Omelia (10-04-2011) |
don Roberto Rossi |
Gesù è Risurrezione e vita Il racconto della risurrezione di Lazzaro è una delle "storie di segni" che racconta san Giovanni. Si tratta qui di presentare Gesù, vincitore della morte. Il racconto culmina nella frase di Gesù su se stesso: "Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me non morrà in eterno". Che Dio abbia il potere di vincere la morte, è già la convinzione dei racconti tardivi dell'Antico Testamento. La visione che ha Ezechiele della risurrezione delle ossa secche - immagine del ristabilimento di Israele dopo la catastrofe dell'esilio babilonese - presuppone questa fede. Nella sua "Apocalisse", Isaia si aspetta che Dio sopprima la morte per sempre, che asciughi le lacrime su tutti i volti. E, per concludere, il libro di Daniele prevede che i morti si risveglino - alcuni per la vita eterna, altri per l'orrore eterno. Ma il nostro Vangelo va oltre questa speranza futura, perché vede già date in Gesù "la risurrezione e la vita" che sono così attuali. Colui che crede in Gesù ha già una parte di questi doni della fine dei tempi. Egli possiede una "vita senza fine" che la morte fisica non può distruggere. In Gesù, rivelazione di Dio, la salvezza è presente, e colui che è associato a lui non può più essere consegnato alle potenze della morte. «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?». Non è esagerato affermare che in queste parole di Gesù è contenuto il più grande annunzio della storia. Egli, non solo preannuncia la sua gloriosa risurrezione, ma si autodefinisce risurrezione e vita. Significa che nella sua divinità e nella sua umanità è insito un germe di immortalità e una fonte inesauribile di vita. Significa ancora che la sua stessa forza egli la vuole trasfondere nell'uomo come dono, vuole essere il garante della vita e la certezza della risurrezione per tutti noi. È l'annuncio di una vittoria totale ed insperata, una vera e propria rigenerazione dell'uomo, una vita nuova; è il superamento della paura della morte e del chiuso di una tomba e l'apertura piena del cielo e l'indicazione chiara della nostra meta finale. In una preghiera liturgica noi ringraziamo Dio perché ci dona molto di più di quanto osiamo sperare: come è vero ciò quanto riflettiamo sul dono dalla risurrezione e della vita! Il Signore pone una condizione indispensabile perché ognuno possa godere di questi suoi doni: dobbiamo vivere e credere in Lui. Ci vengono richieste le virtù della fede e dell'amore. È l'impegno a vivere in intimità di comunione con Cristo per passare dalla vita alla Vita. Il miracolo della risurrezione di Lazzaro nel contesto, lo leggiamo come un segno ed un aiuto per trovare ulteriore conferma nella fede. Sappiamo già ormai che Cristo è padrone e signore della vita, sappiamo che egli ha in se la forza di far tornare a vivere il suo amico, nel sepolcro da tre giorni e già preda di una incipiente corruzione del suo corpo. Non ci sorprende più che la sua voce, le sue parole abbiano il potere di far tornare in vita: già pregustiamo la gioia ben più profonda di una risurrezione universale e finale che risuonerà il mattino di Pasqua. Questa è la nostra fede, questo è il dono immenso che Dio ci ha fatto, questa è la sorte che ci attende, la vita eterna. Questo vangelo ci offre i motivi fondamentali come anticipazione della gioia pasquale. Nel racconto evangelico vi è un'atmosfera di dolore (nelle due sorelle, Marta e Maria di Betania) e di paura (nei discepoli, soprattutto in Tommaso). I due sentimenti non sono estranei a Gesù: anche Lui prova dolore e tristezza; ma fa vedere nella morte un significato di redenzione e di risurrezione; e chiama la morte «sonno»: «Il nostro amico Lazzaro si è addormentato, ma vado a svegliarlo». «Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato». La malattia di Lazzaro non solo rivela Dio Padre, ma rivela anche la gloria divina del Figlio, cioè la sua vittoria sulla morte. «Gesù quando vide Maria piangere si commosse profondamente». San Giovanni è tutto rivolto a guardare il volto di Cristo per leggervi l'alterazione così umana dei suoi lineamenti: Gesù si turba; Gesù freme; Gesù piange; Gesù alza gli occhi; Gesù grida; Gesù si lascia contagiare dal dolore. Gesù pianse: in certe ore le lacrime sono l'unica maniera che ci resta di amare e di pregare. A Betania, Gesù ha dato un valore divino alle lacrime dell'amicizia: «Vedete come l'amava». Gesù era così: fraterno e fedele; sensibile e delicato; assaporava le gioie dell'amicizia; rischiò la vita per testimoniare la sua fedeltà agli amici di Betania. Dal suo volto traspariva la luce di Dio-Amore. Lazzaro, amato da Gesù, è malato, muore, è sepolto: tutto è segno della morte totale in cui ci immerge il peccato. II Battesimo (e il suo prolungamento che è la Confessione o Sacramento della Riconciliazione) è la potenza di Gesù, che è Risurrezione e Vita. Lazzaro esce dal sepolcro svincolato «dalle fasce e dai legami della morte» (Sal 115,3) più vivo di prima: così appariva il neo-battezzato quando risaliva dalla vasca battesimale; e così appare ogni cristiano quando ha ricevuto la grazia sacramentale. Cristo può far risorgere i morti alla Grazia. |