Omelia (06-03-2011)
don Marco Pedron
Qualunque vento è....

Le parole del vangelo di oggi chiudono il Discorso della Montagna (5-7). Matteo è l'evangelista che più di tutti mette in guardia i suoi lettori dai falsi profeti. Prima di questo vangelo infatti dice: "Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci" (7,15). Mt dice: "Attenti, il pericolo non sta solo fuori ma anche dentro". Non tutti quelli che vi parlano di Dio vengono da Dio; non tutti quelli che sono "di Dio" vengono da Dio. State attenti.
Perché dice questo? In Israele vi erano i profeti di corte. Erano funzionari dei potenti di turno e stipendiati da loro. Ma poiché la loro vita era sostenuta dai potenti, loro stessi sostenevano i potenti. Godendo presso il popolo di autorità divina, cosa facevano? Coprivano "religiosamente", cioè con giustificazioni religiose e teologiche, tutte le malefatte, gli orrori e le ingiustizie dei potenti.
Contro i profeti di corte si scagliarono i (veri) profeti di Israele. Ezechiele disse (Ez 22,28): "I loro profeti hanno come intonacato tutti questi delitti con false visioni e oracoli fallaci e dicono: "Così parla Dio, il Signore", mentre in realtà non ha parlato affatto".
E quando i falsi profeti di corte sostennero di allearsi con l'Egitto per scrollarsi di dosso il giogo dei Babilonesi, il profeta Geremia (voce unica e inascoltata) predicò il contrario (quello cioè di non opporre resistenza ai Babilonesi; Ger 42,11) ma non fu ascoltato. E quali furono le conseguenze? Le conseguenze furono tragiche: Gerusalemme presa, il tempio distrutto, il popolo deportato (Ger 52).
E questo ci ricorda che non basta dire: "Ma io ho fatto quello che mi è stato detto!; ma a me hanno detto così; ma la chiesa dice questo; ma c'è scritto così!". Non ci si può giustificare: bisogna verificare di persona chi lo dice e se è attendibile ciò che dice.
Ci sono tre bambini che giocano: Marco e Matteo (di tre anni) e Luca fratello di Matteo (cinque anni). Marco ha in mano un suo giocattolo e Matteo glielo prende con forza e glielo rompe. Marco allora ci sta male e si riprende il giocattolo (chiaramente usa un po' di forza ma senza far del male a Matteo). Matteo, perso il suo giocattolo, va nella stanza vicina dove ci sono le mamme che parlano in lacrime: "Marco mi ha dato le botte; Marco mi ha preso il giocattolo e mi ha fatto male". Arriva Luca e dice: "Sì, è vero, l'ho visto anch'io che Marco gliele ha date!". La mamma di Marco, allora, si alza e sgrida Marco. Ma non era vero! Non erano andate così le cose!
1. Bisogna sempre verificare. 2. Non è detto che la maggioranza abbia ragione.
E che criterio utilizzare per riconoscere i veri profeti da quelli falsi? Perché non sarà semplice vedere la differenza; perché sarà facile confondersi; perché un falso profeta non vuole essere riconosciuto; perché un falso profeta - forse - neppure lui sa di essere "falso" ma si crede anzi un vero profeta.
Gesù dà un criterio semplice: "Dai loro frutti li riconoscerete" (7,16). Ma i frutti non sono "le opere", le cose fatte. Perché forse alcuni di questi potranno addurre di aver fatto grandi cose: "Profetato in tuo nome, perfino scacciato demoni e compiuto miracoli" (7,21). Oggi potremmo dire: "Chiese piene; considerato un grande santo e una grande asceta; un uomo che pregava sempre, ecc.". Non è detto! Forse, ma non è detto. State attenti!
Gesù dirà questa cosa proprio degli scribi e dei farisei: "All'esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume" (23,27).
