Omelia (19-12-2010)
don Alberto Brignoli
La vita non è un sogno? ma per Dio sì!

La vita non è affatto un sogno. Nel nostro agire quotidiano, tempo per sognare ce n'è ben poco. Occorre darsi da fare (per lo meno, noi comuni mortali) per "portare a casa la pagnotta", come si dice dalle mie parti. Quindi, tempo per fare i poeti e i sognatori non ce n'è.
La vita non è un sogno. La vita si rivela ben presto per quello che è: usciti dalla fantasia del mondo dei bambini, ben presto veniamo catapultati nel mondo degli adulti, non sempre così bello e magico come ce lo immaginiamo quando - da piccoli - pensiamo alla professione che eserciteremo, alla casa che abiteremo, all'auto che guideremo, al "principe" o alla "principessa" che sposeremo, eccetera.
La vita non è un sogno; soprattutto, quando ci accorgiamo che i progetti che avevamo in mente non si sono realizzati esattamente come li pensavamo, vuoi per le nostre incompetenze e incapacità, vuoi perché dobbiamo anche fare i conti con i progetti degli altri, che iniziano esattamente dove finiscono i nostri, e quindi qualche piccolo o grande inconveniente di buon vicinato c'è sempre.
Se poi ci si mette anche il pensiero - e magari Dio che vi si nasconde dietro - a turbare le nostre notti con domande, interrogativi e dubbi, allora ci rendiamo conto come gli incubi spesso abbiano un peso certamente più determinante rispetto ai sogni della nostra vita.
Proprio perché la vita, appunto, non è un sogno. O meglio, non è un sogno soltanto.
Ne sa qualcosa Giuseppe di Nazareth, discendente di Davide, nel cui albero genealogico (quindi forse anche nel suo DNA) ha certamente avuto sognatori illustri: su tutti, il capostipite d'Israele, Giacobbe (omonimo di suo padre, tra l'altro), che sognava angeli che salivano e scendevano lungo una scalinata che congiungeva terra e cielo; e poi suo figlio, omonimo di Giuseppe, stavolta, venduto come schiavo dai fratelli a causa dell'invidia che i suoi sogni un po' irriverenti suscitavano in loro.
Lui, però, il falegname di Nazareth, non aveva certo questa "nomea" di sognatore. Sognava quello che sognavano tutti i giovani di Nazareth di quell'epoca: una piccola bottega artigianale per sopravvivere, un piccolo pezzo di terra da edificarvi una casa, una bella moglie da amare che lo rendesse ben presto padre, la possibilità di vedere i figli dei propri figli, per i più "politici" magari assistere al crollo dell'Impero Romano e alla restaurazione del Regno d'Israele, e niente più.
Tempo, spazio e voglia di sognare "oltre" non ce n'era. Ci mancava pure che a questi modesti sogni "di provincia" si sommassero le ombre tenebrose degli incubi della vita, quelli che si hanno anche ad occhi aperti (già, i sogni "si fanno", perché sono prodotti dei nostri desideri... gli incubi "si hanno", perché quelli ci saltano addosso indipendentemente dalla nostra volontà proprio come fanno le vicende brutte della via): Giuseppe ha l'incubo di una fidanzata rimasta incinta prima del matrimonio non si sa bene come, ma di certo non per colpa di lui, che insieme a lei non ha mai convissuto un solo istante... l'incubo della vergogna, delle burla degli amici, ma soprattutto l'incubo del ripudio da attuare nei suoi confronti, primo atto di una condanna a morte per lapidazione.
No, non ce l'avrebbe mai fatta a ripudiare Maria pubblicamente: lui era molto più giusto di una legge discriminatoria nei confronti delle donne, che se restavano incinte prima del matrimonio di certo non avevano fatto tutto da sole, o no? A meno di qualcosa di miracoloso, di un intervento divino... ma quelle cose lì succedevano solo nei miti dell'Antico Testamento: Abramo, Sansone, Samuele, quella gente lì... ma non a Giuseppe e Maria di Nazareth. Via, lasciamo perdere il ripudio pubblico e che sia Dio a giudicare Maria: la rimanderò a casa di suo padre e di sua madre, e che le insegnino un po' di educazione... E ripartirò da capo, con i miei progetti e le mie idee, ma di certo non più con i miei sogni.
Perché la vita non è un sogno: questa volta per Giuseppe ha il sapore amore della fiducia tradita.
Ma - ce lo ricorda il Vangelo di oggi - Giuseppe ha una marcia in più, rispetto agli altri uomini di Nazareth: è "un uomo giusto", e siccome nella Bibbia si dice che "gli uomini giusti vedranno il volto di Dio", Dio gli rivela il suo volto. E lo fa - guarda un po' - attraverso un sogno, uno di quelli veri, di quelli belli, classici: di notte, ad occhi chiusi, nel sonno: "Non temere, Giuseppe, figlio di Davide".
Nel Vangelo i messaggeri di Dio aprono sempre i loro proclami con queste parole: "Non temere".
Mettiamo in chiaro subito le cose: chi ti parla lo fa in nome di Dio, non può farti del male, Giuseppe. E poi sei figlio di Davide, prima ancora che di tuo papà Giacobbe: sai cosa significa che ti si chiami così? Che quello che Maria porta in grembo non è un figlio qualsiasi: è il Figlio della Promessa, Colui che il popolo d'Israele attendeva da secoli come Salvatore - non per niente si chiamerà Gesù, "Dio salva" - e sarai tu a dargli un nome, un'identità, uno stato civile.
Sarai tu suo padre, agli occhi degli uomini: e anche agli occhi di Dio... perché Dio ha bisogno anche di te per essere il "Dio con noi", l'Emmanuele, come già diceva Isaia... Sarai tu a chiamarlo Gesù: è vero, la sua nascita è opera di Dio, viene dallo Spirito Santo, ma il protagonista del suo ingresso ufficiale nella storia sarai tu, Giuseppe.
Spòsati con Maria senza dubitare. Solo tu e lei avete ascoltato la voce di Dio, gli altri non sapranno nulla di voi: per la gente di Nazareth (e anche per quella di Betlemme, perché il Figlio della Promessa deve nascere lì, ma tranquillo che poi Dio ti spiegherà tutto bene...) voi sarete una famiglia come tante altre, passerete inosservati, nessuno si scandalizzerà o parlerà male di voi.
Uomo del silenzio, non dici una parola in tutto il Vangelo, perché è Dio che parla in te. Ma non ce ne sarà nemmeno bisogno: hai già detto tutto con il tuo stesso modo di fare, che non è altro che il modo di fare di Dio.
E che sorprese ti riserverà, la vita! Tua moglie e sua cugina madri dei due più grandi uomini della storia; tuo figlio appena nato adorato non solo da umili pastori, ma anche da mitici saggi venuti da lontano; voi tre salvi per miracolo dalla furia omicida di un re che fa strage di tutti i bambini; profeti che prendono in braccio tuo figlio e lo proclamano "Luce delle Genti" mentre lo presenti al tempio; quel tempio che dopo averlo smarrito per diversi giorni te lo restituirà sano e salvo insegnando le cose di Dio in mezzo ai sapienti e agli intelligenti...
Sembra tutto un sogno. Ma la vita, lo sappiamo, non è un sogno: o meglio, non è un sogno soltanto.
Sono cento, mille, tanti sogni messi insieme. Sono come il sogno di Giuseppe.
Come il Natale: il sogno di Dio sull'umanità.