Omelia (21-03-2010)
mons. Antonio Riboldi
Donna, neppure io ti condanno

Se ricordiamo, il Vangelo di domenica scorsa mostrava, da una parte la grande incoscienza del figlio che abbandona la casa e sceglie il mondo, riducendosi alla più nera delusione ed infelicità: la solitudine di un figlio che, dopo aver vissuto nella serenità di un profondo rapporto con il padre, alla fine, per sua maldestra scelta, si trova veramente 'nudo di tutto', abbandonato da tutti, senza un futuro. È un figlio che però alla fine trova la forza interiore di rivedere le sue scelte e riorientare la sua vita tornando dal Padre, riconoscendo la sua indegnità ad essere considerato figlio e disposto ad essere accolto anche solo come servo: 'Rientrò in se stesso e disse: tornerò da mio padre'.
Dall'altra c'è il padre, che, sulla porta di casa, lo attende ansiosamente da tempo, 'gli corre incontro commosso, gettandogli le braccia al collo' e invita 'a fare festà, perché il figlio che era morto è tornato in vità.
Questo per spiegare l'infinita misericordia di Dio verso di noi, nonostante la nostra indifferenza, superficialità o cattiveria.
Tutta la vita di Gesù, compresa la Passione e la Morte, è stata sempre una risposta alla misericordia del Padre, all'immenso amore che Lui ha per noi.
È davvero grande il Cuore di Dio. Nulla a che fare con il nostro cuore, che ha sete di amore, di perdono, di comprensione, ma poi si rivela di una meschinità incredibile di fronte alle debolezze altrui. Quando qualcuno, per debolezza, sbaglia, non abbiamo nessuna pietà nella condanna_ Ricordo, ai tempi del terrorismo, avevo avuto la fortuna di visitare nelle carceri quelli che venivano definiti 'dissociati', ossia 'confessavano' le proprie colpe, si dissociavano dal terrorismo, senza coinvolgere gli altri compagni.
C'erano poi i cosiddetti 'pentiti', che raccontavano ai giudici i delitti, propri e di altri, commessi, aprendo la strada a controlli ed indagini serrate su tutte le cellule. Infine vi erano gli 'irriducilì, che restavano fissi nelle loro idee, considerandosi 'a posto', rispetto ad una società che ritenevano di dover cambiare con la violenza.
Mi faceva da apripista negli incontri Sr. Tersilla, stupenda suora, vero angelo delle carceri, benvoluta da tutti i condannati, che poi morì in un incidente, e il fratello dell'onde Baschelet, Padre Baschelet. Così come ho avuto la grazia di incontrare uomini 'illustri' della criminalità organizzata ed in alcuni (pochi) ho potuto notare la volontà di riconoscere il male commesso, affidandosi alla misericordia di Dio.
Ogni volta che incontravo quei fratelli e sorelle, che avevano fatto scelte errate ed erano cancellati dalla compassione di tutti, mi si affacciava spontanea alla mente e al cuore la differenza tra la misericordia di Dio, che chiede il riconoscimento delle colpe, ma offre la grazia del perdono, anche se rimane sempre il dovere della riparazione, e la nostra tendenza ad una condanna senza appello. Tutti dalla giustizia umana chiedevano solo uno spiraglio per poter tornare nella società e vivere, anche se per poco, la bellezza di essere uomini dal cuore rinnovato.
Questo mio pellegrinaggio nelle carceri, che aveva il solo scopo di indicare la via del 'figlio prodigo', ossia 'rientrare in se stessi e tornare alla Casa del Padre, non come servo, ma come figlio', non era ben accolto da gran parte dell'opinione pubblica.
'La rispettiamo, Padre, - mi fu detto dopo un incontro pubblico sull'argomento del perdono e della riabilitazione - per tutto quello che ha fatto e fa', ma in questo non approviamo. Chi sbaglia deve pagare!'. E ricordo come, proprio nell'anno in cui la Chiesa celebrava il Convegno sulla Riconciliazione, in un incontro,. presenti alcuni vescovi, uno di loro, Mons. Magrassi, mi fece coraggio dicendomi: 'Lei, caro fratello, è come chi vuole aprire almeno una fessura nella coscienza umana del 'chi sbaglia paghi', invitando alla riconciliazione. Può darsi che si rompa la punta di diamante che usa, e dovrà pagare lei. Ma vale la pena di tentare, se se la sente'.
Scelsi di continuare e lentamente si fece strada un'apertura di volontari tra carcere e mondo.
Capita a tutti nella vita di sbagliare. E nella nostra fragilità. Ma non dobbiamo dimenticare che quando lo sbaglio è di dominio pubblico e chiede l'intervento della giustizia, ossia si è indagati, lo spettacolo dell'arresto sotto lo sguardo impietoso delle telecamere, distrugge totalmente l'uomo... tanto più se poi risulterà innocente!!!
