Omelia (27-03-2011)
don Marco Pedron
Non chiedere...

Il vangelo di oggi ci propone questo incontro meraviglioso tra Gesù e la Samaritana.
Gesù, che è giudeo, si trova in Samaria, che è pagana. I profeti erano andati spesso dai Samaritani a dirgli: "Branco di ignoranti! Bisogna andare al tempio di Gerusalemme, non sul Garizim, il monte dove andate voi! Siete eretici, impuri: convertitevi!".
Noi dobbiamo entrare nella logica e nella mentalità di quel tempo per capire cosa Gesù fa. Ciò che Gesù fa è contro ogni buon senso e contro ogni regola del tempo. L'incontro infatti sovverte tutte le norme comuni e religiose. Gesù scavalca tutte le barriere.
La barriera del sesso: un rabbino (Gesù) non doveva mai rivolgere la parola ad una donna fuori di casa, neanche la sua! La barriera della razza: i samaritani erano considerati dei bastardi in quanto erano mescolanza con gli Assiri. La barriera della nazionalità: i samaritani erano considerati forestieri. La barriera della religione: erano considerati scismatici e impuri. barriera della ben-dicenza: parlare al pozzo ad una donna era corteggiarla, farle delle avances, "provarci", e la cosa sarebbe andata in bocca a tutti (mal-dicenza). Eppure Gesù rompe ogni schema e le parla. E' per questo che i suoi discepoli sono scandalizzati (4,27)!
Gesù fu un uomo libero e solo per questa sua libertà fece degli incontri meravigliosi nella sua vita. Gesù non si faceva delle idee sulle persone, né aveva dei pregiudizi: lui le incontrava. Non diceva mai: "Questo no perché si dice che è così... questo lo evitiamo perché tutti sappiamo chi è, cos'ha fatto... quello è così, meglio lasciar stare...". Lui andava a vedere.
Gesù non diceva: "Questo è ricco, no! (Zaccheo); questa (dicono) è una donna di malaffare, no! (l'adultera, la samaritana; Gesù toccava le donne!); questo, lo sanno tutti, è un ladro (Matteo Levi), no!; questo la legge non lo permette (guarire di sabato), no!; questo non sta bene (la donna che lavò con le lacrime i suoi piedi e con i capelli glieli asciugò), no; questi sono pagani, eretici (samaritani), no; questi sono peccatori (i pubblicani, le prostitute), no". E proprio per questo essere fuori dagli schemi Gesù fu considerato un anti-dio e condannato a morte. Poiché era scomodo e inopportuno per tutte le persone piene di regole, di rigidità e dalla mentalità ristretta.
Essere liberi vuol dire non permettere che idee, barriere religiose, ciò che si dice o altro ci impediscano di incontrare le persone e la vita. Di fronte alle regole che dicevano: "Non incontrare costui", Gesù diceva: "E perché no? Lo voglio incontrare di persona, voglio parlarci, sentire il suo cuore... poi vedremo".

Gesù giunge a Sicar e Sicar vuol dire "qualcosa è intasato".
E non è vero che proprio noi, a volte, siamo Sicar, cioè intasati? Abbiamo di tutto, ma siamo tormentati; ci sentiamo pieni, goffi, addormentati; non riusciamo a raggiungerci, ad andare dentro di noi; non riusciamo ad attingere a ciò che c'è dentro; mangiamo per riempirci e anche quando non lavoriamo dobbiamo fare qualcosa per non stare con noi; pensiamo sempre per non sentire cosa abbiamo dentro: siamo intasati, ostruiti, pieni.
Abbiamo bisogno di riempirci per evitarci la verità, per non andare nel fondo, nel profondo di noi.

