Omelia (20-02-2011)
don Marco Pedron
Chi fa il bene vive....

Il vangelo di oggi è la continuazione di quello di domenica scorsa e delle precedenti domeniche. Gesù dice: "Avete inteso che fu detto agli antichi: occhio per occhio e dente per dente" (5,38).Per capire cosa dice Gesù dobbiamo considerare due cose.

La prima: nel libro dell'Esodo infatti c'è scritto: "Se c'è una disgrazia pagherai vita per vita; occhio per occhio; dente per dente; mano per mano; piede per piede; bruciatura per bruciatura; ferita per ferita, livido per livido" (Es 21-23-25). E' la legge del taglione.
A noi ci sembra un po' brutale, primitiva e in effetti lo è. Ma dobbiamo considerare che fu per quel tempo un grande salto evolutivo per la civiltà. Infatti, prima di quel tempo, se uno del mio clan veniva ucciso, allora "la legge" permetteva di uccidere tutto il villaggio nemico. Cioè, non c'era limite alla vendetta. Con la legge del taglione si limitava l'eccesso di giustizialismo, permettendo "la giustizia" proporzionale, e non oltre, all'ingiustizia ricevuta.
La seconda: gli ebrei avevano le idee chiare: quando Israele ascolta Dio, Dio interviene, libera Israele e distrugge i nemici. Allora il popolo esulta, inneggia canti e balli al Dio che salva.
E' famosa la lettura della notte di Pasqua (Es 15): il passaggio del Mar Rosso e il canto di vittoria (il Salmo). Ma cosa si dice lì? Si dice che Dio interviene per uccidere tutti gli Egiziani e così fa. E di fronte a questo Maria la profetessa canta con timpani e danze: "Evviva! Alè! Cantate al Signore perché ha gettato in mare cavallo e cavaliere" (Es 15,21). E prima si prega dicendo: "Il mare li coprì, sprofondarono come piombo in acque profonde; stendesti la destra e li inghiottì" (Es 15,10.12).
Ma chi sono questi "inghiottiti"? Sono persone, uomini, con cuore e anima come gli ebrei. Il Dio dell'A.T. è così: i nemici di Israele Lui li distrugge tutti. E' come Rambo, Terminator: senza pietà. Ma che Dio è questo?

E se Israele non ubbidisce ai suoi comandi? Stessa sorte! Il Levitico dice: "Se camminate secondo i miei precetti, (bene!)... la spada non oltrepasserà le vostre frontiere... Perseguirete i nemici che cadranno davanti a voi a fil di spada. Ma se non mi ascoltate e non adempite i miei comandi..., mi rivolgerò contro di voi e sarete distrutti davanti ai vostri nemici; vi tiranneggeranno coloro che vi odiano" (Lv 26,3.6-17). Se Israele non ubbidisce, nessuna pietà. E così, succede!
Gli ebrei vengono presi e deportati a Babilonia. Ma come può essere che Dio abbandoni il popolo? Ecco la soluzione: Dio non ha abbandonato il suo popolo, ma è stato il popolo ad allontanarsi da Dio. Dio allora utilizza i re stranieri perché il popolo si converta e torni ad amarlo di vero cuore.
Passa il tempo, passano i secoli, ma la cosa non cambia. La Palestina viene continuamente presa d'assalto da tiranni stranieri, prima Alessandro Magno, poi Roma. Allora la spiegazione: "Ci succede questo perché il nostro cuore si è allontanato da Dio, non tiene più". Allora dei visionari (l'apocalittica) iniziano a dire: "Dio verrà e verrà presto; verrà e verrà in maniera violenta".
Al tempo di Gesù nessuno dubita più: tutti attendono il Vendicatore, colui che distruggerà i nemici di Israele. Al tempo di Gesù si pensa e si crede questo. E odiare i nemici è segno di zelo, di fede. Il Sal 139,21-22 dice: "Signore, come potrei non odiare coloro che ti odiano, e non disprezzare quanti si levano contro di te? Sì, li odio con un odio implacabile, li considero tutti miei nemici".
Era normale, ovvio, segno di fede, merito religioso odiare i nemici. E in questo clima, che succede? Succede che arriva Gesù.

