Omelia (15-05-2011)
Monastero Domenicano Matris Domini
Commento su Giovanni 10,1-10

Leggiamo

Contesto

La IV domenica di Pasqua in cui la Chiesa prega per le vocazioni, presenta sempre un brano del capitolo 10 di Giovanni incentrato sul tema del buon pastore. E' soprattutto il brano di Gv 10,11-21 che ci parla in una
parabola-allegoria di Gesù come l'unico pastore (cfr.Gv 2) predetto dai profeti (cfr. Ez 34,1-31; Zc 11,4-17), capace di condurre veramente a salvezza.

Per questo anno A la pericope proposta è l'introduzione, i primi 10 versetti del capitolo; tutto il capitolo ha uno stretto legame con il testo precedente (Gv 9 la guarigione del cieco nato, che abbiamo ascoltato nella IV domenica di quaresima) con la ripresa di alcuni temi fondamentali in Giovanni, in particolare la fede in Gesù Cristo e l'accoglienza nel nuovo popolo di Dio. I due capitoli sono a loro volta la parte finale della grossa sezione iniziata al capitolo 7 e ambientata a Gerusalemme durante la festa delle capanne, in cui il tema dominante è la discussione sull'identità di Gesù (con riferimenti simbolici alla festa, quali la luce) e le reazioni di fronte alla sua auto-manifestazione.

E' evidente il legame pasquale con questo capitolo 10 giovanneo, dove sotto l'allegoria del pastore e della porta si parla dell'unico mediatore che Dio ha inviato per salvare il suo popolo (con riferimenti pure all'Esodo), mediatore che offre la sua vita. Il brano di questa domenica si divide in due parti: i primi 5 versetti sono un linguaggio simbolico che poi Gesù spiega, nei versetti seguenti, esplicitando il senso dell'immagine della porta (testo odierno) e poi del pastore (vv. 11ss) e applicandole a sé.

Per quanto riguarda le altre letture della liturgia odierna (At 2, 14a.36-41; 1 Pt 2, 20b-25) ci vengono proposti testi degli Atti e della prima lettera di Pietro, testi centrati sulla prima comunità cristiana e su temi battesimali, testi legati strettamente al tema pasquale.

1 "In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. 2 Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore.

Questo primo versetto che apre il capitolo 10 senza nessuna introduzione, tradisce per questo il legame con il capitolo precedente e le sue tematiche, in particolare l'espulsione del cieco risanato a causa della sua fede in Gesù Cristo.

L'affermazione di Gesù è dunque rivolta a quanti sono citati al capitolo 9 e cerca di spiegare la situazione. Si tratta di una forma letteraria, quella utilizzata nel capitolo 10, che non è propriamente una parabola, né un'allegoria, ma un paroimia, ossia un insegnamento simbolico, segreto, misterioso, che prepara ed esige una rivelazione aperta, esplicita (I. de la Potterie). Un discorso enigmatico con un forte contenuto messianico, circa l'opera di Gesù e la sua identità. Infatti l'apertura del discorso e del capitolo 10, al v. 1, con la formula solenne: in verità, in verità io vi dico richiama l'attenzione a qualcosa di fondamentale e importante.

I primi 3 versetti sono costruiti in forma concentrica e in essi Gesù istituisce un confronto tra il pastore e il ladro/brigante, che compiono azioni di segno opposto. Il testo riprende subito dopo il confronto indicando la reazione delle pecore a quanto fanno i due personaggi citati.

Il termine recinto in greco corrisponde ad una parola utilizzata per lo più per indicare il vestibolo del tempio di Gerusalemme, non ha quindi un senso pastorale, ma prettamente religioso. Ricordiamo che Gesù ha risanato il cieco fuori dal tempio e che quest'ultimo è stato scacciato dalla sinagoga.

Anche la scelta del termine brigante si riferisce alle vicende storiche del tempo di Gesù e della comunità giovannea; infatti con questo nome erano indicati spesso gli zeloti (anche Barabba è un brigante, cfr. Gv 18,40; Mt 27,16; Lc 23,19) che in azioni dimostrative di contrasto al potere romano entravano nel recinto del tempio. Secondo alcuni esegeti l'evangelista vuole suggerire che essi sono dimostrati falsi pastori che inseguono un falso messianismo.

In modo velato, sotto il simbolo Gesù sta criticando i capi religiosi del suo tempo paragonandoli a briganti i quali non entrano dalla porta, come invece fa il pastore.

L'immagine del pastore come colui che in nome di Dio guida il suo popolo è usuale nell'AT ed era stata predetta dai profeti (cfr. Ez 34,1-31; Zc 11,4-17).

3 Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4 E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5 Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei".

Le pecore indicano il popolo di Dio, infatti il termine probata, pecorella, è usato spesso per indicarlo (vedi Sal 100,3-4) il quale segue la voce del pastore, la parola che Dio rivolge loro nell'AT e ora in Gesù, il suo inviato. Il verbo far uscire, exago, utilizzato al v. 4 indica la liberazione degli schiavi e quindi dal peccato (cfr. Es 3,10; 6,27; Ez 34,13; At 7,36; 13,17); in Giovanni acquista il senso di trarre fuori dalle tenebre e dall'oppressione del mondo che rifiuta Cristo.

