Omelia (29-07-2012)
padre Ermes Ronchi
La condivisione è il vero pane

La moltiplicazione dei pa­ni è un evento che si è impresso in modo inde­lebile nei discepoli, l'unico miracolo raccontato in tutti i vangeli. Più ancora che un mi­racolo, un segno: fessura di mi­stero, evento decisivo per comprendere Gesù. Lui ha pa­ne per tutti, è come se dices­se: io faccio vivere, io moltipli­co la vita! Lui fa vivere: con le sue mani che risanano i ma­­lati, con le parole che guari­scono il cuore, con il pane che significa tutto ciò che alimen­ta la vita dell'uomo Cinquemila uomini, e attorno è primavera; sul monte, nel luogo dove Dio è più vicino, hanno fame, fame di Dio. Qualcuno ha pani d'orzo, l'or­zo è il primo dei cereali che matura, simbolo di freschez­za e novità; piccola ricchezza di un ragazzo, anche lui una primizia d'uomo.
A Gesù nessuno chiede nulla, è lui che per primo si accorge e si preoccupa: «Dove potre­mo comprare il pane per lo­ro?». Alla sua generosità corrispon­de quella del ragazzo: nessu­no gli chiede nulla, ma lui mette tutto a disposizione. Primo miracolo. Invece di pensare: che cosa sono cinque pani per cinquemila persone? Sono meno di niente, inutile sprecarli. E la mia fame? Dà tutto quello che ha, senza pensare se sia molto o se sia poco. È tutto!
Per una misteriosa regola di­vina, quando il mio pane di­venta il nostro pane accade il miracolo. La fame finisce non quando mangi a sazietà, ma quando condividi fosse pure il poco che hai. C'è tanto di quel pane sulla terra che a condividerlo basterebbe per tutti. Il Vangelo neppure par­la di moltiplicazione ma di di­stribuzione, di un pane che non finisce. E mentre lo di­stribuivano il pane non veni­va a mancare, e mentre pas­sava di mano in mano restava in ogni mano. Come avven­gono certi miracoli non lo sapremo mai. Neanche per que­sto di oggi riusciamo a vedere il «come». Ci sono e basta. Quando a vincere è la genero­sità.
Giovanni riassume l'agire di Gesù in tre verbi «Prese il pa­ne, rese grazie e distribuì», che richiamano subito l'Eucari­stia, ma che possono fare del­l'intera mia vita un sacra­mento: prendere, rendere gra­zie, donare. Noi non siamo i padroni delle cose. Se ci con­sideriamo tali, profaniamo le cose: l'aria, l'acqua, la terra, il pane, tutto quello che incon­triamo, non è nostro, è vita da che viene in dono da altrove e va oltre noi. Chiede cura, co­me per il pane del miracolo (i dodici canestri di pezzi), le co­se hanno una sacralità, c'è u­na santità perfino nella mate­ria, perfino nelle briciole: niente deve andare perduto.
Impariamo ad accogliere e a benedire: gli uomini, il pane, Dio, la bellezza, la vita, e poi a condividere: accoglienza, be­nedizione, condivisione sa­ranno dentro di noi sorgenti di Vangelo. E di felicità.