Omelia (13-12-2009)
LaParrocchia.it
Gioite nel Signore sempre!

L'Antifona d'ingresso di questa domenica recita in latino: "Gaudete in Domino semper". Da questa prima parola, "Gaudete", prende nome - per antica tradizione - questa terza domenica d'Avvento. Oggi celebriamo, perciò, la domenica Gaudete, la domenica della gioia!
Anticamente questa domenica doveva dare ai fedeli un po' di respiro dalle rinunce e penitenze, che venivano praticate in Avvento così come in Quaresima. Oggi, però, l'Avvento è stato riscoperto come tempo di attesa e non più come tempo penitenziale: non si tratta più perciò di dare sollievo ai fedeli gravati da chissà quali penitenze, ma di dare all'attesa il colore della gioia anziché quello della mestizia.

L'invito alla gioia ritorna incalzante nella Seconda Lettura, tratta dalla Lettera di San Paolo ai Filippesi. Paolo, prigioniero ed in catene, scrive agli abitanti di Filippi invitandoli ad avere gli stessi sentimenti di Gesù Cristo ed esortandoli, ripetutamente, a rallegrarsi ed a "gioire nel Signore"! È straordinario pensare come un uomo in catene, in catene per Cristo, possa invitare altri a rallegrarsi in questi termini!
Mentre rileggevo queste pagine, mi risuonavano nel cuore le parole della nota "predica della perfetta letizia" di San Francesco d'Assisi. Perfetta letizia, perfetta felicità, gioia vera si ha quando nonostante le prove più terribili non cediamo alla disperazione e alla depressione più profonda, ma restiamo ancorati a Cristo, perché nessuno mai potrà separarci da Lui e dal Suo Amore!
Cristo è la fonte della vera gioia, che nessuno potrà mai toglierci! Infatti, se ritorniamo al testo della Lettera ai Filippesi, al testo originale, il testo greco, vediamo che la parola (rallegratevi) ha la stessa radice di (grazia). La gioia, dunque, è strettamente legata alla grazia e la grazia è l'effetto della vicinanza del Signore.

La vicinanza del Signore, dunque, è il vero motivo della nostra gioia! Se già il popolo di Israele poteva vantare davanti a tutti gli altri popoli "la prossimità di Dio", ancor più noi, popolo della Nuova Alleanza, dobbiamo esultare di gioia indicibile perché proprio quel Dio, che allo sforzo della ricerca umana si rivela "fascinoso e tremendo", si è abbassato, per sua libera scelta, fino ad assumere la nostra natura, la carne di peccato, e ci ha resi partecipi della sua intimità, della vita trinitaria. Dio si è fatto uomo perché l'uomo diventi Dio!
Lo stesso motivo di gioia è racchiuso anche nel racconto dell'Annunciazione che abbiamo ascoltato pochi giorni fa', nella solennità dell'Immacolata Concezione di Maria. L'Angelo si rivolge a Maria con il saluto: "Gioisci, rallegrati, ricolmata di grazia, il Signore è con te"... il motivo dell'invito alla gioia, dunque, è la prossimità di Dio, e l'effetto di questa vicinanza è la sovrabbondanza della grazia.

La gioia è, perciò, essenziale all'annuncio cristiano, è l'anima stessa di questo annuncio. Il Vangelo non è forse "buona notizia", notizia di gioia? Domandiamoci perciò se viviamo il nostro essere cristiani, il nostro essere "il popolo del Dio vicino", con questa gioia, la gioia che traboccando dalla pienezza del nostro cuore straripa e coinvolge il mondo intero.
Essere "sale della terra" significa dare a questa terra, dare a questo mondo, la gioia vera, quella che proviene da Gesù nostro Signore. Lui solo può appagare i desideri più nascosti del nostro cuore. Lui solo può trasformare la tristezza dipinta sui volti degli uomini in vera gioia, gioia che nessuno potrà mai strappare.
La gioia vera, poi, è più eloquente di qualsiasi altra parola, dice molto, molto più di qualsiasi discorso, di qualsiasi predica. La gioia che dalla pienezza del nostro cuore straripa sui nostri volti e permea le nostre relazioni, rendendole fraterne, sarà la testimonianza più credibile del mistero dell'Incarnazione che celebreremo nei giorni del Natale.
"Afflictis lentae, celeres gaudentibus horae"... Chiediamo al Signore che i nostri giorni, le nostre ore, siano liete perché sovrabbondanti del Suo Amore Trinitario che ci è stato rivelato nel mistero del Verbo fatto carne. Amen. Maranathà!

Commento a cura di don Michele Munno