Gesù, dopo un lungo viaggio sotto il sole, ha sete e si siede presso un pozzo dove ha bevuto. Arriva la donna e c'è l'incontro tra due seti: quella di Gesù ("Dami da bere" 4,7) e quella della donna ("Signore, dammi di quest'acqua" 4,15). Gesù ha sete di acqua del pozzo; la donna ha sete d'amore.
Per noi un pozzo oggi è niente. Ma cos'era un pozzo una volta?
Nella Bibbia scopriamo che al pozzo Rebecca incontra il capo dei servi di Abramo; Giacobbe incontra Rachele e Mosè incontra Zippora.
Mio nonno "ha trovato" mia nonna alle funzioni (il vespro). A quel tempo non c'erano le discoteche, non c'erano i pub e i bar per gli spritz, non c'erano le piazze, le feste per i single o i luoghi di ritrovo di oggi.
Quando volevi trovarti un uomo o una donna, anni fa si andava alle funzioni, qualche secolo fa', invece, al pozzo. Poiché il pozzo, l'acqua, era la cosa più importante, più vitale, più necessaria al tempo (le città potevano essere costruite solo dove c'era acqua!), tutti andavano al pozzo (uomini e donne). Era il luogo della "ricerca dell'amore", dell'adescamento, dove trovare la propria anima gemella o semplicemente una donna o un uomo.
E' per questo che la donna gli chiede: "Come mai tu, che fra l'altro sei Giudeo, chiedi da bere a me che sono una donna samaritana?". Che un uomo aprisse il discorso, la conversazione, che "tacasse botton" con una donna, per quel tempo, era un chiaro segno di corteggiamento. Che poi quell'uomo fosse anche un rabbino, e per di più Giudeo, era proprio una proposta strana.
La donna non può non pensare che Gesù "ci prova". Gesù, inoltre, le fa una domanda molto personale: "Va a chiamare tuo marito" (perché si intromette nella sua vita privata? Cosa gli interessa sapere certe cose?).
Gesù fa una domanda che scopre la donna, la rivela. La donna, all'inizio, cerca di fuggire e di evitare il discorso dicendo: "Non ho marito". Ma Gesù la mette di fronte alla dura verità: "Sì, dici bene di non aver marito. Ma non perché tu non abbia un compagno. Non hai marito perché ne hai già avuti cinque e questo che hai adesso non è tuo marito ma un tuo compagno".
Avere avuto sei uomini, è chiaro, fa della donna una "donna facile".

Siamo presso un pozzo e il pozzo è il simbolo della profondità. Il pozzo ti costringe a scavare, ad andare dentro per tirare fuori ciò che c'è sotto e ciò che c'è di nascosto.
Gesù non fa il moralista (gli era stata servita un'occasione sul piatto d'argento: lui giudeo con una donna così e per di più samaritana...!): "Ma non ti vergogni! Ma che donna sei! Sei nel peccato! Sei impura!".
Gesù costringe la donna a dirsi una verità dura e difficile: "Ho avuto tanti uomini ma nessuno mi ha mai riempito dentro; nessuno mi ha mai bastato; nessuno ha mai placato la mia sete".
Gesù è colui che ti mette di fronte alla tua verità. Gesù non fa sconti sulla nostra vita; Lui non ci giudica, non ci condanna, ma vuole che andiamo dentro di noi e che tiriamo fuori le cose per come stanno.
C'è una donna, quarant'anni e non sposata. Lei dice: "Non ho trovato nessuno perché gli uomini non vogliono impegnarsi e pensano sempre e solo a quello". La verità è che ha paura di non valere come donna, di essere rifiutata; ha paura che qualcuno stia con lei e poi si stanchi, così per sicurezza non si coinvolge mai.
C'è un prete che dice: "Non viene più nessuno in chiesa; questo mondo materialista ed edonista!". Sì, potrebbe essere vero. La verità però è un'altra: "Chi vuoi che venga ad ascoltarti se predichi così!".
Un uomo dice: "Se io ho un problema me lo gestisco da solo". Sì, potrebbe essere vero ma la verità è: "Io non voglio farmi aiutare da nessuno perché sono orgoglioso".
Una donna dice: "Io non riesco a dormire insieme a io marito perché lui russa". Sì, potrebbe essere vero, ma non è la verità. In realtà tu non sei più attratta da lui e ti sta bene evitarlo.
Un ragazzo dice: "Io sono uno che si accontenta, sono di gusti facili, sono uno buono". Sì, potrebbe essere vero. Ma la verità è che tu hai paura di scegliere, che tu hai paura di dire di no e cerchi di accontentare tutti in modo che gli altri non ti lascino o non siano delusi da te. E' diverso!
C'è una ragazza che dice: "Io non capisco, gli uomini cadono tutti ai miei piedi. E sì che io non faccio niente, anzi!". "Ma guarda come ti vesti! Non vedi che tenti di sedurli tutti!".

