Omelia (28-08-2011)
mons. Roberto Brunelli
Mi hai sedotto, Signore

Le letture delle Messe festive sono state scelte dalla Bibbia secondo precisi criteri. Salvo motivate eccezioni, per tutto un anno si legge di seguito uno dei vangeli sinottici (quest'anno, Matteo) e secondo l'argomento del brano è stata individuata la prima lettura: un passo dell'Antico Testamento, con un suo commento costituito dal salmo responsoriale. La seconda lettura segue invece un percorso distinto (in genere la lettura continua di una lettera dell'apostolo Paolo; in questo periodo, quella ai Romani) e perciò non è intenzionale che il suo argomento sia in sintonia con gli altri due. Però accade, come oggi: e in fondo non se ne stupisce, chi ricorda la profonda unità e coerenza tra tutte le parti che compongono la Sacra Scrittura.
Gesù annuncia ai discepoli la sua imminente passione e Pietro, che si era appena sentito esaltare come fondamento della Chiesa (lo si è letto domenica scorsa), protesta e promette: "Questo non ti accadrà mai!" guadagnandosi il più severo rimprovero del Maestro, che addirittura lo chiama Satana e aggiunge: "Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!". Poi, rivolto a tutti i discepoli che forse dal seguire lui si aspettavano onori e gloria, li disillude: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita?"
Queste espressioni basate sul binomio salvare-perdere delineano la condizione del credente rispetto a chi non lo è: la differenza consiste nel valutare la vita presente e le cose di questo mondo come le uniche e definitive, o come semplice preludio ad altre, che valgono infinitamente di più. Chi non crede cerca di "salvare" la propria vita, cioè darle valore, spremendone tutte le soddisfazioni che gli riesce, al limite sottomettendo a sé il mondo intero; ma questo non gli assicura, anzi gli preclude la vita futura: tutto subito, e poi più niente, per l'eternità. Conviene? Chi invece fa un po' di conti per garantirsi il poi, l'avrà, dice Gesù, seguendo lui, i suoi insegnamenti, il suo esempio: e come lui si è sottomesso alla croce, così il discepolo resiste alla tentazione di ritirarsi di fronte alle difficoltà, alle rinunce, ai sacrifici che può comportare il mantenersi fedeli a lui.
Ne dà un impressionante esempio il profeta Geremia, del cui libro la prima lettura presenta la pagina più drammatica (20,7-9). Egli racconta di sé, della propria vocazione, ed esordisce con una frase di un'audacia inimmaginabile: "Mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto violenza e hai prevalso". Ma la chiamata divina non comporta una vita facile: "Sono diventato oggetto di derisione ogni giorno; ognuno si beffa di me... La parola del Signore è diventata per me causa di vergogna e di scherno". Di qui la tentazione di lasciar perdere: "Mi dicevo: Non penserò più a lui, non parlerò più nel suo nome!" subito però superata, perché "nel mio cuore c'era come un fuoco ardente, trattenuto nelle mie ossa; mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo".
Ed ecco, in coerenza con le parole di Geremia e di Gesù, quelle della seconda lettura (Lettera ai Romani 12,1-2): "Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto". Insomma è lo stesso invito di Gesù a "pensare secondo Dio": dunque a non temere di andare controcorrente; pur se non è facile, pur se questo comporta incomprensioni e derisioni, il credente non si blocca sull'immediato, perché sa valutarne le conseguenze, sa guardare più in là. E' stato anche l'invito del papa, domenica scorsa, ai due milioni di giovani riuniti a Madrid.