"Dai frutti li riconoscerete" è un criterio più profondo: "Se un albero è buono produce frutti buoni; se è cattivo, ovviamente produce frutti cattivi" (7,16-20). Cioè: se uno ha la vitalità dentro questa esce. Ma se non ce l'ha non esce e non la senti. Se uno ha un cuore grande, pieno d'amore vero, di rispetto, di non giudizio, lo senti, lo percepisci. E se senti durezza, giudizio, rabbia, intransigenza, semplicemente vuol dire che dentro è così.
Perché come uno è dentro così è fuori. Non si può dare ciò che non si ha. Non si può produrre ciò che non si è. Se sei un melo produci mele e se sei un ciliegio produci ciliegie. Così se dentro sei per-dono doni perdono, se sei pace doni pace, se sei elasticità doni elasticità, se sei apertura doni apertura. Non si può dare ciò che non si ha (che non si è). Quello che sei (albero) passa, esce (frutti).
Se dentro hai la vita, la trasmetti, ti esce dalla bocca, dagli occhi, dalle parole, dai gesti, da ciò che dici e da ciò che non dici, da ciò che fai e da ciò che non fai.

Gesù dice: "Non vi ho mai conosciuti, allontanatevi da me operatori di iniquità" (7,23). "Non vi ho mai conosciuti" è un "no" secco, radicale, deciso; non abbiamo nulla in comune.
"Operatori di iniquità": in ebraico le iniquità (?awen) sono designate le pratiche magiche (Nm 23,21.23; 1 Sam 15,23). Ecco cosa danno: seduzione, magia, illusione, abbagli, ma non c'è niente di vero.
Gesù dirà dei farisei e degli scribi: "All'esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume" (23,27). Chi è morto non può passare la vita.
Il vero profeta, dice Gesù (che ha la Vita in sé), ti tira fuori la tua vitalità, ti aiuta ad essere più te stesso, più radicato, più autonomo, più libero; il vero profeta tocca le corde della tua anima e le fa risuonare.
Le parole del profeta ti aiuteranno a diventare una roccia, forte, a diventare te stesso e ad andare per la tua strada; un falso profeta vorrà conformarti, tenerti legato (in nome di Dio!), renderti dipendente a qualcosa.
Il vero profeta ti dirà: "Vai", quello falso: "Resta". Il vero: "Ascolta il tuo cuore, scegli e prenditi le tue conseguenze", quello falso: "Ascolta me; si fa così! ". Quello vero: "Sii vero e fedele a te stesso", quello falso: "Non si può fare quello che si vuole; ci vogliono i compromessi; bisogna adattarsi". Quello vero: "Osa la tua vita", quello falso: "Stai attento, meglio non rischiare troppo". Quello vero: "In ogni caso io ci sono", quello falso: "Te l'avevo detto, potevi pensarci prima".
Il bellissimo libro "Il gatto e la gabbianella" termina proprio così: "Vola solo chi osa farlo". Il vero profeta vuole farti volare anche se lo abbandonerai, perché non ha bisogno di te. Il falso ti tiene in gabbia perché invece lui sì che ha bisogno di te.
In una Diocesi c'è un sacerdote che i suoi confratelli chiamano "il matto". Lui vive, disperso sui boschi, senza riscaldamento né luce. Forse è un po' strano, eppure la gente va da lui e lui la accoglie. Non fa grandi cose o grandi discorsi, lui li ascolta, sa entrare nel loro cuore, non li giudica e riesce con il suo sorriso e con i suoi occhi luminosi dargli una speranza. Non tira fuori tanti discorsi religiosi, a volte neppure nomina "il Signore", ma non è importante che lo nomini perché si respira che Lui è lì.
Una persona che è tornata mi ha detto: "Non ti parla di Dio: lo respiri!". Con alcune persone è proprio così! Su di una casa di campiscuola c'è la frase: "Non cercare Dio, ci sei immerso!". Ma se dentro hai la morte, puoi sforzarti di nascondere tutto questo, ma la passi, non c'è niente da fare.
