Omelia (13-03-2011)
don Marco Pedron
Ciò che hai nel cuore

Ciò che tu hai nel cuore

Con questo vangelo inizia la Quaresima. Le tentazioni sono sempre il vangelo che la liturgia ci propone nella prima domenica di ogni quaresima.
Le tentazioni non sono un fatto storico come pensiamo noi (cioè che Gesù è stato fisicamente quaranta giorni nel deserto e lì ha conversato con il diavolo). Sono una riflessione haggadica: l'haggadà era un commento di brani della Bibbia. Esprimono in immagini non tanto un fatto storico ma una dimensione, una possibilità, qualcosa che Gesù ha vissuto tutta la vita: la tentazione di usare in maniera diversa il suo potere (Gesù leader), la sua posizione (Gesù Figlio di Dio) e le sue conoscenze (Gesù conoscitore di Dio-Abbà). In un unico episodio e con delle immagini viene concentrato ciò che è successo in tutta la vita. Per tutta la vita Gesù fu tentato; per tutta la vita Gesù fu tentato di seguire altre strade (godimento, possesso, potenza) e non la strada della Croce.

Il vangelo inizia dicendo: "Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto" (4,1). Cosa vuol dire questo? Tutto viene da Dio. Da Dio viene il bene e da Dio viene "il male" (Dio non ci manda mai il male, ovvio, ma ciò che noi consideriamo "male" è un passaggio che Dio permette per la nostra conversione ed evoluzione).
Gesù un attimo prima aveva appena ricevuto lo Spirito. Prima di questo vangelo c'è il Battesimo di Gesù (3,13-17). In quell'episodio si aprono i cieli (=comunicazione aperta tra terra e cielo) e lo Spirito di Dio scende e viene su di lui.
Lo Spirito qui è Amore: "Questi è il Figlio mio prediletto nel quale mi sono compiaciuto" (3,17). Gesù percepisce Dio come Madre, come accoglienza, come amore senza condizioni, come presenza, come abbraccio, come amore di predilezione.
Ma quello stesso Spirito nel versetto successivo (4,1) lo spinge, lo manda, lo conduce nel deserto. Il verbo passivo indica che è lo Spirito che vuole questo. E' lo stesso Dio di prima che lo manda qui.
Questo ci aiuta a capire che la nostra immagine di Dio è falsata. Per noi se una cosa è bella, buona e soprattutto non ci fa soffrire allora vuol dire che viene da Dio. Se una cosa, invece, è dura, ostica, dolorosa, difficile, allora viene dal diavolo, dal male.
Ma qui non è così: è lo stesso Spirito-Dio che lo spinge nel deserto. Questo vuol dire che tutto ciò che capita viene da Dio (che Lui lo permette). Non mi chiederò più quindi se questa viene dal diavolo o da Dio, ma qual è la prova, il passaggio, che devo affrontare e superare.

