Omelia (23-10-2011) |
Ileana Mortari - rito romano |
Qual � il pi� grande comandamento della Legge? Il vangelo di oggi ci presenta la terza delle cinque controversie che Ges� sostiene con i rappresentanti delle autorit� giudaiche a Gerusalemme nei giorni che precedono il suo arresto. Per metterlo alla prova, un fariseo, dottore della legge (istruito nella Torah e detto anche "scriba"), pone al Maestro una questione molto dibattuta a quel tempo tra gli esperti: "Qual � il pi� grande comandamento della Legge?". "Il pi� grande" non si riferiva al primo in senso cronologico o al pi� importante, ma a quello che costituitava una sintesi, anzi il nucleo centrale della Legge. Come noto, i rabbini avevano ricavato dalla Torah ben 613 precetti, cos� da applicare a tutte le situazioni possibili della vita le norme sempre prioritarie dei 10 comandamenti. Ovviamente anche il giudeo pi� rigorosamente osservante doveva smarrirsi in quella selva di prescrizioni e quindi i maestri ebrei cercavano di individuare una gerarchia, opportune distinzioni e soprattutto un principio unificatore di tanti dettami; di qui la domanda a Ges�. Il Nazareno risponde rifacendosi alla stessa Torah e citando un versetto dal Deuteronomio che il pio ebreo recitava due volte al giorno nella preghiera dello "Shema' Israel", cio� "Ascolta, Israele": "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima, e con tutta la tua mente" (per�, invece di "dianoia" = mente, la versione greca della Settanta in Deuter. 6,5 ha: "le tue forze", corrispondente a "dynamis"). L'antica tradizione giudaica interpretava le tre facolt� citate sia come espressione della persona nella sua interezza, sia come gli aspetti o ambiti diversi in cui si deve esprimere e attuare l'amore verso Dio: il cuore indica la dedizione religiosa a Dio; l'anima, che in ebraico � sinonimo di vita (= nefesh), implica il dono di s� fino al martirio; le forze (cio� i beni-propriet�, perch� dai rabbini "dynamis" era intesa come possibilit� finanziaria) comportano la donazione dei beni. "Questo � il pi� grande e il primo dei comandamenti" (v.38): Ges� pertanto si rif� a un principio - l'assoluto amore per Dio - che gi� valeva per il giudeo; ma la sua risposta non finisce qui: "E il secondo � simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso" (v.39) Ora anche questa affermazione era presente nella Torah: "amerai il prossimo tuo come te stesso" leggiamo in Levitico 19,18b; e pure in questo caso il precetto era assurto ad espressione sintetica della legge, come affermava ad esempio il maestro giudeo Rabb� Hillel: "Ci� che tu non ami, non lo fare al tuo prossimo: questa � tutta la legge, il resto non � che commento." Dove sta allora la novit� della risposta di Ges�, che a quanto pare lascia senza parole gli avversari? In due elementi. Anzitutto il "prossimo" inteso da Ges� � ben altro dal "prossimo" secondo i giudei, perch� la prima parte del versetto citato dal Levitico dice: "non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo (che dunque sono i correligionari) come te stesso"; nel vangelo invece la parola "prossimo" ha l'estensione pi� ampia possibile: � chiunque nei confronti del quale noi ci facciamo prossimo, come sappiamo del vangelo di Luca, che pone questo stesso brano di Matteo in stretto rapporto con la parabola del buon Samaritano (cfr. Luca 10,25-37). La seconda novit� � che per la prima volta, nella risposta di Ges�, vengono strettamente collegati i due precetti dell'amore a Dio e al prossimo, accostamento sconosciuto nell'antica tradizione giudaica; essi vengono congiunti con il termine "simile": i due amori sono messi su una perfetta posizione di parit�; infatti "simile" significa che l'amore del prossimo, anche se non identico a quello di Dio, � altrettanto importante quanto il primo, e soprattutto � necessario quanto il primo, perch� ne � una sua esplicitazione: l'amore del prossimo diventa il banco di prova del nostro amore verso Dio. E poi - conclude Ges� - "da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti" (v.40) Anche qui il Nazareno aggiunge qualcosa; non si limita ad individuare il nucleo, l'essenza della Legge, ma afferma chiaramente quello che ne sta alla radice, perch� senza di esso non starebbe in piedi neppure la Legge: l'amore verso Dio e il prossimo. Potremmo usare un'immagine per capire meglio: "E' un po' quello che avviene nell'amore di una madre; il suo amore � come una luce di fondo che si riflette su tutti i suoi gesti, sia sull'atto eroico sia su quello modesto, come la preparazione al mattino di una colazione o di un vestito" (G.Ravasi) Nel Nuovo Testamento troviamo molte illustrazioni ed esemplificazioni di questo nuovo collegamento instaurato da Ges�: ".. se Dio ci ha amati, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri" (1�Giov.4,11); ".....se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di lui � perfetto in noi" (1�Giov.4,12); "chi non ama il proprio fratello che vede, non pu� amare Dio che non vede" (1� Giov.4,20); "non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole" (Rom.13,8); fino al sublime: "amatevi gli uni gli altri, come Io vi ho amato" (Giov.15,12) e al significativo: "pieno compimento della Legge � l'amore" (Rom.13,10). Infatti � a questo punto, al termine della sua missione, che Ges� conclude quell'aspetto di essa che aveva annunciato all'inizio del vangelo di Matteo: "Non sono venuto per abolire la Legge o i Profeti, ma per dare compimento" (Mt.5,17) Ecco, questo � il compimento, nelle parole e nei fatti: le prime sono la luminosa risposta che Ges� d� ai suoi avversari nella pagina esaminata; i fatti saranno quelli imminenti della sua passione e morte: "Nessuno ha un amore pi� grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Giov.15,13) |