Sono in auto con una persona. Questa persona mi parla dell'amore, della tolleranza, dell'integrazione delle culture. Poi "uno di colore" gli taglia la strada e lui istintivamente con una rabbia feroce: "Tornatevene a casa, sporchi negri!". Poi si è scusato vedendo la mia faccia allibita: troppo tardi!
Sono stato ad un incontro dal titolo: "Far fiorire l'amore". Si è parlato un sacco "dell'amore". Poi una persona ha fatto una domanda sui divorziati e uno dei relatori, sottovoce (ma il microfono era acceso), ha detto: "Potevano pensarci prima!". Ognuno passa quello che è; ognuno trasmette ciò che ha dentro: "La bocca parla dalla pienezza del cuore".

E Gesù dice pure: "Attenti a quelli che dicono sempre "Signore, Signore"", a quelli che hanno sempre in bocca Dio e che lo tirano fuori da tutte le parti.
Mio nonno diceva: "La lingua batte dove il dente duole". Come la lingua involontariamente torna a toccare il dente dolorante e ne risveglia subito il dolore, così pensieri o discorsi che tornano sempre sui soliti argomenti, che insistono sempre su certi temi ne rivelano, che lo vogliamo o no, un problema.
Avere in bocca "Dio" e parlare sempre di Lui non vuol dire essere suoi discepoli. Con il nome di Dio si può fare di tutto. I nazisti avevano l'iscrizione "Dio è con noi" nei loro elmi. Quando un genitore picchia suo figlio, lo fa - dice lui - sempre "per amore" (!?).
Dov'è la menzogna? Non "nel tuo nome", ma "con il tuo nome". Si può parlare di Dio o si può utilizzare "Dio" per i nostri scopi. Una storia narra di un frate missionario che arrivò nelle lontane terre dell'Asia. Qui si imbatté in una tribù che non credeva in Dio. Pensavano che ogni cosa fosse Dio; per cui, questi selvaggi, pregavano l'albero prima di tagliarlo; pregavano lo spirito del bue prima di ucciderlo; non uccidevano nessun animale se non per lo stretto necessario del cibo; rispettavano tutte le creature e tutte le culture, pur avendo la loro; erano felici e spesso di fronte al sole che scendeva o si alzavano cantavano al Dio Sole. "Ma - diceva il frate missionario - non hanno Dio". Così li istruì lui. Gli spiegò la Bibbia e i dieci comandamenti; li costrinse a imparare il Padre Nostro e le preghiere; per fare la Comunione dovevano essere in grazia e professare al fede cattolica. Dopo alcuni anni tutti furono battezzati e tutti erano cristiani. Ma nessuno di loro fu più felice, come prima di conoscere Dio!

Poi Gesù continua dicendo: "Chiunque ascolta queste mie parole" (7,24). Ma quali parole? Sono le parole del Discorso della Montagna. Se le ascolti e le vivi (le metti in pratica), allora diventi saggio perché queste parole ti forgiano, ti plasmano, ti radicano. Allora le parole non sono più parole ma vita.
Se invece le ascolti ma non attecchiscono dentro di te, allora sei stolto. Allora le parole rimangono parole e alla prima difficoltà sarai spazzato via. Hai ascoltato il vangelo, hai letto la Bibbia, ma sono rimaste parole, non ti hanno modificato, non hanno prodotto niente in te, non ti hanno nemmeno scalfito: parole, fumo!
La differenza tra l'uomo saggio e quello stolto sta nel fatto che lo stolto solo "ascolta" le parole, mentre il saggio le "ascolta e le mette in pratica".
Metterle in pratica vuol dire che queste parole lo trasformano, lo cambiano, diventano la sua vita. Perché il vangelo non è un libro di Dan Brown, ma un'opera di conversione. La Buona Nuova (eu-anghelion, vangelo=buona-nuova) vuole farci nuovi, altrimenti non è buona.