All'inizio della storia (Gen 3) il serpente tenta Adamo ed Eva. Il serpente viene simboleggiato come il male che cerca di far cadere i primi due uomini. Ma serpente (n-sc-h; na-ha-sc) è colui che conduce (n-s; na-ha) verso il potenziale (sc=è una riserva d'energia pronta ad esplodere). Il serpente non è il male, ma una barriera, uno steccato, un passaggio necessario, che tu devi compiere per evolvere, per liberare tutta l'energia e le potenzialità che sono dentro di te.
Capite: il serpente, l'avversario (Satana=avversario) svolge una funzione necessaria nella nostra vita.
Dobbiamo stare attenti perché alcune persone vedono il diavolo dappertutto. Ma è più semplice scaricare sul diavolo che affrontare i problemi. Perché se è colpa del diavolo, che ci posso fare io? Niente!
Ma se invece ciò che accade è un ostacolo-barriera da superare, allora sono chiamato a compiere un passaggio, a portare alla luce qualcosa che era nascosto (la lettera nun di nahasc-serpente indica in ebraico il pesce, l'inconscio). Allora non è più il diavolo ma Dio stesso che mi chiama a compiere questo passaggio.
C'è un uomo che dice: "Il diavolo mi tenta la notte e non mi fa mai dormire. Non riesco proprio a dormire nel mio letto; posso dormire solo in divano in salotto". E davvero è così. Ma non è il diavolo: è che lui, da bambino, ha visto morire suo padre nel letto. Pensava che suo padre dormisse, è andato a svegliarlo e invece era freddo. E quella morte è stata la rovina della sua famiglia. Non è il diavolo, ma lo shock che non ha ancora superato, il pianto che non ha ancora espresso, il dolore rimastogli dentro e il lutto non fatto.
Un altro uomo dice: "Il diavolo mi tenta con tutte le fantasie sessuali possibili". Ma non è il diavolo, è che lui ha represso tutto ciò che ha a che fare con sessualità, corpo, contatto. Allora questa dimensione si ribella e lo tormenta perché vuole la sua attenzione. Ma lui teme di affrontarla. Nessun diavolo, solo ciò che hai represso. Altro che diavolo, è Dio stesso che ti invita: "Accogli la tua umanità e non reprimerla".
Un altro uomo dice: "Devo farmi benedire perché è il terzo incidente grosso che faccio in auto". Sì, può essere un'idea, ma... Gli chiedo: "E dove li fai?". "Li faccio andando a lavorare". Questo uomo lavora con il padre in una piccola azienda. Nessuna fattura, nessuna maledizione, solo il suo inconscio che non ne può più di questa situazione, dove lui a quarant'anni è ancora dipendente, succube, servo di suo padre. Così non cresce, rimane "bambino". Nessun diavolo, nessun demonio: leggi piuttosto la mano della Vita che ti sta parlando. Fai incidenti perché il tuo inconscio si ribella di stare in quella strada, di stare lì, mentre il tuo conscio-razionale si impone di starci.
Dio, se vuole qualcosa, vuole che affrontiamo i nostri demoni e non che sfuggiamo a loro. Lo Spirito spinge e costringe Gesù nel deserto a confrontarsi con i suoi demoni. Lo stesso Spirito, per amore, ci chiede di affrontare faccia a faccia i nostri demoni.

La parola tentazione (4,1.3: peirazo) vuol dire "mettere alla prova, verificare, fare un test".
In Dt 8,2 Dio dice a Mosè: "Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant'anni nel deserto, per metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi".
Avete presente a scuola? Che ne so, biologia o chimica o fisica: si studia e poi si fa una verifica per vedere se si è acquisito, se si sa, se si è appreso ciò che si è studiato. La tentazione è la stessa cosa. La tentazione non è Dio che vuol "farti cadere in errore, farti sbagliare, che ti seduce per vedere se cedi". Ti pare che Dio sia così perfido? No, ovvio. La tentazione ti serve perché tu possa vedere veramente ciò che tu hai nel cuore.
Il verbo ebraico sa-da-h (s-d-h) vuol dire "tendere insidie, spiare, cacciare o anche sedurre, avvincere": è la tentazione. Ma sa-d (s-d) è "il fianco, il lato opposto, l'avversario" e sa-de-i è (s-d-i) "il braccio o il lato divino". La lettera ebraica sade (s) è proprio un gancio da pesca, un arpione: lo getti nel mare della tua vita e pesca ciò che sei.
La tentazione non è allora il male ma il "tuo lato opposto", quello che non vuoi vedere, che fai finta di non avere, che preferisci allontanare definendolo "male" solo perché pescarlo cambia la tua immagine di te o è difficile da accettare.
Non a caso la parola selà (s-l) che noi traduciamo come la famosa "costola" di Adamo, in realtà è "l'ombra, l'altro lato" dell'uomo, quello che non vuol vedere. Ogni uomo ha un lato che non vuol vedere, che si nasconde. E' la grande tentazione: lasciare un lato di sé nascosto. La tentazione ti costringe a vederlo e a prendertene cura.
Sarà per questo che Adamo dovrà sposare Eva: perché Eva, in realtà, è nient'altro che la parte di Adamo che egli fatica ad accettare e a volere. Per questo dopo che Adamo ha accettato Eva (Gen 1,22) dirà: "Sì questa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa" (Gen 1,23). Solo dopo l'accettazione, l'Umanità (Adamo=Uomo) dirà: "Sì io sono anche questo!". Prima di accettare Eva (Eva=energia, parte feconda), l'uomo ha tutto ma non è felice (Gen 2,4-20).
E la parola "croce" (selab, s-l-b) è l'arpione (s=lettera sade) nel cuore (leb, l-b) per immergersi nell'ombra (selà, s-l) e condurre la creazione (b) verso il suo altro lato, la luce.
Tutto questo vuol dire che io devo entrare nella mia ombra (cosa che ferisce) per far uscire il dono che vi è dentro.

