meglio di ciò che possiamo essere. Gesù stesso si definirà così: "Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Gv 10,10).
Nel libro "Vivere, amare, capirsi", Leo Buscaglia scriveva: "A ridere c'è il rischio di apparire sciocchi; a piangere c'è il rischio di essere chiamati sentimentali; a stabilire un contatto con un altro c'è il rischio di farsi coinvolgere; a mostrare i propri sentimenti c'è il rischio di mostrare il vostro vero io; a esporre le vostre idee e i vostri sogni c'è il rischio d'essere chiamati ingenui; ad amare c'è il rischio di non essere corrisposti; a vivere c'è il rischio di morire; a sperare c'è il rischio della disperazione e a tentare c'è il rischio del fallimento. Ma bisogna correre i rischi, perché il rischio più grande nella vita è quello di non rischiare nulla. La persona che non rischia nulla, non è nulla e non diviene nulla. Può evitare la sofferenza e l'angoscia, ma non può imparare a sentire e cambiare e progredire e amare e vivere. Incatenata alle sue certezze, è schiava. Ha rinunciato alla libertà". Solo la persona che rischia è veramente libera. La vita è il dono che Dio ci fa: una vita vissuta è il mio dono a Lui. E una vita sprecata è il peccato.
Ma cosa aspetti a vivere? Quando non avrai più la vita non potrai più farlo, sappilo!
Cinque uomini in un locale videro una donna bellissima che mangiava da sola. A tutti batteva il cuore.
Il primo: "Cosa non farei per averla, per conoscerla. Ma se mi faccio avanti, chissà cosa potrebbe pensare! Manco la conosco. Penserà che sono un poco di buono e che ci provo con tutte". E lasciò stare anche se gli rimase sempre il rammarico di cosa sarebbe potuto succedere.
Il secondo: "Se solo fossi bello! Se avessi qualche carta da giocarmi! Se vado lì cosa le dico? E se magari ha già un altro? E poi, io posso ambire ad una donna così? E se poi mi dice di no?". Così per non rischiare se "la mise via" perché, si giustificò, "non erano donne per lui quelle".
Il terzo non vide l'ora di tornare a casa. Prese la sua chitarra e compose canzoni stupende piene di emozione, di amore e di desiderio che lei però non sentì mai.
Il quarto andò a casa, telefonò agli amici e raccontò a tutti di aver visto la donna più bella del mondo e che nessuno di loro mai avrebbe potuto capire quanto bella fosse.
E il quinto? Il quinto si alzò dal tavolo, le si avvicinò e chiese di sedersi vicino. La donna gli disse di sì e quella sera rimasero insieme, ma anche quella successiva e anche quella successiva ancora e per tutte le sere della vita.

Cosa mi dice questo vangelo? Mi dice: "Vivi!". Dio non vuole la morte ma la vita. Cosa ha fatto Gesù in tutto le pagine del vangelo? Aiutava la gente a vivere per davvero.
Se uno era cieco: "Apri gli occhi non nasconderti la verità" = "Puoi vivere di più".
Se uno era paralitico: "Smettila di piangerti addosso... alzati in piedi... affronta le difficoltà e fai la tua strada. = Vivi in prima persona, perché ne sei capace".
Se uno era morto (tipo l'amico Lazzaro): "Vieni fuori. Smettila di morire: vivi... senti... emozionati... slegati da ciò che ti fa morire... esprimiti... realizzati".
Se uno era imprigionato dalla religione come la povera donna che va a gettare i due spiccioli (tutto quello che aveva per "guadagnarsi Dio"), Gesù le diceva: "Vivi. Dio non vuole da te che ti sveni; Lui non è sanguinario, Lui vuole la vita".
Se uno era imprigionato dai sensi di colpa per la sua vita, come la peccatrice, Lui le diceva: "Vivi. Avrai sbagliato, ma tu sai amare. Adesso torna ad amare perché tu lo puoi".
Se uno era ingabbiato da tristi e ottuse leggi religiose, Lui gli diceva: "Vivi! La religione, il sabato, le regole religiose sono fatte per l'uomo e non l'uomo per il sabato".
Se uno era insoddisfatto, Lui: "Vivi! Seguimi! Se vuoi la vera felicità devi trovare un senso alla tua vita e un modo per spendere ciò che sei e metterlo a servizio degli altri".
Se il tuo rapporto con Dio ti spegne questo non è il Dio del vangelo.

La voce non dice che Gesù è "amato" ma "l'amato". L'espressione "l'amato" (ò agapetos) indica l'erede, il prediletto: tutto lo Spirito è su Gesù. Si può essere sicuri, quindi, vuol dire Lc, che guardando Gesù si vede Dio perché tutto lo Spirito risiede su di lui. Lui è "l'amato", "l'immagine" di Dio, colui su cui lo Spirito di Dio è sceso.
E Lc 23,47-48 nei versetti immediatamente successivi alla morte ("spirare") di Gesù dirà: "Visto ciò che era accaduto, il centurione - che di certo non era un santo! - glorificava Dio: "Veramente quest'uomo era giusto". Anche tutte le folle che erano accorse a questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornavano percuotendosi il petto".
Guardando Gesù tu vedi veramente chi è Dio. In Gesù tu vedi Dio; Dio è come Gesù. Ciascuno di noi non solo è amato da Dio ma è "l'amato" di Dio. "L'amato" vuol dire l'unico, il prediletto, vuol dire: "Come te, nessun altro".
Allora, amare Dio, che ci ama così, è accettarsi e amarsi, essere grati e orgogliosi di sé. Le persone hanno un concetto di amore, a volte terribile. Dunque: uno non ama se stesso (si odia, si fa schifo, si disistima, ecc.) ma ama gli altri. Ma questo non è e non può essere amore cristiano, agape. Dio ama me ma io no! Io preferisco amare gli altri ma non me. Lo diceva perfino l'A.T.: "Ama il prossimo tuo come te stesso", non "al posto di te stesso".
Il N.T., invece, dirà molto di più: "Amati come Lui ti ha amato": cioè sempre, senza condizioni, al di là di ciò che fai, di ciò che pensi, di ciò che non fai, di ciò che sei o che non sei.

Pensiero della Settimana


Dopo un po' impari la sottile differenza tra
tenere la mano e incatenare un'anima.
E impari che l'amore non è appoggiarsi a qualcuno
e che la compagnia non è sicurezza.
E inizi ad imparare che i baci non sono contratti
e i doni non sono promesse.
E incominci ad accettare le tue sconfitte a testa alta con gli occhi aperti; con la grazia di un adulto e non con il dolore di un bambino.
E impari a costruire le tue strade oggi perché il terreno di domani è troppo incerto per fare piani.
Dopo un po' impari che il sole scotta se ne prendi troppo.
Perciò pianti il tuo giardino e decori la tua anima,
invece di aspettare che qualcuno ti porti i fiori.
E impari che puoi aver pazienza con te, molta pazienza.
E impari che puoi trasformarti
e che puoi essere domani ciò che oggi non sei.
E impari che sei davvero forte e che vali. Davvero. Tanto. Molto.