Omelia (01-05-2011)
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COMMENTO ALLE LETTURE
a cura di padre Alvise Bellinato

SPERIMENTARE, AMARE, CREDERE L'INVISIBILE
VEDERE... CHE COSA IMPORTANTE!


"Tutti gli uomini per natura tendono al sapere. Lo dimostra il loro amore per i sensi, amati per se stessi, indipendentemente dall'utilità. E tra tutti preferiscono la vista, non solo in riferimento all'azione, ma anche senza intenzione pratica. Il motivo è che, mostrando la molteplicità delle differenze, la vista fa acquisire più degli altri sensi le conoscenze".
Inizia con queste parole il libro più famoso di Aristotele, La metafisica, una pietra miliare nella storia del pensiero umano.
È difficile dargli torto... Immaginiamo che, per assurdo, un giorno ci venisse ordinato di dover rinunciare obbligatoriamente a uno dei cinque sensi. A quale di essi rinunceremmo meno a malincuore?
Credo che nessuno di noi rinuncerebbe alla vista. Tutti siamo ben convinti che la vista, come dice Aristotele, è il senso che fa acquisire più di tutti gli altri le conoscenze.
Prova di ciò ne sia il fatto che la parola "idea" deriva dal greco "vedere".
Noi possiamo avere delle idee, cioè conoscere, proprio perché vediamo.
Nella nostra cultura occidentale vedere è molto importante, più importante dell'udire, ad esempio (nella Bibbia invece le cose stanno in modo un po' diverso).
Soprattutto oggi, nella civiltà digitale, dell'immagine, della comunicazione visiva, del look...vedere è molto importante!
Il grosso problema è... che Dio non si vede...

GESÙ C'È... MA NON SI VEDE
La seconda Domenica di Pasqua è caratterizzata da una certa insistenza sull'interessante tema del vedere.
"Il Signore (invisibile) ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati" (prima lettura).
"Voi amate Gesù Cristo, pur senza averlo visto, e ora, senza vederlo, credete in lui" (seconda lettura).
"Perché mi hai veduto, tu hai creduto, Tommaso; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!" (Vangelo).
Le tre letture delineano un itinerario spirituale basato sull'invisibile. Propongono una visione non più umana, ma soprannaturale. É una nuova vedere, basato su un sesto senso (in noi poco sviluppato...): la fede.
1. Cristo risorto, anche se invisibile, agisce potentemente nella Chiesa.
2. Cristo risorto, anche se invisibile, può essere amato con tutte le forze.
3. Cristo risorto, anche se invisibile può essere oggetto di fiducia completa.

In sintesi, potremmo individuare tre orientamenti nelle letture odierne:
Sperimentare potentemente l'azione dell'Invisibile.
Amare con tutto il cuore l'Invisibile.
Confidare con tutte le forze nell'Invisibile.
Sono queste le tre coordinate che ci vengono proposte dalla Parola di Dio nell'Ottava di Pasqua, celebrando la vittoria gloriosa e potente di Cristo sulla morte e sul peccato.

SPERIMENTARE L'INVISIBILE
Gli Atti degli Apostoli ci descrivono con chiarezza la situazione della Chiesa primitiva: la presenza di Cristo era talmente forte che "prodigi e segni avvenivano per mezzo degli apostoli" nella comunità. Pur non essendo visibile con gli occhi, Gesù Risorto è presente con la sua potenza divina, a tal punto che "un senso di timore era presente in tutti".
Non si vede Cristo, ma si vedono gli effetti concreti della sua potenza, attraverso le guarigioni e la potenza nell'esercizio dei carismi.
La presenza viva di Cristo, vivo e risorto, è sperimentata in modo così forte e personale, che i primi cristiani arrivano al punto di avere "ogni cosa in comune", di vendere proprietà e sostanze per dividerle con tutti.
Anche questo è un effetto concreto della potenza di Gesù: nasce la Chiesa, fondata sulla condivisione, la solidarietà, l'amore.
Si realizza qui quanto Gesù aveva promesso: "Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono lì in mezzo a loro" (Mt 18, 20).
La Chiesa vive oggi un momento particolare, in cui sente un grande bisogno di sperimentare la presenza viva del Risorto. Sono molti i cristiani che dicono di non sperimentare la presenza di Gesù in modo sentito nella loro vita.
Affinché la fede dei credenti non sia soltanto un elemento razionale, ma esperienziale, non solo una verità conosciuta, ma vissuta, non solo un'obbedienza dottrinale, ma un incontro personale, è necessario ascoltare ciò che gli Atti degli Apostoli ci dicono con chiarezza, oggi, sulla potenza dell'Invisibile.
La Parola di Dio ci dice che non possiamo fare una vera esperienza di Cristo da soli: abbiamo bisogno dei fratelli, di stare insieme.
L'esercizio più coraggioso dei carismi, sotto l'autorità della Chiesa ("prodigi e segni avvenivano per mezzo degli apostoli"), la vita in comune ("tutti i credenti stavano insieme"), la condivisione fraterna ("avevano ogni cosa in comune"), la solidarietà concreta verso i poveri ("dividevano le sostanze con tutti, secondo il bisogno di ciascuno"), sono tutti elementi che consentono ai cristiani di ritrovare l'ardore delle origini e fare esperienza di Cristo risorto, invisibile, ma potentemente al lavoro in mezzo al suo popolo.
La Chiesa, fino alla fine de tempi, avrà sempre bisogno della presenza di questi segnali profetici: segnali dell'Invisibile, che favoriscono nei fratelli l'esperienza di incontro personale.

