Omelia (03-08-2008)
don Marco Pratesi
Mangiate, bevete!

La profezia del Secondo Isaia volge oramai verso la sua conclusione, e il profeta, come un venditore ambulante, invita tutti quanti ad approfittare della sua offerta, incredibilmente vantaggiosa, e a doppio titolo: è roba buona, e gratuita. Chi accetta l'offerta beve e mangia gratis cose buone! Chi accoglie la parola profetica accoglie già da subito, fidandosi della promessa in essa proclamata, la speranza certa della liberazione dall'esilio. Questa accoglienza presuppone che da un lato si abbia fame e sete, e che dall'altro si smetta di spendere per ciò che non sazia e non disseta. Bisogna cioè evitare la rassegnazione, la perdita di ogni slancio verso il riscatto; e la coltivazione di soluzioni umane che lasciano comunque scontenti.
Per partecipare a questo banchetto occorre dunque saper "porgere orecchio", ascoltare, in quanto solo l'ascolto della Parola consente una reale uscita dalle prospettive umane, siano esse disperate o illusorie; e questo è sapienza (il brano ha toni sapienziali, cf. Proverbi 9,1-6).
Chi saprà ascoltare, potrà finalmente rispondere alla domanda angosciata di Israele in esilio: l'alleanza è oramai finita? Dio si sente ancora il Dio di Israele? La disfatta della dinastia davidica significa che Dio non ritiene più di dover restare fedele alle sue promesse? La risposta del profeta è chiara, e anche inedita: Dio stabilisce una nuova alleanza, nella quale gli atti di amore gratuito dei quali Davide è stato oggetto saranno per tutto il popolo, e i favori assicurati a uno estesi a tutti. L'esilio dunque, invece di essere una battuta d'arresto o addirittura la fine del progetto di Dio, rappresenta un suo ulteriore progresso.
Non per niente si tratta di una pericope letta nella notte di Pasqua: Dio fa del proprio apparente scacco e del trionfo del male il momento della propria gloria e dell'adempimento del suo piano salvifico, e la sofferenza del Giusto diviene nutrimento per chiunque crede: "I poveri mangeranno e saranno saziati" (Sal 21,26).
Chi è sapiente sappia riconoscere i cibi falsi: da un lato essi non saziano, non riempiono mai, lasciano nella frustrazione, anzi la aggravano; dall'altro sono cibi da pagare, e cari. Chi li offre, infatti - ossia gli idoli -, chiede sempre di più offrendo sempre meno: si dà fondo a tutte le risorse ritrovandosi alla fine soltanto impoveriti e sfruttati. Chi è sapiente sappia riconoscere che di fronte a Dio l'unico atteggiamento corretto è quello del povero che sa ricevere tutto gratis, sfuggendo alla multiforme e sempreverde illusione di un proprio "diritto" ai beni della salvezza.
Un cibo che è gratis, un cibo che sazia, "mangiate, bevete": viene spontaneo pensare all'Eucaristia, la doppia mensa della Parola e del Pane dove Dio rinnova la promessa di gratuita salvezza e dove sempre di nuovo ad essa noi aderiamo; banchetto che anticipa la pienezza definitiva promessa oltre ogni pianto, alla fine del tempo (cf. Is 25,6-10).

I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo.