Omelia (15-03-2008)
don Marco Pratesi
Testimone del Dio fedele

Questo testo del secondo Libro di Samuele è uno dei fondamentali nell'Antico Testamento. Di fronte al proposito di Davide che vuole fare una casa (un tempio) a Dio, il Signore afferma che sarà invece Dio a fare una casa (una discendenza) a Davide. La promessa si riferisce in primo luogo a Salomone - sarà lui a costruire il tempio - e poi a tutti i discendenti: "La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me, e il tuo trono sarà reso stabile per sempre" (v. 16). Questo oracolo fonda e riflette la fiducia incrollabile di Israele nella fedeltà di Dio: quanto il Signore costruisce non è soggetto a mutamento. Egli non procede per tentativi, ma opera nella storia con un progetto unico e indefettibile. Il suo piano "sussiste per sempre", di generazione in generazione. Non ci sono potenze in grado di bloccarlo, al contrario "rende vani i progetti dei popoli".
Come Abramo, Davide riceve la promessa di una discendenza che non verrà meno. Nel suo caso però si aggiunge l'elemento regale: la discendenza di Davide rappresenta la regalità in Israele, e pone l'elemento "Regno" al cuore della sua storia.
La promessa riguardante la discendenza davidica ha conosciuto un percorso storico assai tormentato, motivo di non poche crisi di fede. A un certo punto sembra addirittura svanire nel nulla: che ne è dell'infallibile piano divino, si chiede il Sal 89 (salmo responsoriale odierno)? Il fatto è che gradatamente "il Regno, oggetto della promessa fatta a Davide, sarà l'opera dello Spirito Santo e apparterrà ai poveri secondo lo Spirito" (CCC 709). La genealogia secondo Matteo disegna una traiettoria che, da Abramo passando attraverso Davide, trova il suo punto di arrivo in Gesù "detto il Cristo" (1,18).
Proprio a questo fondamentale snodo della storia della salvezza troviamo Giuseppe, testimone privilegiato dell'amore fedele di Dio, povero in spirito che attraverso la rinunzia ad una normale paternità dà casa al Figlio di Dio, giusto che in piena letizia canta con l'assemblea liturgica odierna: "Tu sei fedele, Signore, alle tue promesse" (salmo responsoriale).
Questa parola ci chiama a superare l'impressione di una storia che procede a caso e senza un progetto, sotto la spinta dei potentati di turno, per rinnovare la fiducia nella fedeltà di Dio; ci chiama a scrutare la storia per scoprire in essa le "orme invisibili" all'occhio umano (cf. Sal 77,20) di un Dio che passa e salva.
Questo discernimento presuppone una agilità spirituale, un istinto dello Spirito che ci consenta di non rimanere bloccati su determinate forme storiche assunte dalla promessa. Essa si realizza infallibilmente, ma non necessariamente nei modi che pensiamo e aspettiamo. Una simile sclerosi sarebbe preludio alla delusione.
Di tutto ciò è modello e testimone Giuseppe, che ha saputo mettere la sua vita a servizio del progetto di Dio e delle sue sorprese nella storia, perché la promessa divina del Regno potesse continuare il suo cammino fino al definitivo, sorprendente adempimento.

I commenti di don Marco sono pubblicati dal Centro Editoriale Dehoniano - EDB nel libro Stabile come il cielo.