Incontrare il Signore è dirsi la verità, non mentirsi, non dirsi "balle".
A volte noi sentiamo che dietro le nostre affermazioni c'è qualcosa che andrebbe visto, indagato, portato fuori, a galla. Ma non ci spingiamo oltre perché è meglio "non farsi troppi problemi". Così sopravviviamo; così sfuggiamo alla verità, all'incontro con noi stessi; così sfuggiamo al nostro cuore e a ciò che c'è dentro.
Facendo così viviamo una vita falsa, mascherata, non nostra: mostriamo una verità (e tentiamo poi di convincerci che siamo proprio così!) per avere una bella faccettina da esibire agli altri e fuggiamo da noi.
Ma vivere una vita non nostra non può che portare inevitabilmente all'insoddisfazione e all'infelicità.

La verità non è difficile da accettare se non abbiamo qualcosa da difendere. La verità è l'unica strada per Dio. Perché dirsi la verità è andare al centro, nel profondo di sé, faccia a faccia dove Dio risiede.
Se la donna non si fosse detta la verità ("sì ho avuto sei uomini ma in realtà sono ancora affamata d'amore") non avrebbe potuto incontrare l'Amore vero, il Signore, colui che sfama ogni sete. Certo che se tu devi difendere qualcosa, allora è impossibile dirsi certe verità.
Se la tua famiglia dev'essere perfetta, non puoi accettare che ci siano dei problemi in casa tua. E se ci saranno, li sminuirai, li nasconderai, li seppellirai.
Se tu devi difendere la tua immagine di "bravo uomo" non puoi andare in crisi, non puoi chiedere aiuto, non puoi accettare di fare degli errori, non puoi vederti imperfetto.
Se tu devi difendere i tuoi genitori, che "sono stati dei bravi genitori", non puoi vedere che la loro educazione è stata alquanto discutibile, che ti hanno ferito, che hanno cercato di farti come a loro andava bene.
Quando una persona non riesce a dirsi la verità, bisogna chiedersi: "Che cosa deve difendere?".

La donna ha avuto sei uomini. Sei come le giare a Cana. Un caso? Il sei è il numero che prende tutto ma che, nonostante abbia tutto, gli manca sempre qualcosa (non è il sette, la perfezione, la realizzazione). A Cana c'era lo sposo e il vino ma il vero sposo e il vero vino era il Signore, la settima giara. Per questo c'erano sei giare. La Samaritana ha avuto sei uomini: nessuno di essi ha placato la sua fame d'amore.

Un uomo, quand'era bambino, veniva lasciato a piangere per ore. Poi si stancava e, disperato, prendeva sonno. Lui si sentiva abbandonato. I suoi genitori, invece, dicevano: "Vedi che ha imparato!". Quando sua moglie esce alla sera per una cena con i colleghi o con le amiche lui vive un'angoscia terribile. Rivive la paura di essere abbandonato così fa di tutto perché lei non vada.
Un uomo si sente sempre in colpa, sempre in difetto; deve sempre fare di più o qualcosa per gli altri. Lui si chiede: ma perché mi devo sempre sentire così? Perché devo accontentare gli altri prima di me? Quand'era piccolo, suo padre, per lavoro, aveva dovuto abbandonare la famiglia. Sua madre, quando lui la faceva arrabbiare, le diceva: "Il papà non c'è perché tu sei cattivo". Così lui pensava che suo padre non c'era per colpa sua. Oggi la cosa continua: se qualcosa non va con qualcuno, pensa che sia sempre colpa sua e che dipenda tutto da lui.
Una donna, da piccola, aveva la madre "esaurita" che non poteva prendersi cura di lei. Anzi: in certi giorni la madre urlava o spaccava qualcosa; in altri dormiva tutto il giorno depressa. Così la bambina si alzava sempre nell'angoscia: che giornata avrà oggi mia madre? Ci sarà il sole o la tempesta? Sarà tranquilla o me le prenderò? Era un'angoscia continua! Adesso che è adulta, ogni mattina, risente quell'angoscia.
Una donna è insieme ad un uomo che sperpera i soldi con "le macchinette" (i videopoker) e che si fa gli spinelli. Lui la maltratta, la picchia e la umilia. Ma lei dice: "Non posso vivere senza di lui. Lui è tutto".
C'è una donna, sposata, che dice: "E se un giorno non lo amerò più? E se non avremo più nulla da dirci? E se si innamora di un'altra?". Così questa donna fa di tutto per lui, diventando assillante.

