Omelia (23-01-2011)
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COMMENTO ALLE LETTURE
a cura di don Nazzareno Marconi

PRIMA LETTURA
Il nostro testo si trova nella seconda parte della raccolta profetica di Isaia e introduce la predizione della nascita del figlio del re, apportatore di pace e gioia in contrasto con le tenebre dell'occupazione nemica della Palestina settentrionale. Questo oracolo si colloca probabilmente nel tempo in cui Tiglat Pilesar III occupò le regioni settentrionali della regione, nell'anno 732. La prima parte del testo descrive l'umiliazione della terra occupata, la seconda parte descrive la gioia della liberazione.
Agli abitanti di questa terra occupata dall'Assiria e perciò sottoposta all'umiliazione viene assicurata la gioia e la gloria della liberazione.
Al contrasto tra umiliazione e glorificazione succede qui il contrasto tra tenebre e luce. Le tenebre sono simbolo di infelicità, di oppressione, di schiavitù e di morte, la luce è simbolo dei valori opposti che significano la salvezza.
La gioia della liberazione viene espressa con due immagini, l'immagine agricola della mietitura che viene compiuta con allegrezza e l'immagine bellica della divisione del bottino dopo la vittoria.
L'ultima frase descrive ancora la liberazione attraverso l'eliminazione dei segni della schiavitù: il giogo, la sbarra, il bastone dell'aguzzino. Tutto l'evento della libertà ricuperata è chiaramente presentato come un dono di Dio e non come un'opera delle forze umane.

SECONDA LETTURA
La prima parte della lettera prima ai Corinzi tratta delle divisioni presenti nella comunità; il nostro brano sta all'inizio di questa parte della lettera ed espone i fatti. Paolo è informato delle querele e dei dissensi che dividono i fedeli; essi si sono raggruppati in partiti attorno a dei nomi, i più insigni e venerati dalla chiesa primitiva, le rivalità dei gruppi diventano sorgente di lotte e di questioni interminabili. Responsabili di queste agitazioni e divisioni non sono le persone dei capi della chiesa, a cui ciascun gruppo appella, ma unicamente coloro che scelgono i nomi illustri per alimentare le divisioni. Le pretese di questi gruppi implicano una assurdità che Paolo rinfaccia loro quasi con violenza, e cioè che il Cristo sia diviso. Cristo è diventato capo della chiesa con la sua morte e risurrezione redentrice ed è con il sacramento del battesimo che ogni fedele si unisce a Cristo nel suo mistero e viene incorporato alla sua chiesa. Il battesimo ha valore non per la persona che lo amministra ma in virtù della persona di Cristo da cui trae efficacia e al quale congiunge. Ne consegue l'unità tra tutti coloro che sono stati battezzati, i quali formano la stessa unica comunità credente: la chiesa.

