Omelia (30-11-2008)
Suor Giuseppina Pisano o.p.


«Quello che dico a voi, lo dico a tuttì: " Vegliate!"»; sono le parole del Signore Gesù, che concludono il breve passo del Vangelo
di oggi, e che indicano il senso profondo del tempo liturgico dell'Avvento, che si apre, appunto, con questa domenica.
Avvento: tempo di vigilanza nell'attesa del Salvatore che viene, che sempre, e ancora, viene e verrà, inviato dal Padre per la salvezza di ogni uomo; Avvento, che si è realizzato storicamente due millenni fa', nella " pienezza dei tempi", e che si compirà alla fine dei giorni, in quel momento misterioso, che solo il Padre conosce (Mt.24,36); Avvento che, incessantemente, si attua, in quanto, il Padre, sempre, invia il Figlio agli uomini, quando essi lo invocano per la loro salvezza.
L'Avvento è, dunque, un tempo di attesa, di vigilanza, di speranza e di implorazione, come quella accorata, che oggi la liturgia ci presenta nelle parole del profeta Isaia: "Tu, Signore, tu sei nostro padre, da sempre, ti chiami nostro redentore.
Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema?
Ritorna, per amore dei tuoi servi, per amore delle tribù, tua eredità. Se tu squarciassi i cieli e scendessi!
Davanti a te sussulterebbero i monti!......"
Le parole del Profeta, possono esser, ancora oggi le nostre parole, parole di chi scorge, in tante situazioni e in tanti eventi del nostro tempo e della nostra società, quel " vagare lontano" dalle vie di Dio, un vagare che, troppo spesso, conduce alla durezza del cuore, o è determinato da essa.
Ogni giorno ne abbiamo riscontro, nelle notizie che ci giungono dai mezzi di informazione: notizie di guerre, di violenze, di ingiustizie e sopraffazione degli ultimi, dei deboli, e dei poveri; notizie, che ancora ci parlano di povertà estreme, che privano uomini e donne della loro dignità, quando, non anche della stessa vita.
Ancora, dopo duemila anni dalla venuta di Cristo, il grido di tanti uomini sale fino a Dio:" Se tu squarciassi i cieli e scendessi! "
L'Avvento, dunque, mentre celebra l'attesa di un nuovo Natale, deve educarci, ancora una volta, all'implorazione, perché la presenza di Cristo Redentore risplenda di nuova luce nel mondo, riaccenda la speranza in chi l'ha perduta e riconduca sulle vie di Dio, quanti se ne sono allontanati.
Ed ecco, che questo tempo liturgico diventa anche tempo di annuncio e di testimonianza; è l'invito che possiamo cogliere nel passo del Vangelo di oggi, in quella brevissima parabola, nella quale Gesù si paragona ad "uno che è partito per un viaggio, dopo aver lasciato la propria casa, e dato il potere sui suoi beni ai servi, assegnando a ciascuno un compito.." dopo aver " ordinato al portiere di vegliare.."
Ed è bella e consolante l'immagine di uno che, con sollecitudine, attende che il padrone di casa torni, rientri accolto dai suoi.
Sappiamo dal Vangelo che il Cristo ritornerà glorioso e sarà il giudice della Storia; lo abbiamo letto anche la scorsa domenica, celebrando la solennità di Cristo Re (Mt.25,31-46); ma nell'attesa di questo evento ultimo, dobbiamo vivere, con serietà e impegno, quello che S. Bernardo chiama " l'Avvento intermedio", un avvento misterioso, nel quale il Cristo non è fisicamente visibile, ma, è percepibile da chi ha fede, da chi è attento alla Presenza del suo Spirito, che, con la potenza dell'amore, opera nella storia, guidando gli uomini sulla via della verità e della salvezza.
Nella potenza dello Spirito, Cristo è ancora tra noi; tra noi, che abbiamo accolto la parola di verità, e la testimoniamo con la vita; è tra noi, che formiamo il suo mistico corpo nella Chiesa, e, in essa, ci facciamo annunciatori e apostoli del Vangelo che salva.
In questo senso, siamo noi, uomini e donne del Duemila, i servi cui il Padrone, allontanatosi per un lungo viaggio, ha affidato i beni della sua casa, ha affidato le sue ricchezze, quei talenti di cui il Vangelo ci parla (Ib.), doni da mettere a frutto per l'utilità di tutti.
A ciascuno di noi, poi, il Figlio di Dio ha affidato un compito ben preciso, anch'esso nell'interesse del prossimo: di chi ha maggior bisogno; ma il compito più importante ed urgente, quello comune a tutti, è l'adempimento del comandamento fondamentale, che così recita:" Amerai il Signore, Dio tuo, con tutto il cuore, con tutta l'anima, e con tutta la tua mente, e amerai il prossimo tuo come te stesso."(Mt.22,37-39); è il comandamento antico, che il Figlio di Dio ci ha lasciato, come testamento, alla vigilia della sua passione e morte, quando ha detto ai suoi:" Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi".(Gv.13,34)
La nostra vigilanza, la nostra attesa, sono vigilanza ed attesa d'amore, che, durante questo Avvento intermedio, devono tradursi in cocreti gesti di sollecitudine, e di solidarietà per gli altri.
Abbiamo visto, infatti, la scorsa domenica, che il giudizio, quando Cristo tornerà come giudice, sarà sull'amore, l'amore per lui, che si fa presente tra noi nella persona degli ultimi della terra: malati, carcerati, sofferenti, poveri, oppressi...
Si, Dio ha accolto e, sempre, accoglie il grido dell'uomo, che implora aiuto, e, nella persona del Figlio, è sceso tra noi, ha piantato la sua tenda tra noi, come scrive Giovanni (Gv.i,14), cammina, invisibilmente, ma realmente con noi, ed attende che, ora, noi camminiamo verso di Lui e con Lui, sui suoi passi, passi, che percorrono vie di salvezza e di pace; passi, sui quali dobbiamo condurre e ricondurre altri uomini e donne lontani, che vagano per vie che non conducono alla pienezza di vita.
Siamo dunque noi, cristiani di questo tempo, che tanto ha bisogno di pace e di luce, coloro che devono render presente e, quasi visibile, il Figlio di Dio, il Redentore, indicandolo agli uomini che non riescono a coglierne la presenza, e a credere nella potenza salvifica della sua Parola e del suo Amore.
La nostra vigilanza, in questo tempo di Avvento, e in ogni tempo, è dunque una vigilanza attenta alla contemplazione del Mistero del Dio che si incarna nell'uomo Gesù di Nazareth, ed è, contemporaneamente, una vigilanza attenta ad ogni uomo che ha bisogno di luce e di amore, un amore che si fa visibile con gesti concreti.
Verrà, infatti, il giorno in cui il padrone tornerà nella sua casa, e sarà l'ultimo, definitivo, Avvento, e noi in quel giorno, come i servi fedeli, speriamo, fiduciosi di sentire quelle parole:" Venite benedetti......"


sr Maria Giuseppina Pisano o.p.
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