Ogni tentazione ha un dono. Se guardate, quando Gesù esce dall'esperienza delle tentazioni, non lo ferma più nessuno. Il "dono" delle tentazioni è una forza irresistibile, perché Gesù lascia cadere ogni aspettativa della gente su di lui e segue imperterrito la sua strada e la sua missione. Per questo bisogna entrare nel deserto, bisogna essere tentati, bisogna affrontare i propri demoni.
Ogni entrata nell'ombra, anche se all'inizio ci fa paura, ha un dono da portare alla luce. Ogni discesa nell'ombra ha un dono di luce.
Una donna di trent'anni e ha una paura terribile di lasciare i suoi genitori; ha paura di perderli, ha paura che muoiano e pensa di non poter vivere senza di loro. Chi vuole affrontare tutto ciò? Ma nessuno, ovvio. Qual è il dono di tutto questo? L'autonomia.
Un'altra donna ha sempre vissuto facendo la "forte": nelle relazioni lei si dà, ma mai del tutto, perché, dice, non ha così tanto bisogno dell'altro, anzi può farne anche a meno. Solo che così non è mai del tutto dentro ad un rapporto. La sua grande paura è di essere ferita: "Se mi apro, poi sono vulnerabile". E chi vuol entrare dentro a tutto questo? Nessuno! Eppure il dono, se lo farà, sarà l'amore e l'essere amati.
C'è un uomo che fa', fa e ancora fa. Lui è sempre in azione. Lui, dice, "non ha tempo per fermarsi". In realtà ha paura di fermarsi, perché se si fermasse potrebbe sentire le voci lontane del suo bambino (che ha sofferto ed è stato molto umiliato). Chi lo vuole fare? Nessuno, ma bisogna farlo. Il dono sarà la gioia, perché finalmente qualcuno si prenderà cura di quel bambino.
I grandi regali per il compleanno non ce li danno gli altri, ma ce li facciamo noi quando abbiamo il coraggio di entrare nel deserto, nel buio e nella nostra ombra. I tesori sono nascosti; le perle sono nel fondo del mare e dentro le ostriche; le cose più belle di noi sono nascoste dentro di noi.
La pienezza non è data dall'aver tante cose, ma dal saper "tirare fuori" i doni, i regali, le ricchezze, che sono già dentro di noi ma che moriranno con noi se non avremo il coraggio di andarle a prendere.
E' per questo che lo Spirito spinge Gesù nel deserto: perché deve "scovare, pescare" questo lato nascosto di sé. Se Dio ci chiede qualcosa, è proprio quello di entrare nella tentazione per vedere chi siamo realmente.
Un uomo, una volta la settimana, va dal suo terapeuta a parlare di sé. La moglie è furiosa, furente con questo terapeuta, perché da quando suo marito va a parlare non è più lui, non è più lo stesso. Prima lui era il suo "cagnolino", adesso invece inizia ad avere una personalità e a farsi rispettare. Allora non è che gli psicologi rovinano le famiglie, come dice lei, ma che lei non vuole guardarsi dentro. Nel suo cuore c'è la tentazione di possedere suo marito perché lei è così insicura e così gelosa che "se l'è mangiato"!
Un uomo nel suo lavoro è gentile, sorridente e stimato da tutti. Ma quando torna a casa è un altro. Cerca di controllarsi ma spesso "scatta", urla e i suoi figli hanno paura di lui. Non è il diavolo che lo tenta ma l'altro lato di sé che non vuole vedere. Nel lavoro (e nella vita) gioca il ruolo del "bravo e sorridente" e questa strategia l'ha adottata fin da piccolo per essere accettato dalla sua famiglia. Tutta la rabbia che reprime nel lavoro e tutta quella del bambino si permette di viverla solo a casa e con i suoi figli. Non è la casa maledetta: è che lui è tentato di nascondere la rabbia che oggi e ieri ha mandato giù.