Le pecore ascoltano la voce del pastore: questo ascolto nel testo giovanneo indica un rapporto personale e intimo infatti dove è utilizzato è sempre in riferimento ad un titolo Cristologico (cfr. 5,25.27-29; 10,5.16.27). Al contrario le pecore non seguono gli estranei, ossia il popolo di Dio non ascolta coloro che non sono inviati da Dio. La mediazione di Gesù quale inviato del Padre è qui dichiarata sotto il simbolo per spiegare l'opera di Gesù e invitare alla conversione. L'allusione alla vicenda del cieco è però piuttosto chiara.
Gesù è colui che indica la strada, anzi è la strada stessa come dirà più avanti (cr. 14,6); il segreto della sua sequela sta nell'intimità di una relazione personale con lui.

6 Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.

Il discorso di Gesù è troppo oscuro per i suoi ascoltatori così che egli si trova costretto a parlare dei temi che esso propone in modo più scoperto ed esplicito. L'incomprensione viene dalla loro cecità e durezza di curoe (cfr. 9,39-41).

7 Allora Gesù disse loro di nuovo: "In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8 Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati.

Gesù si rivela in primo luogo come la porta delle pecore, ossia come colui che introduce nella vera vita, la strada che conduce alla salvezza (cfr. Mt 7,13-14; Lc 13,24-26). Probabilmente Gesù fa questo discorso vicino ad una delle porte della città di Gerusalemme nel momento conclusivo della festa delle capanne (vedi 7,2.14.37). Si tratta di una formula rivelativa di portata teologica e trascendente: Gesù guida fuori dal recinto del giudaismo il suo popolo. Lo sfondo AT è chiarito dal Sal 118,20: "Apriteli le porte della giustizia ed entrerò a rendere grazie al Signore! E' questa la porta del Signore, per essa entrano i giusti".
L'affermazione generale tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti ci fa pensare che al tempo in cui Giovanni scrive il suo vangelo si sia già consumata la rottura tra la sinagoga e la comunità cristiana: Gesù come pastore universale è la porta di accesso alla salvezza per tutti gli uomini e le donne.

Gesù è il vero pastore, che entra dalla porta e che le pecore conoscono, ma da un altro punto di vista
Gesù è la porta: per trovare salvezza è necessario passare attraverso di lui. Egli è cioè colui che il Padre ha inviato nel mondo

9 Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10 Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.
Una sola porta da accesso al recinto, sia per il pastore che per le pecore, e questa porta è Cristo (v. 9): chi infatti passa per Gesù vivrà la comunione con lui, otterrà i beni della vita divina e troverà la salvezza messianica (cfr. Is 49,4-10; Ez 34,13).
L'espressione indica pure la fede pasquale che proclama Gesù unica via nell'esodo salvifico di Dio. Gesù fornisce qui la risposta ai capi che hanno espulso il cieco risanato alla sinagoga. Egli che ha creduto in Gesù quale Figlio dell'uomo, inviato dal Padre, entra attraverso la porta che è Gesù Cristo, nella comunità messianica, nell'ovile di Dio che è la Chiesa. La comunità dei credenti è il nuovo Israele guidato da Gesù Pastore. (G. Zevini).
L'indicazione entrare, uscire (v. 9) nello stile semita, indica totalità quindi piena comunione con Gesù il pastore; al contrario del ladro che viene solo per rubare, uccidere e distruggere, Gesù dona la vita in abbondanza. Ossia la salvezza in tutte le dimensioni vitali dell'uomo, la vita eterna già in atto nel credente (vedi 3,17; 12,47). Come abbiamo visto al capitolo 9 nella vicenda del cieco risanato.

Meditiamo

1) Com'è il mio rapporto con Gesù? E' attraverso lui che accedo al Padre oppure è solo uno dei tanti
mediatori di cui mi servo per orientare la mia vita?

2) So aprirmi alla rivelazione di Gesù quale porta e pastore? Oppure rimango nelle tenebre della
mia presunzione e autosufficienza?

3) Qual è il luogo in cui posso ascoltare la voce del mio pastore? Come mi nutro della sua parola
per entrare e uscire e trovare vita nella mia esperienza di fede?

4) Rileggere di seguito i capitoli 9 e 10 di Giovanni per cogliere i legami tra i due testi.

Preghiamo

Salmo Responsoriale (dal salmo 22)

Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.

Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquil e mi conduce.
Rinfranca l'anima mia.

Mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una val e oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.

Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici.
Ungi di olio il mio capo;
il mio calice trabocca.

Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne
tutti giorni della mia vita,
abiterò ancora nella casa del Signore
per lunghi giorni.

Colletta

Dio onnipotente e misericordioso, guidaci al possesso della gioia eterna, perché l'umile gregge dei tuoi fedeli giunga con sicurezza accanto a te, dove lo ha preceduto Cristo, suo pastore. Egli è Dio...

Oppure:

Dio, nostro Padre, che nel tuo Figlio ci hai riaperto la porta della salvezza, infondi in noi la sapienza dello Spirito, perché fra le insidie del mondo sappiamo riconoscere la voce di Cristo, buon pastore, che ci dona l'abbondanza della vita. Egli è Dio..