Il vangelo, come ti ha cambiato la vita? Te l'ha cambiata? Su cosa ti fa diverso? Cosa ti dà? Perché se il vangelo rimane un libro non serve a niente. Il vangelo è una persona (Gesù Cristo).
La domenica a messa, queste parole, ti entrano? Ti toccano? Ti emozionano? Producono qualcosa? Ti mettono in crisi? Ti aprono nuovi scenari? Ti danno luce? Insomma, succede qualcosa in te o no?

La prima roccia: il vangelo. Tornare al Gesù storico altrimenti facciamo filosofia su Gesù. La fede cristiana si basa sul vangelo: il resto dovrebbe venire da lì.
Ogni sera, quando il guru si sedeva per adorare, il gatto dell'ashram si cacciava fra i piedi degli oranti e li distraeva. Perciò egli ordinò che il gatto fosse legato durante l'adorazione serale. Dopo la morte del guru, il gatto continuò ad essere legato durante l'adorazione della sera. E quando il gatto morì, un atro gatto fu portato nell'ashram per essere debitamente legato durante l'adorazione serale. Qualche secolo dopo i discepoli eruditi del guru scrissero dei dotti trattati sul significato liturgico dell'usanza di legare un gatto durante l'adorazione. Vi fa ridere? C'è da piangere a pensare a tutto quello che facciamo semplicemente perché lo abbiamo sempre fatto o perché non ci poniamo la domanda se abbia ancora senso.
La Chiesa oggi, a volte, è troppo impegnata su riforme pastorali, liturgiche, sull'aggiornarsi e sull'essere al passo dei tempi. Buono, certo, ma se non si scopre e se non si conosce veramente chi era Gesù, cos'ha vissuto, fatto, sentito, allora rischiamo di annunciare un Gesù che non è evangelico.
C'è bisogno di riprendere in mano il vangelo, di conoscere storicamente chi fu Gesù, cosa fece e cosa visse. Perché pensiamo di saperlo, ma quando poi lo si fa', le persone dicono: "Ma non sapevo tutto questo!". Gesù può essere seguito solo se può essere amato. E il Gesù del vangelo non si può non amare perché è troppo figo, grande, intenso, divino, umano. Ma Gesù è un'altra cosa dall'idea che abbiamo su Gesù.
Il Gesù del vangelo non è come quello che noi abbiamo in testa. Gesù stesso dirà: "Beato colui che non si scandalizza di me" (11,6). Gesù non è nato a Betlemme e Maria non ha mai cantato il Magnificat; la moltiplicazione dei pani non è stata un miracolo di Gesù a partire da cinque pani e due pesci e Gesù non ha mai camminato sopra le acque; i miracoli di Gesù vengono dalla sua umanità più che dalla sua divinità (quindi sono qualcosa che tutti noi possiamo fare!) e le apparizioni sono visioni interiori e non esteriori, ecc.
Lo sapevate che Gesù è stato aggressivo, in certi giorni depresso, in altri felice da toccare il cielo; ha provato odio e sdegno; ha sbagliato e si è dovuto ricredersi; anche lui si è messo in fila per la conversione dei peccati nel fiume Giordano, anche lui è cresciuto nell'esperienza e conoscenza di suo Padre, ecc.?
In una notte nera alcuni uomini si imbatterono in qualcosa. Non si vedeva proprio nulla. Quando non c'è la luna nella savana non c'è nessuna luce, è buio pesto. Uno disse: è grande e stabile, qui siamo al sicuro, è certamente una roccia. Un altro disse: qui c'è un ramo lungo, è certamente un albero, mi metterò a dormire qui. Un altro disse: qui c'è qualcosa di morbido, è certamente un po' di terra umida, io mi sdraierò qui. Tutti avevano conosciuto qualcosa, una parte, ma si erano fermati lì. Non avevano capito che quello era un grande elefante, che stanco della loro presenza, mentre loro dormivano, si alzò e li schiacciò.
