Omelia (31-01-2010)
padre Paul Devreux


Nella prima lettura di oggi e nel vangelo domina il tema del rifiuto. Ad esso si contrappone la seconda lettura che è il bellissimo inno alla carità scritto da san Paolo per i Corinzi, abitanti di una grande città portuale greca. Rileggiamolo insieme.

Un problema di Paolo e di tutti quelli che hanno provato a scrivere qualche cosa su Gesù era spiegare che tipo di amore di Dio Gesù ha voluto rivelarci. Hanno provato a spiegarlo usando la parola carità, ma oggi questa parola viene fraintesa con il concetto di fare l'elemosina o un po' di bene, mentre il significato originale è quello di un dono di sè totale e gratuito; lo capiamo meglio quando Gesù dice: "Non c'è amore più grande che dare la vita per i propri amici". Perciò lo si può definire oggi come amore-dono, diverso dall'amore anch'esso autentico ma che pretende un riconoscimento, gratitudine, affetto e gratificazioni. Dio ci ama nella massima gratuità, tant'è vero che da noi non vuole niente. Per noi vuole tutto e per questo ci suggerisce delle strade da seguire, ma da noi non vuole nulla. Scoprirlo è bello e suscita in me la voglia di provare anch'io ad amare cosi. Se ci provo sul serio, mi accorgo che non sono capace di essere totalmente gratuito, ma questa presa di coscienza è un'ulteriore occasione non per avvilirsi, ma per capire sempre di più quanto grande è questa gratuità di Dio e che la presenza dell'amore-dono da qualche parte è il segno della presenza di Dio.

Se poi capisco che la Carità è Dio stesso, capisco ancora meglio perché è grande e non avrà mai fine. L'amore non invecchia mai e chi ama vive. Santa Teresina, che si domandava quale potesse essere il suo carisma o ruolo nella Chiesa, un giorno capì ed esclamò, piena di gioia: "Io, nella Chiesa, sarò l'amore", ed è stata elevata al rango di Dottore della Chiesa.