Omelia (20-04-2008)
don Marco Pratesi
Comunione e missione

La lettura ci presenta un episodio nel quale per la prima volta nella comunità cristiana, oramai cresciuta, si crea una tensione, un malcontento, che riguarda non singoli, ma gruppi. Da un lato i cristiani provenienti dal giudaismo palestinese (qui detti "ebrei"), dall'altro quelli provenienti dalla diaspora, quindi di lingua e cultura ellenistica, ma abitanti in Gerusalemme ("ellenisti"). Due gruppi di mentalità diversa, che faticano a capirsi su un problema ben preciso: la gestione degli aiuti alle vedove della comunità.
Si noti che questo contrasto non viene affatto censurato da Luca. Non c'è una parola di condanna. L'emergere di conflitti fa parte dell'esperienza comunitaria: non appena si esce dall'isolamento per mettersi alle prese con altri, il conflitto può verificarsi, e di fatto spesso si verifica. Dove i conflitti non esistono non c'è comunità, oppure essi sono mascherati, repressi o gestiti in modo autoritario. Il problema non è far sparire i conflitti, ma gestirli in modo che - sfida davvero degna del popolo della Pentecoste - essi servano alla comunione e alla crescita. È quanto accade in questo caso: Luca nota alla fine che la comunità incrementa la sua forza di richiamo (v. 7).
È una comunità dove non ci si limita a lamentarsi, ma ci si rende disponibili al servizio. I sette prescelti sembrano - a giudicare dai nomi - esponenti proprio di quel gruppo dal quale era partita la lagnanza, che sarà poi determinante nel portare la Parola fuori dalla Giudea (con il martirio di Stefano, la conseguente diaspora e l'opera evangelizzatrice di un altro dei sette, Filippo).
Osserviamo l'importanza del ministero apostolico, servizio all'unità che si attua in primo luogo mediante uno stile comunitario. Gli Apostoli convocano e sollecitano la comunità, che dal suo interno, nel vivo della trama dei suoi rapporti interpersonali, esprime le persone adatte al nuovo ministero. In secondo luogo è servizio che si realizza grazie a una chiara consapevolezza del proprio compito e della propria chiamata: la preghiera e il servizio della Parola. Di questa consapevolezza fa parte anche la convinzione che la Chiesa ha facoltà di strutturarsi e organizzarsi come crede più confacente al mandato missionario ricevuto dal Signore.
Dall'episodio emerge un popolo che vive una comunione ordinata, nella quale ciascuno trova e svolge il proprio compito, senza perdere di vista l''unità; dove le differenze non sono negate o represse, ma vissute nell'ambito della comunione, diventando quindi motivo di ricchezza. L'impulso missionario verrà proprio dal gruppo degli ellenisti (cf. At 6-8), prima della comparsa della gigantesca figura di Paolo (cf. At 9).
A queste condizioni la Parola di Dio può essere efficacemente testimoniata e annunziata, generando nuovi figli alla fede. Per dispiegarsi nella storia, in una società che oscilla tra l'individualismo e la soluzione violenta dei conflitti, il movimento della Parola ha bisogno di una comunità ministeriale luogo di unità nelle diversità che, retta dal servizio pastorale degli Apostoli, vive la comunione per la missione.