In ebraico la parola "profondità" (tahtenah) è (hatunah+tau) "matrimonio" "di ogni cosa" (la lettera tau è l'ultima lettera dell'alfabeto ebraico). Allora: diventare profondi, radicati, ancorati, è "sposarsi", cioè sposare, incontrare, accogliere, ogni cosa che c'è in me (luce e ombra). Tutto è degno di esserci e tutto ha motivo d'esserci.
Allora mi faccio la promessa di matrimonio: voglio "stare", amare, onorare, conoscere tutto ciò che c'è in me, bestie e fiere non importa, perché tutto è parte di me, perché tutto è in me.
E questa volta faccio a me la promessa di fedeltà e di amore, mi prometto di non tradirmi mai, di rimanermi sempre fedele e sempre accanto, di amarmi e onorarmi. "Io... (Marco) accolgo te... (Marco), come mio sposo. Con la grazia di Cristo prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.

Il vangelo parla di deserto (4,1). Il deserto richiamava agli ebrei due grandi esperienze.
A. I quarant'anni di peregrinazione del popolo nel deserto (Es 15,22-40,38; Lv; Nm; Dt). Ci vollero quarant'anni al popolo per arrivare alla terra promessa. Cioè: per raggiungere qualcosa di grande, di bello, di incredibile, come fu la terra promessa per gli ebrei.
Quattro (per cui ci vuole il suo tempo anche quaranta o quattrocento, suoi multipli) in ebraico è dalet: una porta. La quaresima è il tempo della prova, del blocco: c'è una porta da superare e ci vuole il suo tempo. E dal (da cui dalet-porta) vuol dire povero: è un passaggio di spogliazione, di povertà, di caduta delle false illusioni.
Vuoi una relazione con tuo marito o con tua moglie vera, forte, intensa: ci devi lavorare e ci vuole tempo. Vuoi conoscere davvero Gesù? Ci vuole tempo, impegno, studio, passione. Vuoi diventare una persona capace di comunicare? Ci vuole tempo, impegno, esercizio, studio. "E' il tempo che tu dedichi alla tua rosa che la fa importante", diceva il Piccolo Principe. Se tu non dai tempo, lavoro, esercizio, applicazione ad una cosa, allora per te non è importante.
Tutti i nostri desideri, le nostre terre promesse, hanno bisogno di un lungo cammino per essere raggiunti. Tutto ciò che è grande, richiede qualcosa di grande.
Una sera dopo un applauditissimo concerto, il maestro Andrés Segovia, considerato il più grande chitarrista di tutti i tempi, fu avvicinato da un ammiratore che estasiato gli disse: "Maestro, darei la vita per suonare come lei!". Andrés Segovia lo fissò intensamente e rispose: "E' esattamente il prezzo che ho pagato io!". Più una cosa è grande e più il costo è elevato.