E che dice Gesù? Amate i vostri nemici e anzi pregare per loro (5,44). Ma che è, pazzo? Fuori di testa?
Questa frase non c'è nell'A.T., non c'è nel resto del vangelo (Lc è il parallelo di Mt) e del N.T.; non c'è nella letteratura ebraica o cristiano. E' un comando unico e nuovo.
Gesù porta un'immagine di Dio totalmente diversa: Dio non è violento. Finora si diceva: la grandezza di Dio è nel far giustizia (=eliminare), nel punire e nel vendicarsi. Gesù dice: no! Dio non è affatto così. "Il Padre celeste fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e gli ingiusti" (5,45). Dio non è violento; Dio non verrà a fare la guerra ai romani; Dio non invierà nessuno a "sistemare le cose".
Capite che questo era la caduta di una grande illusione: "Le cose cambieranno; Dio interverrà per noi". Gesù compie una grande disillusione: "No, Dio non verrà così, perché Dio non è così".
E che ci rimane da fare ­ dicevano gli ebrei ­ allora? Assoggettarci con rassegnazione agli oppressori romani? Accettare l'ingiustizia dei grandi proprietari terrieri? Tacere davanti agli abusi del tempio? Abbandonare per sempre la speranza di un mondo nuovo? Dobbiamo allora stare zitti? E' uno stile passivo, remissivo, quello che Gesù ci propone?

Gesù propone una prassi di resistenza non violenta. Gesù non era un irrealista: vedeva bene anche lui l'ingiustizia e l'impotenza degli ebrei. Non pensava ad una magica trasformazione di quella società ingiusta e crudele.
Il dramma di quando si è dominati, è che si ci abitua alla dominazione e la si accetta: "Non si può far niente; è la società così; noi non possiamo, non abbiamo le forze; le cose vanno così". Allora si insinua l'idea che è così e che non ci sia nulla da fare. Gesù dice: "No, si possono fare tante cose. Non arrenderti".
Gesù con questi esempi dice: "Mi costringi a fare quello che vuoi tu? Allora faccio qualcosa che non ti aspetti. Faccio qualcosa perché, anche se tu (tiranno) puoi costringermi a fare delle cose fuori, in realtà il mio cuore, la mia dignità e la mia libertà, non me le puoi portare via". La schiavitù è fuori, ma nessuno ci può far schiavo dentro, almeno che noi non lo vogliamo.
E Gesù fa degli esempi. Sono esempi del suo tempo. Non dobbiamo fermarci all'esempio per fare così anche noi ma dobbiamo cogliere il senso profondo degli esempi.

Il primo: uno ti percuote la guancia destra?
Colpire con uno schiaffo era abbastanza normale a quel tempo: era il modo di chi sta sopra per umiliare chi stava sotto. Era normale per i padroni colpire gli schiavi e i servi; era normale per i mariti colpire le mogli. Ma non si può fare diversamente, dice Gesù? Bisogna solo sottomettersi?
Gesù dice: "Guardalo negli occhi e porgigli anche l'altra guancia. Mostragli che ti può punire, che ti può far male, che può avere controllo su di te, ma non sul tuo cuore".
Una madre continua a dire al figlio di nove anni: "Vieni di qua perché è pronta la cena". Ma lui non viene e continua a giocare con la playstation. Ad un certo punto lei perde la pazienza, s'arrabbia, va su tutte le furie, va di là, gli tira quattro sberle e lo costringe a venire di qua a tavola. "Hai visto che sei venuto!", dice la madre. E il figlio le dice: "Il corpo è qui ma io sono di là".
Un soldato nazista racconta quest'episodio. Il suo capo (siamo nel campo di concentramento di Auschwitz) dice ad una donna ebrea che era la donna "di compagnia": "Tu sei mia! Io faccio di te quello che voglio". E lei, guardandolo negli occhi: "Avrai sempre il mio corpo ma mai il mio cuore".

