Omelia (28-02-2010)
Monaci Benedettini Silvestrini
Trasfigurato sul monte

Crea negli apostoli comprensibile sbigottimento, paura, e la più amara delusione dover sentire reiteratamente da Gesù che egli dovrà essere preso dagli uomini, essere giudicato iniquamente, essere condannato a morte con il supplizio della croce. L'idea che si erano fatta del loro maestro era esattamente l'opposto: immaginavano e vagheggiàvano, con Giuda in prima fila, la instaurazione di un regno, la liberazione dal nemico, la riconquista di un prestigio, già vissuto in passato per una evidente predilezione divina. Mentre Gesù infatti parlava di morte, un giorno sorprese i suoi, che lo seguivano, a discutere chi di loro dovesse essere il primo nel regno futuro. Ci fu anche un intervento maldestro di una mamma che raccomandava a Gesù i suoi figli, Giacomo e Giovanni, perché sedessero una destra e uno a sinistra nel suo regno. Appare evidente che già in loro, ma capita ancora a molti di noi, la morte di croce costituisca motivo di scandalo: già San Paolo parlava dello «scandalo della croce». Come comprendere ed accettare che il Messia, l'inviato di Dio, il liberatore, debba subire l'ignominia della croce e una morte tanto violenta? Ecco perché oggi, mentre viviamo l'esperienza quaresimale, insieme ai tre fortunati testimoni, Pietro, Giacomo e Giovanni, prima che Gesù intraprenda la salita del monte Calvario, carico del legno della croce, ci trasferisce su un altro monte, sul Tàbor, per offrirci un segno della sua gloria e preannunciarci l'evento finale, dopo la sua morte, la sua gloriosa risurrezione. Sappiamo che quella celestiale visione non sarà sufficiente a smorzare del tutto la paura nei giorni della passione; soltanto quando tutti gli eventi avranno avuto il loro compimento, Gesù sarà veramente risorto e lo Spirito Santo avrà inondato della sua luce i dodici, radunati con Maria nel Cenacolo, ricorderanno e capiranno tutta la portata di quella visione. Solo allora Pietro potrà annunciare con profonda convinzione: «poi, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova». Soltanto quando i dubbiosi e gli spauriti apostoli saranno trasformati dallo Spirito in testimoni impavidi e diranno concordi «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone», affronteranno la missione di annunciare quell'evento al mondo intero. È in questa prospettiva di fede che molti fedeli hanno maturato una intensa e profonda devozione al Volto di Cristo. Hanno imparato a contemplarne i segni evidenti di una intensissima passione di amore, senza mai smettere la certezza della trasfigurazione gloriosa. Molti ne traggono motivo, con vera intelligenza spirituale, per saper leggere in quel Volto, la passione dell'uomo, dell'intera umanità, il volto di ogni uomo è lì raffigurato nella sofferenza e nella speranza, nel dolore più intenso e nell'anticipazione della gloria futura.