B. Il deserto richiamava agli ebrei anche altro: Davide, e così tutti coloro che vollero impadronirsi del potere, andò nel deserto. Il grande re, modello del futuro Messia, si nascose nel deserto prima di impossessarsi del trono di re Saul e dare così inizio a Israele (1 Sam 23,14-25).
E per tutta la vita Gesù dovette combattere contro la grande tentazione di essere il Messia, "figlio di Davide" (22,42-45), colui cioè che restaurerà con la forza l'antico regno di Israele. Lo voleva la gente, lo volevano i discepoli e se lo aspettava anche il popolo.
Gesù sapeva molto bene come le folle erano pronte a mettersi a disposizione di questo Messia guerriero. E quando entrò in Gerusalemme tutti acclamarono: "Osanna al figlio di Davide" (21,9). Tutti volevano un re di forza, ma nessuno volle un re di pace (27,22: "Sia crocifisso"). Gesù dovette deludere le aspettative del popolo e di molta gente: Lui non era come loro volevano. Il deserto è duro, difficile, impegnativo per questo: ti mette di fronte a quello che sei davvero. Gesù conosce il pericolo: seguire quello che tutti aspettano o seguire ciò che è riposto nel proprio cuore?
Nel deserto non c'è niente e nessuno, allora emergono le grandi domande: "Cosa voglio dalla mia vita? Cosa sono disposto a rischiare? Quanto? A che livello voglio vivere? Quali sono le paure che mi frenano? Quali sono le bugie che mi racconto? Mi va di ascoltare le voci che ho dentro?".
Perché si può sfuggire a tutti, ma non a se stessi. Perché la si può raccontare a tutti ma non a se stessi.
Un uomo affermato, di cinquant'anni, ha deciso di partire volontario per l'Africa. Vuole andare ad aiutare quei bimbi. C'è già stato sei mesi anni fa e adesso lo vuole fare per sempre. I suoi amici gli dicono: "Ma hai tutto qui, perché vuoi andare a faticare e a soffrire là?". I suoi genitori anziani: "E non pensi a noi?". Gli operai della sua azienda: "Noi ci fidiamo di lei, non ci lasci soli qui". Si è preso del tempo di deserto e adesso ha deciso: "Non ascolterò nessuno se non che me (se non che Lui). Io parto". Il deserto è il tempo dove si cerca la profondità di sé, l'essenza di sé. E bisogna aver il coraggio di entrarvi!

Le tre tentazioni non sono inviti a fare delle cose peccaminose, ma delle seduzioni molto fini. Sono molto attuali perché ogni uomo che ha potere le conosce, le accetta e largamente le usa.

La prima: "Usa a tuo vantaggio le tue capacità". "Dì che questi sassi diventino pane" (4,3).
Il diavolo sa che Gesù è Figlio di Dio, non mette in dubbio la figliolanza. Gli suggerisce i vantaggi che ne possono derivare.
La Sap 2,18 dice: "Se il giusto è figlio di Dio, egli (Dio) l'assisterà". Siamo d'accordo tutti, no? Mosè, che era semplicemente un servo di Dio, aveva fatto piovere la manna dal cielo. Se Gesù è Figlio di Dio (e lo è, e satana lo sa!), cosa non può fare! Gesù davvero può trasformare i sassi in pane. Ma non lo fa', anche se lo può.
Un uomo da tanti anni è sindaco del suo paese: conosce tutte le persone del luogo. Non ha bisogno di fare la fila dal dottore perché è il dottore cha va a casa da lui. Se ha bisogno di andare in banca basta una chiamata e il direttore della banca immediatamente lo richiama. I negozianti lo riempiono di regali, doni, offerte, perché tutti hanno ottenuto (o sperano) favori da lui. D'altronde se si può...!
Un uomo ha le conoscenze giuste per cui ogni volta che una casa viene pignorata o svenduta lui lo sa. Le acquista e le rivende, guadagnando fortune: "Ma io non faccio niente di male!".
Un uomo che lavora in banca, siccome è un'abile comunicatore, riesce a propinare ai suoi clienti ogni tipo di azione, anche quelle spazzatura.
Qui il diavolo chiede a Gesù di fare una cosa che Gesù davvero farà nella moltiplicazione dei pani (14,20). Ma dov'è la differenza? Qui la capacità (dono di "fare pane") sarebbe utilizzata solo per sé (dimostrati chi sei, il potere che hai), lì invece è utilizzata per il bene di tutti ("tutti mangiarono e furono saziati e furono portati via dodici ceste piene di pezzi avanzati" (14,20)).
Per il vangelo una capacità utilizzata solo per sé è demoniaca; utilizzata per tutti è un miracolo.

