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Atti degli Apostoli
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(Testo CEI2008)

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«Fratelli e padri, ascoltate ora la mia difesa davanti a voi». Quando sentirono che parlava loro in lingua ebraica, fecero ancora più silenzio. Ed egli continuò: «Io sono un Giudeo, nato a Tarso in Cilìcia, ma educato in questa città, formato alla scuola di Gamaliele nell'osservanza scrupolosa della Legge dei padri, pieno di zelo per Dio, come oggi siete tutti voi. Io perseguitai a morte questa Via, incatenando e mettendo in carcere uomini e donne, come può darmi testimonianza anche il sommo sacerdote e tutto il collegio degli anziani. Da loro avevo anche ricevuto lettere per i fratelli e mi recai a Damasco per condurre prigionieri a Gerusalemme anche quelli che stanno là, perché fossero puniti.
Mentre ero in viaggio e mi stavo avvicinando a Damasco, verso mezzogiorno, all'improvviso una grande luce dal cielo sfolgorò attorno a me; caddi a terra e sentii una voce che mi diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?». Io risposi: «Chi sei, o Signore?». Mi disse: «Io sono Gesù il Nazareno, che tu perséguiti». Quelli che erano con me videro la luce, ma non udirono la voce di colui che mi parlava. Io dissi allora: «Che devo fare, Signore?». E il Signore mi disse: «Àlzati e prosegui verso Damasco; là ti verrà detto tutto quello che è stabilito che tu faccia». E poiché non ci vedevo più, a causa del fulgore di quella luce, guidato per mano dai miei compagni giunsi a Damasco.
Un certo Anania, devoto osservante della Legge e stimato da tutti i Giudei là residenti, venne da me, mi si accostò e disse: «Saulo, fratello, torna a vedere!». E in quell'istante lo vidi. Egli soggiunse: «Il Dio dei nostri padri ti ha predestinato a conoscere la sua volontà, a vedere il Giusto e ad ascoltare una parola dalla sua stessa bocca, perché gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini delle cose che hai visto e udito. E ora, perché aspetti? Àlzati, fatti battezzare e purificare dai tuoi peccati, invocando il suo nome».
Dopo il mio ritorno a Gerusalemme, mentre pregavo nel tempio, fui rapito in estasi e vidi lui che mi diceva: «Affréttati ed esci presto da Gerusalemme, perché non accetteranno la tua testimonianza su di me». E io dissi: «Signore, essi sanno che facevo imprigionare e percuotere nelle sinagoghe quelli che credevano in te; e quando si versava il sangue di Stefano, tuo testimone, anche io ero presente e approvavo, e custodivo i vestiti di quelli che lo uccidevano». Ma egli mi disse: «Va', perché io ti manderò lontano, alle nazioni»».
Paolo si dichiara cittadino romano

Fino a queste parole erano stati ad ascoltarlo, ma a questo punto alzarono la voce gridando: «Togli di mezzo costui; non deve più vivere!». E poiché continuavano a urlare, a gettare via i mantelli e a lanciare polvere in aria, il comandante lo fece portare nella fortezza, ordinando di interrogarlo a colpi di flagello, per sapere perché mai gli gridassero contro in quel modo.
Ma quando l'ebbero disteso per flagellarlo, Paolo disse al centurione che stava lì: «Avete il diritto di flagellare uno che è cittadino romano e non ancora giudicato?». Udito ciò, il centurione si recò dal comandante ad avvertirlo: «Che cosa stai per fare? Quell'uomo è un romano!». Allora il comandante si recò da Paolo e gli domandò: «Dimmi, tu sei romano?». Rispose: «Sì». Replicò il comandante: «Io, questa cittadinanza l'ho acquistata a caro prezzo». Paolo disse: «Io, invece, lo sono di nascita!». E subito si allontanarono da lui quelli che stavano per interrogarlo. Anche il comandante ebbe paura, rendendosi conto che era romano e che lui lo aveva messo in catene.

Paolo di fronte al tribunale ebraico

Il giorno seguente, volendo conoscere la realtà dei fatti, cioè il motivo per cui veniva accusato dai Giudei, gli fece togliere le catene e ordinò che si riunissero i capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio; fece condurre giù Paolo e lo fece comparire davanti a loro.

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