AMARE L'INVISIBILE
S. Pietro, nella seconda lettura, ci ricorda che l'amore di Cristo, invisibile ma presente, è la forza segreta della Chiesa.
Solo l'amore consente di sopportare sofferenze e prove e di essere perseveranti fino alla fine.
La risurrezione di Cristo ha segnato l'inizio della nostra rigenerazione. Abbiamo ricevuto già la caparra della salvezza, ma l'eredità completa, la pienezza, "è conservata nei cieli per noi".
Aspettando il giorno in cui il velo della fede si squarcerà e potremo vedere Cristo faccia a faccia, dobbiamo essere "per un po' di tempo afflitti da varie prove", ma non dobbiamo scoraggiarci.
L'amore verso Cristo ci consente di resistere: quando Gesù Cristo si manifesterà (e potremo finalmente vederlo) non si dimenticherà della nostra perseveranza nella prova e ci ricompenserà.
La assenza di visione non significa tristezza, ma speranza.
Due volte viene ripetuto il concetto che, pur nelle prove e nella assenza della visione, "siamo ricolmi di gioia" e "esultiamo di gioia indicibile".
Uno dei problemi più gravi della società attuale è la mancanza di gioia.
Si cerca di fare esperienza di tutto, di provare tutto, di fare tutte le esperienze. Ma la gioia sembra sempre un passo più avanti: sfugge ed è irraggiungibile. Nella ricerca della gioia palpabile e materiale, l'uomo si svuota spiritualmente.
L'amore è il segreto della gioia vera: quanto più saremo disposti ad amare Cristo (cioè ad osservare la sua Parola), tanto maggiore sarà la gioia.
Anche qui va sottolineata l'importanza profetica dei testimoni della gioia, cioè di tutti coloro che hanno saputo rendere testimonianza credibile all'Invisibile, attraverso una vita radicale di amore e dedizione a Cristo.

CREDERE L'INVISIBILE
"Il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa" (Gv 14,26).
È molto bella l'immagine di Cristo che soffia sugli Apostoli lo Spirito Santo.
Giovedì scorso, nella Messa crismale, lo stesso gesto è stato compiuto dal Papa e dai Vescovi sull'olio profumato, affinché si trasformasse in Crisma di salvezza. Soffiare per comunicare lo Spirito: un gesto efficace.
E lo Spirito è chiamato con questo titolo strano: "Consolatore".
Ma Consolatore di cosa?
Consolatore degli uomini che non possono vedere l'Amato, ma devono camminare nel chiaroscuro della fede. Lo Spirito ci consola nella nostra impossibilità di vedere Cristo, come l'hanno visto gli Apostoli.
Non potremmo resistere a lungo nell'aridità della pura fede. Non ce la faremmo a perseverare fino alla fine, mantenendo accesa la candela ricevuta al fonte. Abbiamo bisogno dello Spirito consolatore, soffio di Cristo che ravviva nei cuori dei cristiani la fede battesimale.
Il Vangelo di oggi ci dice che è possibile credere senza vedere. Ci dice qualcosa di ancora più forte: c'è una beatitudine nella fede senza visione.
La nostra fede è basata sulla parola e sugli atti compiuti da Gesù Cristo.
"Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome".
Il Vangelo, che contiene le parole e gli atti di Gesù Cristo, è stato scritto perché crediamo e perché, credendo, abbiamo la vita.
C'è bisogno di un ritorno quotidiano e personale al Vangelo, che deve essere letto, meditato, assimilato.
"Il nostro Vangelo non vi è stato annunciato soltanto con parole, ma anche con potenza, con lo Spirito Santo" (1 Tess 1, 5).
L'invito forte del Risorto, oggi, a ciascuno di noi, è ad aprire il cuore e la mente alla sua Parola, perché la nostra fede in lui sia rinvigorita e possiamo, come Tommaso, esclamare con tutto il cuore, gridare "Mio Signore e mio Dio!".
Preghiamo insieme perché la Chiesa possa vivere una nuova Pentecoste, segnata dall'esperienza personale di incontro con il Risorto, perché l'amore spinga i cristiani all'eroismo della sequela, perché la fede aumenti nel cuore dei credenti.