La seconda: "Cerca l'approvazione, fa ciò che la gente si aspetta". "Gettati giù dal pinnacolo del tempio e gli angeli ti sorreggeranno" (4,6).
Tra le varie tradizioni concernenti il Messia, c'era l'attesa di una spettacolare manifestazione proprio nel tempio di Gerusalemme. Il pinnacolo è il punto più alto, più in vista: se Gesù fa qualcosa di spettacolare da lì, tutti lo vedranno. La gente non si aspettava altro che un Messia così.
Se Gesù fosse diventato il Messia che tutti si aspettavano, non sarebbe mai stato il Figlio di Dio che conosciamo.
Il discepolo disse al maestro: "Nessuno mi ama e mi ascolta, maestro". "Vuoi essere amato e ascoltato?". "Sì, maestro". "Allora devi dire alla gente quello che vuole sentirsi dire e ti acclameranno".
Sii come tutti ti vogliono: avrai l'approvazione... ma perderai te stesso. Fai le leggi che la gente vuole: otterrai voti e consenso... ma zittirai la tua coscienza. Cerca l'approvazione dei tuoi superiori: non avrai problemi... ma avrai perso la tua libertà. Compiaci i tuoi genitori: ti accetteranno... ma tu rimarrai bambino.
Cercare l'approvazione degli altri, per il vangelo, è demoniaco perché si tratta di rinunciare alla propria missione e alla propria strada.

La terza: "Sottomettiti e fai quello che ti dicono". "Ti darò tutto questo se prostrandoti mi adorerai" (4,9).
Perché il diavolo lo porta su di un monte altissimo? Perché il monte è la residenza degli dei e salire sul monte altissimo significa accedere alla condizione divina, la somma aspirazione per ogni potente (Ez 28,14.16). E' la massima aspirazione per un uomo di quel tempo e di ogni tempo: essere Dio, potere tutto. Il diavolo in fondo gli chiede una piccola, piccola cosa: avrà tutto se fa quello che lui gli dice. Cosa gli costa?
Tutti fanno così, tutti si comportano così, fallo anche tu, perché vuoi essere diverso? Tutti proclamano certi valori ma non li vivono, fai anche tu così! "Il mondo va così; non ci si può far niente; siamo dentro ad un sistema": accetta (=sottomettiti) questo! Dall'alto ti hanno detto di fare così: tu fallo e non farti domande!
Molte delle banche e delle poste sono diventate delle vere e proprie aziende: devono produrre utili. C'è un budget da raggiungere: se lo raggiungi ti danno il premio (=hai fatto quello che noi volevamo)... e bisogna raggiungerlo! Come? Spesso non è molto importante. Ti dicono di fare una cosa: tu la fai e basta. Ma se tutti fanno così, che accadrà? Se tutti obbediscono ed eseguono, che accadrà?
A Norimberga i criminali nazisti dissero: "Perché ci condannate? Noi dobbiamo essere premiati. Siamo ottimi soldati che hanno semplicemente obbedito e fatto il loro dovere". Ed era vero, che avevano obbedito. "Ma l'obbedienza", diceva don Lorenzo Milani, "non giustifica più".

Un giorno le foglie di un grande albero si ribellarono. La foglia capo, leader e ideologa, aveva teorizzato la ribellione, deciso e trovato come si poteva fare anche senza l'albero. Ingegnosamente la foglia-leader ideò un sistema per cui le foglie, quando faceva bel tempo si chiudevano e quando pioveva si aprivano per ricevere l'acqua. In effetti, così non avevano più bisogno dell'acqua e della linfa dell'albero perché se la procuravano da sole. Tutte le foglie aderirono alla proposta e si ribellarono. Il problema fu che morendo l'albero, visto che era rimasto "senza" foglie, morirono anche loro.
La foglia leader morì perché si ritenne Dio, onnipotente, capace di bastare a se stessa.
Ma le altre foglie morirono perché obbedirono ciecamente, senza pensare.




Pensiero della Settimana

Un cieco aveva imparato ad andare in bicicletta. Aveva calcolato esattamente le distanze, riconosceva i suoni e gli odori, aveva un navigatore che gli diceva esattamente cosa fare e andava perfino al lavoro in bicicletta. Il suo orgoglio era "al massimo"; diceva alle persone: "Io, di sera, non accendo neppure la luce della mia bici, tanto io non ci vedo!", ed era vero che a lui non serviva...
ma agli altri sì.
Morì una sera d'inverno, travolto da un auto che non lo vide!