Per me questa frase vuol dire: "Mantieni il tuo cuore vivo, capace d'amare".
La vita è così: ci ferisce. Cosa succede? Ogni ferita provoca due sentimenti: dolore e collera. Tanto dolore, tanta collera (rabbia); tanta sofferenza, tanto odio.
Pensate in natura: siete una iena e un leone vi azzanna. Sentire il dolore (la ferita) ed è la collera (rabbia) che vi permette di difendervi (cosa che contro un leone va valutata!). Per fortuna che abbiamo questa collera, quest'aggressività: senza non ci difenderemo.
Ma l'odio che teniamo dentro fomenta, diventa rancore, ci inacidisce, ci indurisce. Allora non solo siamo stati feriti al cuore ma lasciamo morire il nostro cuore. Non permettere al tuo rancore, al tuo odio, di uccidere il tuo cuore. Perché se è vero che gli altri ti feriscono, sei solo tu che puoi lasciar morire il tuo cuore. Mantieni sempre vivo l'amore (guancia), la capacità di amare.
Siete innamorati e poi lei ti lascia. Dolore enorme e rabbia. Che te ne fai di questa rabbia? Perché questa rabbia ti può indurire e puoi dirti: "Mai più darò il mio cuore a qualcuno".
Allora porgi l'altra guancia non è: "Ne ho già preso una e ne prendo un'altra" (da masochisti). Ma è: "Se la vita mi ferisce (guancia), tengo il mio cuore vivo, morbido (come lo è una guancia) e non mi indurisco".
Quante persone dopo una delusione d'amore si sono indurite e hanno detto: "Mai più!". La rabbia ci indurisce e ci fa diventare freddi, cinici. Non solo allora ci ferisce il cuore ma ce lo toglie, ci toglie la capacità d'amare e di provare amore.
Due fratelli avevano un piccolo negozio. Uno dei due ha rubato migliaia di euro facendo fallire l'attività. Dico a quello defraudato: "Lo devi odiare un bel po'!". E mi risponde: "Mi ha sottratto i soldi, ma non il cuore". E ha continuato: "Non permetterò al mio odio di chiudermi all'amore".
Mazen Juliani era un farmacista palestinese di 32 anni, padre di tre figli che viveva nella parte araba di Gerusalemme. Il 5 giugno 2001 mentre sta prendendo il suo caffè con degli amici al bar, viene centrato e muore da un colpo di arma da fuoco sparato da un colono ebraico. La famiglia decide di donare gli organi. "Ci sarebbe un israeliano che ha bisogno del cuore!". La moglie: "Non voglio che il mio cuore muoia insieme a mio marito". Avrebbe potuto ritirarsi nel suo odio, indurirsi, e invece no. Oggi l'israeliano Yigal Cohen batte con un cuore palestinese.