Che c'entra tutto questo con la fede? Sono problemi di fede questi? Questioni spirituali? Certo!
Quando mi attendo dal mio compagno di riempire il mio buco interiore dell'infanzia gli chiedo qualcosa che non può fare, che non mi può dare. Sono come la Samaritana: affamato d'amore ma nessun amore può riempire il mio buco. E per quanto lui faccia non basterà mai (oltre al fatto che sarò possessivo da morire!). Solo Dio può riempire il mio vuoto.
Quando chiedo a mio marito, a mia moglie, di farmi felice, gli chiedo qualcosa che non può darmi. Quando gli chiedo di esserci sempre, di darmi protezione assoluta, di farmi sentire sicuro, gli chiedo qualcosa che non può darmi. Nessun uomo, nessuna donna, ci possono dare qualcosa di assoluto. Il mio compagno non può placare tutta la mia sete di protezione, di sicurezza, la mia fame d'amore e d'accoglienza. E più mi aggrappo a lui e più diventa enorme, la paura di essere abbandonato.
Nessun uomo può soddisfare il mio bisogno d'amore. Nessuna donna può riempire la mia sete d'amore.
Non chiedete alle persone quello che non vi possono dare. Uno perché sarete delusi; due perché, stressate, se ne andranno e le perderete.

Le relazioni uomo-donna sono sempre imperfette e parziali (non per questo non meravigliose!). Noi chiediamo un amore infinito, assoluto, perché abbiamo fame e desiderio di Dio, di Lui. Allora: la nostra domanda è infinita mentre la risposta è finita. Se ci aspettiamo che l'altro ci riempia del tutto, saremo sempre delusi.
Se, invece, siamo consapevoli che l'altro ci ama ma che non può soddisfare alla nostra fame infinita, allora sapremo accettare e cogliere anche l'amore parziale ma meraviglioso degli uomini e delle donne.
Quando faccio questo realizzo due cose: la prima è che non delego a qualcun altro ciò che dovrei fare io. E' la mia vita, la mia felicità, la mia strada, non posso chiedere a nessun altro di fare ciò che io devo fare.
La seconda è che non chiedo ad un uomo di farmi da Dio. Solo Dio, che è infinito, può placare la mia sete che è infinita.
"Puoi cambiare quanti uomini vuoi (i sei uomini della samaritana stanno per tutti gli uomini), ma nessuno può saziare la tua fame d'amore (solo il settimo, il Signore). Non sbagliare obiettivo".
Peccato, in ebraico, è una freccia che non raggiunge il bersaglio. E' sbagliare obiettivo. Non fare peccato è, allora, non chiedere a qualcuno di darci quello che non ci può dare.

Alcuni genitori vivono per, in funzione, del proprio figlio. Allora il figlio sente che senza di lui, i genitori sono persi, morti, che non possono più vivere. Questo peso lo schiaccia e gli impedisce di andarsene. Magari si sposa anche, ma dentro non li ha mai lasciati (e spesso proprio per questo si sposa un partner simile al genitore).
Alcuni genitori vivono col terrore se il proprio figlio torna tardi la sera, se va in vacanza lontano o se non lo sentono per due-tre giorni. Il figlio è tutto per loro e non possono vivere senza di lui.
Quando chiedo a mio figlio di essere la mia ragione di vita ("Vivo solo per te; se non c'eravate voi avrei lasciato tuo padre; mi fai morire; sei tutto quello che ho") allora vuol dire che io ho perso la mia ragione di vita. Vuol dire che io non ho più una vocazione, una chiamata; vuol dire che ho perso la mia strada divina e ho fatto di mio figlio l'assoluto della mia vita, la mia strada. Mio figlio è sulla mia strada (magari per un bel po' di tempo) ma non la mia strada.
Sto scambiando Dio per mio figlio e faccio di mio figlio Dio.
Fede è non perdere mai di vista il centro: io ho un nucleo divino; io sono a questo mondo per un motivo ben preciso; io ho qualcosa da vivere e da realizzare; io sono chiamato a qualcosa che devo seguire; Dio mi ha creato per un motivo ben preciso. Se vivo per mio figlio allora vuol dire che io ho perso la mia chiamata divina.
I figli sono un dono: mi sono donati ma non appartengono a me, sono di Dio. Ma neanche i genitori appartengono ai figli: sono donati ai figli perché siano da essi amati, ma non sono loro.
Amiamoci ma non dimentichiamo la nostra realtà più profonda: nessuno è di nessun altro perché tutti siamo solo di Lui. Solo a Lui apparteniamo e a nessun altro.
Per questo in un rapporto marito/moglie o genitori-figli o amico/amico è importante la preghiera, lo spirito, la fede. Se non c'è la fede faccio dell'altro un idolo e gli chiedo l'impossibile.
Io ho bisogno di fermarmi, di inginocchiarmi, di fare silenzio e di pregare: "Signore, tu solo sei Tutto. Tu solo sei l'Acqua, il Vino, lo Sposo, il Compagno, la Felicità, la Strada piena e assoluta. Non chiederò agli altri di essere Te e non mi sostituirò a te per gli altri. Amo mio figlio, ma so che è tuo. Amo mio marito, ma non è tutta la mia vita. Desidero essere amato da mio figlio e da mi marito ma non chiederò a loro quello che solo Tu mi puoi dare. E grazie, Signore, grazie per ciò che ogni giorno loro mi danno".