VANGELO
Il brano di vangelo di questa domenica torna all'evangelista che ci sta accompagnando in quest'anno liturgico: Matteo. Almeno due particolari di questo testo sono propri del modo in cui Matteo scrive il suo Vangelo e meritano attenzione.
Il primo è il frequente riferimento all'Antico Testamento, in questo caso ad un profeta, per spiegare il valore dei gesti e delle parole compiuti da Gesù. E non si tratta solo di spiegare gesti miracolosi o straordinari. Qui, ad esempio, è un semplice cambio di residenza: da Nazareth a Cafarnao. Quando Matteo cita l'AT, che cosa vuole dirci? Questo leggere la vita di Gesù alla luce delle parole dell'AT non era certo una invenzione di Matteo. Gesù stesso ci viene presentato dai vangeli come il Maestro che insegna ai suoi discepoli: "A leggere in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui "(Lc 24). E Matteo, un maestro della nuova comunità cristiana, si riconosce (secondo gli esegeti) nella immagine dello "Scriba del regno dei cieli che trae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche" (Mt 13,52). Con questa immagine verrebbe definito l'Antico Testamento come un "tesoro di sapienza" antica che parla di Cristo. Allo stesso modo i ricordi dei discepoli su Gesù conservati nel Nuovo Testamento, sarebbero "un tesoro di sapienza nuova". Matteo vuol indicare l'unità di questa duplice testimonianza su Gesù, invitandoci perciò a leggere non solo il Vangelo: ciò che Gesù ha detto e fatto, ma l'intera Parola di Dio.
Matteo ci insegna che letto con gli occhi della fede, l'Antico Testamento appare come una grande e ricca profezia su Gesù, attenta alle cose grandi come alle piccole, perché nulla nella Sua vita era casuale. Anche i più piccoli particolari come un trasloco, erano pieni di significato perché in essi Gesù compiva in pienezza il piano di salvezza del Padre, iniziato nell'Antico Testamento e portato a compimento nel Nuovo.
Ascoltare solo il Vangelo per comprendere il mistero della vita e delle parole di Gesù, è come sentire la musica "in mono". Molto meglio "lo stereo"! Con il canale dell'Antico Testamento e quello del Nuovo da sentire insieme.
Accanto alle citazioni dell'Antico Testamento, per aiutarci a conoscere meglio Gesù, Matteo impiega anche immagini simboliche che riassumono ed unificano intere sezioni del vangelo e della vita di Gesù. E' come se attraverso queste immagini ci fosse dato un titolo sintetico, che ci aiuta a leggere il tema centrale di tutta una parte di Vangelo. Il nostro brano, che apre una lunga sezione nella quale Gesù annuncia la venuta del Regno di Dio, ci propone l'immagine della luce che si accende nel buio e guida un popolo nel suo difficile cammino.
Sarà un'immagine che ritornerà nei vangeli delle prossime domeniche ritmando il nostro cammino, anche noi saremo inviatati a diventare un popolo che cammina seguendo una luce.
E' quello che era avvenuto al tempo dell'Esodo degli Ebrei dall'Egitto, quando nel buio della notte nel deserto, dove nulla può indicare la strada della salvezza, compariva una colonna luminosa che guidava il popolo verso la giusta direzione.
Facendo attenzione ai prossimi vangeli, noteremo che l'immagine della luce ritorna con frequenza. Dopo le Beatitudini, che sono la grande luce che indica la strada del Regno di Dio, i discepoli, portatori e primi destinatari di questo annuncio, saranno definiti la "Luce del mondo" (Mt 5,12). Il cuore adatto ad accogliere gli insegnamenti di Gesù sarà quello di chi ha "un occhio capace di accogliere la luce e farla entrare nel cuore" (Mt 6,22). Ciò che Gesù ha insegnato ai discepoli in privato "nelle tenebre", andrà poi proclamato ovunque ed a tutti: "nella luce" (Mt 10,27).
Se ci lasciamo guidare da questo simbolo, scopriamo, come colorandolo con l'evidenziatore, un pezzo di vangelo molto ampio, ma unitario. E' una grande sezione di Vangelo che si apre con un riferimento al Battista in carcere (Mt 4,12) e si chiude subito prima di un nuovo riferimento a lui (Mt 11,2ss). Si apre con la vocazione dei primi discepoli e si chiude con l'invio in missione dei Dodici (Mt 10).
Ecco svelato il mistero, questa luce nelle tenebre è la luce dell'insegnamento delle Beatitudini, il cuore del vangelo di Gesù, che Giovanni ha annunciato, che i discepoli ricevono da Gesù, e che dovranno portare in tutto il mondo.
Le domeniche che ci attendono saranno un costante invito ad aprire gli occhi che la mentalità del nostro mondo ci tiene chiusi, per vedere la vera luce. Le parole del vangelo sembrano a volte oscure, perché sono difficili da vivere, è perché ci chiedono di vincere il nostro egoismo, perché privilegiano i valori spirituali rispetto a quelli materiali... Gesù ci dice che solo seguendo il vangelo potremo allontanarci da un mondo che piomba sempre più nelle tenebre per venire alla luce.