Il secondo: uno ti vuol portare via la tunica? Dagli anche il mantello.
La tunica era il capo d'abbigliamento interno, che si portava direttamente sul corpo; il mantello, invece, era il capo pesante che si portava al di sopra. Secondo l'esodo non si poteva prendere il mantello del povero, perché era l'unico riparo con cui poteva difendersi dal freddo durante la notte.
La tunica allora è l'intimità. Vuoi ferirmi nell'intimità? Ok, puoi ferirmi anche nell'intimità e lasciarmi anche nudo, ma io non perdo la mia dignità. "Togliti anche il mantello e mostragli che non perdi la tua dignità".
Quando noi compiamo uno sbaglio, che facciamo? Ci vergogniamo di ciò che abbiamo fatto e ci mettiamo sopra una maschera per nasconderci. Ma così perdiamo la nostra dignità.
Un uomo ha perso qualcosa come centomila euro al gioco d'azzardo. Anche se di soldi ne ha tanti, i famigliari spettegolavano: "Guarda cos'ha fatto! Che vergogna!". Allora lui un giorno (è il pranzo del compleanno del padre e ci sono tutti i fratelli), si alza in piedi e dice: "So che sapete che ho perso centomila euro. E sapete che vi dico: non è vero, perché in realtà ne ho persi trecentomila! Ho sbagliato, ho chiesto aiuto (si stava facendo aiutare da un centro specializzato), ma non ho perso la mia dignità". C'è un detto che dice: "Se giri nudo non devi nascondere nulla".
Un uomo ha un lavoro dirigenziale in una struttura cattolica. Si è innamorato di una ragazza divorziata: la ama davvero, ma teme che si venga a sapere perché questo lederebbe il suo onore e il suo curriculum di bravo ragazzo davanti alle autorità religiose. Per quattro anni tiene nascosta la fidanzata. Poi lei si stanca e lui, pur amandola (cosa non fa la paura!), piuttosto di far brutta figura con i suoi capi, la lascia. Lei gli dice: "Io ho perso un uomo ma tu hai perso la dignità".
Quando sbaglio, mi vergogno e mi viene da nascondermi, da seppellirmi, da fare una buca e ficcarmi lì dentro. E, invece, no: mai perdere la propria dignità.
Il terzo: uno ti costringe a fare un miglio? Tu fanne due.
Cosa vuol dire? Non adattarti (fare un miglio), ma tieni il potere della tua libertà.
La legge romana proibiva di costringere qualcuno a portare carichi per oltre un miglio. Infatti, se le autorità militari lo richiedevano, si era obbligati a trasportare carichi per un miglio. Questa situazione accade, ad esempio, nel racconto della Passione, dove Simone di Cirene è costretto con la forza a farsi carico della croce di Gesù (27,32).
Certo non è una grande vittoria contro Roma fare così, ma in ogni caso dimostrerai che sei libero anche quando sei obbligato e costretto.
Una ragazza è stata costretta dal padre avvocato a fare giurisprudenza. Lei voleva fare psicologia, ma il padre l'ha costretta. Non c'era scelta e così ha fatto giurisprudenza. Ma dentro di lei ha mantenuto sempre una parte di libertà nel suo cuore. Il giorno della laurea, conseguita a pieni voti, è andata dal padre e gli ha detto: "Papà, ho fatto quello che tu hai voluto e mi sono laureata. Toh, questa è la tua laurea (e gli ha consegnato l'attestato di laurea). Adesso faccio quello che voglio io". L'anno dopo si è iscritta a psicologia.
C'è una storia simpatica ma che aiuta a capire. Un omone entrò nella stanza affollata e gridò: "C'è qui un tizio di nome Murphy?". Un omino si alzò e disse: "Sono io Murphy". L'omone quasi lo uccise: gli spezzò cinque costole, gli ruppe il naso, gli fece gli occhi neri, lo gettò a terra ridotto ad uno straccio. Poi uscì con passo pesante. Dopo che se ne fu andato, l'omino, pieno di dolore, rideva tra sé e sé. Gli chiesero: "Ma cosa c'è da ridere?". "Gli ho fatto fare la figura dello stupido", diceva ridendo e pieno di dolore. "Ah, ah!, io non sono Murphy!".

Il vangelo poi continua: "Amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori" (5,44). Cosa vuol dire? Vuol dire che se uno fa del male devo sorridergli? Vuol dire questo Gesù? Vuol dire che se uno è ingiusto con me io devo far finta di niente e avere sentimenti di benevolenza?
Sei in difficoltà e un mese hai bisogno di soldi. Allora un tuo amico ti presta dei soldi e ti tira fuori da una situazione difficile. Come puoi non volergli bene? Tuo figlio è arrabbiato con te: ma tu sei suo padre, sua madre, e se bussa a casa tua, come puoi non aprirgli? "Se amate quelli che vi amano, quale merito ne avrete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani" (5,46-47).
Cosa vuol dire allora "amare i propri nemici"? La risposta l'abbiamo al versetto 45: "Siate come Dio che fa sorgere il sole e piovere sui buoni e sui malvagi".

Gesù distingue l'amore dai sentimenti di amore.
Gesù non dice: "Devi sorridere ai tuoi nemici" oppure "devi provare simpatia, considerazione, ammirazione" oppure "devi sentire affetto" per i tuoi nemici, per chi ti ha fatto del male o per chi ti ha ferito (sentimenti d'amore). Gesù non è stupido e sa che non si possono comandare le emozioni.
La donna che viene picchiata, come può essere felice di questo? Come può sorridere a suo marito? L'uomo che viene "fregato" dal socio di lavoro, come può provare affetto e benevolenza per chi gli ha rovinato la vita e l'ha messo "su una strada"? Il bambino che si sente preso in giro, che è vittima di bullismo, come può provare amore per chi gli fa questo?
No - dice Gesù - non si possono provare sentimenti di amore per i nemici.

