Omelia (13-12-2009)
don Maurizio Prandi
Sperare: gioire e condividere

Ancora la gioia, come domenica scorsa, ci viene incontro nella liturgia della Parola di oggi. La prima lettura ci parla di una doppia gioia, la gioia cui è chiamata Gerusalemme, che si scopre perdonata (Il Signore ha revocato la tua condanna) e quindi torna anche il tema della gioia legata alla misericordia, alla bontà; ma anche la gioia che viene dal riconoscere la presenza del Signore nella propria storia (il Signore è in mezzo a te). Quanto abbiamo ascoltato ci ha parlato anche della gioia di Dio, che si scopre innamorato di quella città (ti rinnoverà con il suo amore, danzerà per te). Ma questa prima lettura ci dice anche che possiamo gioire perché Dio ci pone al sicuro, ci dona parole di speranza: Non temere, il Signore è in mezzo a te. Ecco che torna la parola che Dio rivolge ai piccoli, ai semplici: non temere Maria, perché hai trovato grazia presso Dio... Non temere Giuseppe, di prendere con te Maria, tua sposa, perché quello che è generato in lei viene dallo Spirito Santo... non temere vermiciattolo di Giacobbe io ti aiuto dice il Signore...
Non temere... parola rivolta anche ad ognuno di noi a condizione che siamo abbastanza piccoli e poveri per porre la nostra sicurezza e la nostra fiducia in Dio. Qui a Cuba ci sono tante persone credo, che questa parola possono non solo ascoltarla, ma la fanno calare dentro di sé ed addirittura ci credono anche, perché è la parola più bella e promettente che possono sentire, perché sanno che soltanto Dio può dire non temere e dirlo sinceramente, senza prendere in giro nessuno.
E' davvero bella la prima lettura di oggi, mi ricorda l'annunciazione: Rallegrati, non temere, il Signore è con te. Allora, proprio riguardo a questo, mi piace condividere con voi quello che don Paolo ha detto al campo scuola della estate scorsa con i ragazzi delle superiori: Rispetto a tutte le paure che avete nominato sappiate che c'è un Dio che quando entra nella vostra vita dice: non avere paura. Non avere paura perché io sono con te. Non avere paura perché tu vali per quello che sei. Non avere paura perché tu sei importante per me. Non avere paura perché io ho fiducia in te. Non avere paura perché ce la puoi fare. Non avere paura perché io ti voglio bene. Non avere paura perché come te non c'è nessuno e mai ci sarà. Non avere paura. Per poter sognare abbiamo bisogno di parole che ci aiutino ad uscire dalle nostre paure e il primo che pronuncia queste parole nella nostra vita è Dio. Però dobbiamo imparare anche noi a pronunciare queste parole per noi e per gli altri. Abbiamo bisogno di sostenerci reciprocamente con parole che ci facciano uscire dalle nostre paure.

Ma il tema della gioia percorre anche la seconda lettura che, non dimentichiamolo, è stata scritta da S. Paolo durante la sua prigionia. E quello alla gioia non è semplicemente un invito, un consiglio: è un imperativo! È un ordine! La gioia non è soltanto un dono del Signore, ma anche uno stato da ricercare, da conseguire con sforzo e con impegno (E. Bianchi). Mi pare di scorgere qui almeno due aspetti della gioia: la gioia è una gioia nel Signore, ovvero che viene dal rapporto, dalla relazione con Lui. Non posso allora non interrogarmi sulle mie tristezze, sulle mie inquietudini e su quale relazione ci sia tra queste ad esempio, e la qualità della mia preghiera. Certe, rabbie, certi scatti, certe durezze, certi sfoghi, certe impazienze... c'è di più ci dice san Paolo: la gioia del cristiano ha un fine. Non il proprio benessere, ma quello dei fratelli. La gioia e la carità sono molto legate. E' la gioia del dare, la gioia del condividere, la gioia dello spendersi. Il testo in spagnolo è molto bello: que todo el mundo los conozca por su bondad. Che tutti possano riconoscere i cristiani per quanto sono capaci amare!
Torna il tema delle ultime due settimane, abbondare e sovrabbondare di amore. La gioia è il terreno in cui la carità fiorisce, ma non perché uno è contento e si sente più buono, più generoso; mi sembra uno sbocco quasi naturale: la carità è per poter condividere la gioia, trasmetterla. Dare una festa, per poter far gioire gli altri (rallegratevi con me) è il modo che il Pastore conosce per poter trasmettere la gioia quando trova la pecora che si era perduta.

Credo anche che il desiderio della gioia sia sotto la domanda che la folla, i pubblicani e i militari fanno a Giovanni Battista: Che cosa dobbiamo fare? Il messaggio di Giovanni evidentemente è entrato e si è depositato nelle persone suscitando il desiderio di una vita conforme all'annuncio ricevuto. La parola di Dio entra, ci fa prendere coscienza della nostra vita, del fatto che qualcosa è necessario cambiare... i livelli sono diversi sembra dirci il vangelo di oggi. Interpreto folla, pubblicani e militari come realtà che mi abitano, che vivo io per primo: la folla è chiamata a condividere, per non essere massa e per tornare ad essere una originalità capace di donarsi. A volte mi metto in quel solco, nel solco dei più, incapace di condividere, di ricominciare dal cibo e dal vestito. E nelle relazioni, sono uno che inganna come chi incassava le imposte e sempre provo a trarre un profitto catturando, avvolgendo, legando a me, o cerco di donare quello che sono e di ricevere l'altro così come è? Sono come i soldati che approfittano delle armi, della loro posizione di dominio oppure do spazio agli altri, alle loro idee e li ascolto senza impormi con la forza? Una parola quella del Battista che interpella la violenza che mi abita e che sempre rischia di uscire fuori quando mi trovo con i più deboli e fragili di me.

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