Se non si conosce il vangelo, il Gesù della storia, si può dire di tutto su di lui, ma non è Lui.

La seconda roccia: le radici. Il vangelo è chiaro, quasi ovvio visto che lo sappiamo tutti: una casa sulla sabbia per definizione non può tenere. Non ha fondamenta, non ha radici, non ha radicamento: alla prima tempesta non terrà. La forza di un albero sta nelle sue radici. Non in ciò che si vede ma in ciò che non si vede. Nessun albero può essere più forte delle sue radici.
Nella mia via di Padova (via Facciolati), quand'ero piccolo, ogni tanto cadeva un albero. Alberi enormi, alti, possenti, imponenti, forti, ma dalle radici striminzite. A me sembrava strano ma era ovvio. Non ciò che sembra fuori, ciò che appare, ma ciò che uno è dentro, questo è decisivo nella vita. La forza è dentro.
Quanti matrimoni iniziano con i propositi (veri) migliori! Veramente gli sposi si amano e veramente farebbero di tutto per il partner; non c'è bugia in ciò che dicono, ma non c'è profondità. E così poi nel tempo, dopo qualche anno si spegne tutto e si "tira avanti".
Quanti giovani passano per le parrocchie: animatori bellissimi, pieni di energia, di simpatia e di risorse. Ma basta una difficoltà, basta una delusione, al primo scontro lasciano. Non riescono a tenere, non hanno radicamento, risorse, per affrontare le tempeste della vita. E quando arrivano, sono neve al sole, foglie al vento.
Quante persone hanno iniziato cammini veri e profondi in maniera entusiastica: "Andrò fino in fondo; non lo mollerò mai; è la svolta della mia vita". Ma non hanno resistito.
A certe persone potresti prevedere il futuro: non che tu sia chiaroveggente, ma semplicemente vedi. Se hai due litri di benzina è ovvio che non arriverai a Bologna. Lo sanno tutti. In certe situazioni non c'è carburante sufficiente per cui è semplicemente ovvio quel che succede.
Quando inizio qualcosa mi devo chiedere non solo se lo voglio, ma anche se ho la capacità di sostenere ciò che scelgo. Non solo se lo voglio ma anche se lo posso. Perché se le radici non sono profonde, anche se lo desidero in realtà non lo posso.
Ai nostri ragazzi non dobbiamo risparmiare le fatiche e le frustrazioni. La fatica dello studio ti radica che qualunque cosa ha bisogno di fatica, impegno e lotta. Oggi è lo studio, ma domani sarà la relazione con il partner o l'affrontare le proprie questioni.
Le frustrazioni dello stare insieme (invidie, gelosie, competizioni, separazioni, preferenze) non si possono evitare: i nostri ragazzi devono imparare a reggere la normale sofferenza delle relazioni. Perché altrimenti, se non sono radicati e forti, cosa capiterà quando la ragazza li lascerà? Che capiterà al primo tradimento? Che accadrà alla prima separazione?

Gli eventi per entrambe le case, sono gli stessi: "Cade la pioggia, straripano i fiumi, soffiano i venti". Tutti noi dovremo affrontare dei venti contrari nella nostra vita. Nessuno di noi ne sarà sottratto.
Crisi personali: quello che prima ti andava bene, adesso non ti va più e ti fa angosciato o triste. Crisi di coppia: l'amore che prima ci riempiva il cuore adesso non ci riempie più. Crisi religiose: prima Dio era l'appiglio sicuro e adesso non lo senti più vicino, non ti fidi più neanche di Lui. Eventi difficili: perdi il lavoro, sbagli un investimento, vieni tradito dagli amici o dai parenti. Eventi luttuosi: ti muore il padre o la madre, il coniuge, un amico; una separazione, un divorzio. Alcune persone vivono sperando di essere preservate dalle intemperie della vita. Ma non è possibile. Anche se fai di tutto per evitare le tempeste (che vuol dire non vivere) saranno loro a raggiungerti. Gli eventi duri, difficili, dolorosi, ostici, sono le grandi occasioni, le opportunità, che abbiamo per crescere come persone oppure possono essere la disfatta della nostra vita.