Ben triste la giustizia degli uomini, spettacolare, che a volte rischia di diventare una giustizia ingiusta, che riesce a distruggere anche chi è innocente!
Ben diversa la misericordia giusta di Dio, che riporta a vita chi per debolezza sbaglia, ma poi riconosce il proprio errore.
La Parola di Dio, oggi, indica la via della Misericordia di Dio, la sola che sa rimetterci in piedi quando cadiamo... anzi lo fa in modo che dall'errore si esca migliori.
Il Vangelo di oggi non è una parabola, come quella del figlio prodigo, ma un fatto accaduto. "In quel tempo - racconta l'apostolo Giovanni - Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi.
Ma all'alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava.
Allora gli scribi e i farisei, gli conducono una donna, sorpresa in flagrante adulterio, e postala nel mezzo, gli dicono: 'Maestro, questa donna è stata colta in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?:
Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo.
Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. E siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: 'Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra contro di lei'. E chinatosi di nuovo, scriveva per terra.
Ma quelli, udito ciò, se ne andarono, uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi. Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Allora Gesù le disse: 'Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?: Ed essa rispose: 'Nessuno, Signore. Gesù le disse: Neanch'io ti condanno: va' e d'ora in avanti non peccare più:" (Gv. 8, 1-11)
Da un lato, come protagonista, vi è la donna 'colta in flagrante adulterio'.
Il solo immaginare la situazione fa venire i brividi: deve essersi 'sentita morire dentrò al pensiero della stima perduta da parte di chi la conosceva 'e le voleva bene.
Dall'altra vi è la schiera degli scribi e dei farisei, che portano la donna a Gesù, con l'intento di farlo cadere in contraddizione.
Al centro della scena Gesù e la sua meravigliosa risposta, che è davvero il Cielo che si apre, dopo che noi lo abbiamo chiuso con i nostri plateali errori: Neanch'io ti condanno: va' e d'ora in avanti non peccare più'.
L'atteggiamento di Gesù, verso chi sbaglia, è davvero nettamente diverso da quello di noi uomini. Gesù fa conoscere la bellezza della resurrezione, ossia del ritorno alla vita, attraverso la grande Misericordia del Padre.
Il nostro invece è l'atteggiamento di chi 'seppellisce' nella disistima e quindi emargina chi sbaglia, come fosse morto.
La rinascita è quello che avviene nel sacramento della Penitenza, a cui ci accostiamo, Dio voglia non solo a Pasqua, ma sempre, quando, come l'adultera, siamo vittime della debolezza. E ricordiamocelo sempre: quando uno sbaglia, cade, non implora dita puntate e disistima, ma mani che lo aiutino a rialzarsi, come nel sacramento della Riconciliazione, che ha bisogno di essere più considerato e frequentato.
Davanti a noi, che ci sentiamo forse avviliti dai nostri peccati, non c'è mai un giudice impietoso, come vorrebbero gli scribi e i farisei del nostro tempo, sempre pronti a condannare e mai a risuscitare.
C'è sempre Gesù, nelle 'vesti' del sacerdote, che ascolta, compatisce, cerca di incoraggiare e rimettere sulla buona strada.
Gesù che, con il sostegno della Sua Grazia, sempre rinnovata, ci fa tornare a vivere... come è stato per la donna adultera.
Così canta il profeta Isaia:
"Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche!
Ecco, Io faccio una cosa nuova; proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?
Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa.
Mi glorificheranno le bestie selvatiche, sciacalli e struzzi,
perché avrò fornito acqua nel deserto, fiumi nella steppa,
per dissetare il mio popolo, il mio eletto.
Il popolo che Io ho plasmato per me, celebrerà le mie parole". (Is. 43, 16-21)
Non resta che augurare a tutti di 'tuffarsi' con le nostre miserie tra le braccia del Padre, manifestatosi nella grande compassione che Gesù ebbe, prendendo le distanze dai nostri atteggiamenti di condanna sbagliati.
Il nostro Dio non si lascia 'condizionare' da chi punta il dito, ma ascolta e scrive per terra, attendendo, per poi meravigliosamente dire: Va' in pace e non peccare più!'.
Conosciamo la storia di Suor Faustina, l'apostola della Misericordia di Dio, che Giovanni Paolo II innalzò agli onori degli altari. Con lei preghiamo:
"O Dio benigno,
ricorro alla tua Misericordia, a Te che sei il solo buono.
Benché la mia miseria sia grande e le mie colpe numerose,
confido nella tua Misericordia, perché sei il Dio della Misericordia e da secoli non si è mai udito né in cielo, né in terra,
che un'anima, fiduciosa nella tua Misericordia, sia rimasta delusa. O Dio di pietà,
tu solo puoi perdonarmi e non mi respingerai mai,
quando ricorrerò pentita al tuo Cuore Misericordioso,
dal quale nessuno mai ha ricevuto un rifiuto,
fosse anche il più grande peccatore"