Gesù nel vangelo si spinge ancor oltre. Non solo dice: "Non fare di nessun uomo Dio", ma addirittura: "Non fare di nessun'autorità, di nessuna esperienza, di nessun gruppo religioso il tuo Dio".
"E' giunto il momento in cui né su questo monte (Garizim) né in Gerusalemme adorerete il Padre. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità" (4,21-23). E' difficile per noi accogliere e accettare le conseguenze di ciò che Gesù dice.
Dov'è Dio? Dov'è che lo troviamo? In chiesa, in una liturgia, in chi si sacrifica, quando uno prega... Forse sì, forse no. Dio non è in un posto. Dio si rende visibile dove c'è spirito e verità, qualunque posto sia, qualunque uomo sia, qualunque zona della terra sia.
Per noi è più facile e più gratificante cercare Dio fuori di noi: su di un trono, circondato da poteri magici, nelle grandi liturgie oppure trovarlo nei dogmi o nelle chiese. Perché così ci risparmia lo sforzo di decifrare e di pervenire alla verità e allo spirito che ci abita.
Ma Dio non è qui o lì. Dio è dove c'è spirito e verità. Questo è il criterio. Allora: non è più importante chi sei, cosa puoi esibire ("Io sono questo; io ho questo incarico; io ho fatto questa scuola religiosa, ecc"), ma se nel tuo parlare, nel tuo agire, nel tuo amare, traspare spirito e verità. Se traspare, lì Dio c'è.
S. Agostino diceva che se entrava in una casa e vedeva che un uomo e una donna si amavano veramente, non aveva bisogno di chieder loro se erano sposati perché il sacramento stesso dell'amore (Dio) li univa (capisco che la frase è pericolosa ma colgo il senso profondo dell'affermazione).
Quando un uomo vive fedele alla sua coscienza e aderente al suo spirito, lì Dio c'è. Non importa più se è cristiano, musulmano, buddista o se si proclama ateo: in ogni caso lì Dio c'è.
Quando un uomo fa verità di sé e porta la luce nel suo profondo, lì Dio c'è. Quando un uomo ama, rispetta e onora tutti gli esseri che vivono, lì Dio c'è. Quando due persone si amano passionalmente nella libertà di ciascuno, lì Dio c'è. Quando una persona lotta per la verità intorno a sé e per l'accettazione della diversità, lì Dio c'è.
Un giorno durante una conferenza una persona chiese, forse provocatoriamente, a Davide Maria Turoldo: "Ma nelle nostre chiese c'è Dio?". E lui rispose: "Se c'è spirito e verità, allora Dio c'è".
C'è Dio qui stamattina fra di noi? Non lo so, non spetta a me dirlo. So che se c'è "spirito e verità" allora Lui c'è.
Non chiederti più dov'è Dio; chiediti invece dove c'è spirito e verità: lì c'è anche Lui.

Pensiero della Settimana
Si racconta che il figlio di un famoso scultore (il figlio era adolescente) non voleva accettarsi: non sopportava il suo carattere, il suo corpo e la sua famiglia. Nel giorno del suo sedicesimo compleanno il padre gli regalò un po' di terra: era della semplice creta. Il figlio si arrabbiò tantissimo: "Ma che razza di regalo è?". Allora il padre prese la creta, la lavorò, la modellò e la colorò fino a farne una stupenda scultura. Poi gli disse:
"Cosa sarebbe successo se tu l'avessi buttata via'", disse al figlio.
"Che discorsi, che non avresti fatto questa scultura".
"Bene, figlio mio, tu sei questa creta, non buttarti via!".