Gesù dice un'altra cosa: "Amali anche se sono i tuoi nemici". Cioè: "Continua a fare il suo bene, quello che è bene per lui, quello che è meglio per lui, anche se è il tuo nemico".
La Bibbia è piena di Salmi di vendetta per i nemici e a quel tempo si diceva: "Mi hai fatto del male? Ti faccio del male!". Occhio per occhio, dente per dente. Quando qualcuno ci fa del male, qual è la reazione prima, spontanea, immediata? Ci viene da vendicarci, da ricambiarlo con la stessa moneta. "Mi hai fatto del male, beh, anch'io allora".
Ma cosa succede se fai così? Cosa succede al tuo cuore se reagisci al male con il male? Se il tuo nemico è malvagio e ti ha fatto del male, se tu gli fai del male cosa diventerai? Diventerai come lui, un malvagio. Allora non sarai né più né meno di lui. Allora abdicherai all'amore per la rabbia, per l'odio, per il risentimento. E facendo così avvelenerai il tuo cuore.
1. Il nostro cuore è come una spugna: assorbe ciò che vive. Quando tu vuoi (o fai) il male ai tuoi nemici allora il tuo cuore diventa così. Se fai il male diventi tu male. E se fai il bene diventi tu bene.
2. Inoltre se fai il male perché lui ti ha fatto del male, lui vince due volte. La prima perché ti ha ferito, fatto del male, la seconda perché ti ha fatto diventare come lui.
Un uomo ha lasciato la sua donna con due figli. Lei ne ha sofferto tantissimo (dolore). Non è riuscita a superare, ad elaborare il suo dolore e quando lui deve vedere i figli, lei (lui è per lei il suo nemico adesso) per vendicarsi, glielo impedisce. Detto che bisognerebbe chiedersi quanto soffrano i figli... ma se tu ti vendichi, non sei come lui? E infatti il suo cuore è pieno di risentimento, di odio e vive per fargliela pagare. Ma invece di viverla per fargliela pagare (la ferita così rimane), perché non vivere per tornare ad amare? A gioire? Amare il suo ex marito non è provare affetto per lui, ma volere il suo bene (e dei figli!): che veda i suoi figli.
Un uomo aveva il padre che lo picchiava spesso, lasciandoli i lividi per giorni e lo umiliava di continuo. Lui lo odiava (e come non poteva essere così: era il suo nemico). Non si è mai liberato da questo dolore che gli marcisce dentro (rancore dal latino rancesco=marcire, puzzare, irrancidire). Oggi suo padre è vecchio e nonostante stia per morire lui non va a trovarlo, anche se suo padre gliel'ha chiesto espressamente. E' chiaro che questo uomo è nel risentimento e finché non fa un cammino spirituale non ne esce; è chiaro che non può provare adesso sentimenti d'amore. Ma non è questo che gli si chiede. Amare suo padre è andare a trovarlo un'ultima volta perché questo è ciò che fa bene al padre.

E' freddo e nevica e due uomini in mezzo ad una tormenta di neve stanno tentando di arrivare al rifugio. Incontrano, miracolosamente per strada un uomo che invece di aiutarli o di aggregarsi a loro li deruba e scappa. Cammin facendo i due uomini sentono urlare: era proprio il ladro che era scivolato dentro un burrone e si era spezzato le gambe. Uno dei due dice: "Ben gli sta! Così impara! Se l'è voluta!", e tira dritto. L'altro pensa: "Ma come faccio ad andare avanti? Questo qui muore! E' vero mi ha derubato dei soldi ma io non lo deruberò della vita". E così si ferma, lo tira su, se lo mette sulle spalle e faticosamente, in mezzo alla neve riprende il cammino. Cammin facendo i due si imbattono su qualcosa: è l'uomo che aveva tirato dritto; era morto di freddo. Lui, invece, sudando e con il calore dell'altro sulle spalle, era rimasto vivo. E così arrivarono al rifugio. Il suo nemico fu davvero il suo "amico"!
Fa sempre il bene perché il bene che fai, prima o poi, ti ritornerà sempre indietro.
Chi fa il bene vivrà bene e chi fa il male vivrà male.


Pensiero della Settimana

Tu sei il tuo peggior nemico.
Come puoi amare gli altri se non ami neppure ciò che c'è in te?
Tu sei il tuo migliore amico.
Se ami ciò che c'è in te, credo, potrai amare anche ciò che c'è fuori di te.