Cos'è che fa la differenza nella difficoltà? Conta dove sei radicato. Conta cos'hai dentro. Conta se hai costruito sul "niente" (te la sei solo raccontata) o sulla roccia.
Un uomo a cinquant'anni si è accorto di aver vissuto una vita non sua. Lui amava la musica, l'arte e il pianoforte. Ma non ha mai sviluppato niente di tutto questo. Che si fa? La casa sulla sabbia dice: "Ormai, a cinquant'anni!? Nella prossima vita. Sarebbe stato bello...". Invece lui è andato a scuola di pianoforte. Non sarà mai Ludovico Einaudi o Giovanni Allevi. Ma ogni anno, il giorno del suo compleanno, per i suoi amici, organizza un concerto di pianoforte. E siccome è diventato abbastanza bravo, quest'anno farà il concerto con un violino.
Non è ciò che succede fuori che è grave; è ciò che hai dentro che determina la drammaticità o meno di una cosa.
Il figlio quindicenne viene scoperto a "smerciare" spinelli e cocaina. La casa sulla sabbia dice: "E' finito in brutte compagnie! (Possibile!) Che figlio disgraziato! Che vergogna! Ci vorrebbe la pena di morte per quelli che importano la droga, ecc.". La casa sulla roccia dice: "C'è un problema, non facciamoci terrorizzare, affrontiamolo". La casa sulla roccia viene scossa da una cosa del genere (e come non potrebbe!) ma non viene portata vita.
Anni fa due uomini sono rimasti chiusi, per sbaglio, in una cella frigorifera. Il primo è andato in panico: "Senti che freddo che fa', moriremo assiderati, oddio". E, infatti è morto assiderato. Il secondo, invece: "Ma non sento tanto freddo! E se non c'è freddo non moriremo affatto". E, infatti, non morì perché la cella frigorifera era spenta.
Il problema non sono le tempeste della vita ma le nostre radici. Qualunque vento è pericoloso per chi non ha radici e qualunque bufera è affrontabile per chi ha radici. Non vivere evitando le tempeste (tanto non è possibile). Costruisciti radici forti e radicate e nessuna tempesta ti farà allora paura.
Una ragazza, in un villaggio di pescatori, restò incinta. I suoi genitori la picchiarono finché non confessò chi era il padre: "E' stato il maestro zen che vive nel tempio fuori dal villaggio". I suoi genitori e tutti gli abitanti del villaggio si indignarono. Una volta nato il bambino, accorsero al tempio e lasciarono il neonato ai piedi del maestro zen. Gli dissero: "Sei un ipocrita, questo bambino è tuo! Prendine cura!". Il maestro zen si limitò a replicare: "Va bene! Va bene!". E diede il bambino ad una donna del villaggio perché lo svezzasse e lo accudisse, facendosi carico delle spese. In seguito a questo fatto il maestro perse la propria reputazione, i suoi discepoli lo abbandonarono, nessuno andò più a chiedergli consigli, e questo durò per alcuni mesi. Quando la giovane vide tutto ciò, non sopportò questa situazione e raccontò a tutti la verità. Il padre del bambino non era il maestro, ma il figlio del vicino. I suoi genitori e tutti gli abitanti del villaggio, tornarono al tempio e si gettarono ai piedi del maestro zen. Implorarono il suo perdono e chiesero che restituisse loro il bambino. Il maestro restituì il bambino e si limitò a dire: "Va bene! Va bene!".


Pensiero della Settimana

La verità vi libererà sconvolgendovi.
(Swami Beyondananda)